di Piero Montanari
Resto Umile World Show di Checco Zalone, ieri alla sua seconda puntata su Canale 5, non è riuscito a bissare gli ascolti della prima e chiude con un calo di 4 punti di share e circa 5 milioni di spettatori, uno in meno della volta scorsa. Certo, come risposta a Fiorello mi è parsa debole davvero, però già dal titolo dello spettacolo si evince un understatement che fa tenerezza, tutto sommato.
La prima puntata si era portata dietro un coro di critiche a causa delle volgarità delle quali viene accusato il comico barese, soprattutto per la sua imitazione di "zio Michè" Michele Misseri (a me quanto mi urta 'sto modo affettuoso di chiamare quest'uomo, accusato di efferatezze inenarrabili) trovata alquanto inopportuna, data la storia che si porta dietro.
Sospendo il giudizio sulle presunte o reali volgarità di Checco, che però, ricordo, sono il succo della sua comicità, partendo proprio dal nome d'arte che si è scelto: infatti in dialetto barese, equivale all'espressione "che cozzalone!", che significa "che volgarone!". Lui in realtà ha un nome molto più tranquillo, Luca Pasquale Medici, e pure una laurea in giurisprudenza che ci regalano sicuramente un personaggio molto lontano da quello che interpreta.
Checco non è una novità nel panorama dei comici italiani, tanti prima di lui hanno usato il dialetto, gli sfondoni grammaticali, i doppi sensi sul sesso. Tutto l'avanspettacolo, palestrona di serie B dei grandi come Totò, Fabrizi, Macario, Rascel e tanti altri, si basava proprio sui questi meccanismi della comicità. Ma Checco ha condito il tutto con sapienza e umiltà, vera o presunta, che gli derivano probabilmente dalla qualità della sua formazione culturale. Piace, è vero, perché dice parolacce, però le dice in maniera lieve e meno volgare di tanti, e si capisce che scherza col pubblico in un gioco di "lo so che voi sapete che io non sono così."
Ieri, forse in seguito alle accuse di volgarità che gli hanno mosso, ha invitato Al Jarreau, uno dei cantanti di Jazz (ma non solo) più straordinari del '900, ed insieme hanno interpretato un famoso brano composto dall'eccelso pianista Cick Corea, Spain, dall'Lp "Ligh as a Feather" del 1972. Checco mi ha davvero impressionato, suonando benissimo, improvvisando al piano con maestria e soprattutto non sfigurando accanto al suo grandissimo ospite.
Forse non ha, come si dice, chiuso la bocca alle critiche, forse al piano non vale un dito di Stefano Bollani, e sul palco neanche una gamba di Fiorello, ma ha mostrato di essere comunque un artista a tutto tondo.
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