RICORDO DI RINO GAETANO 1981-2007
Il 2 giugno di ventisei anni fa moriva, per un assurdo incidente d'auto, uno straordinario cantautore d.o.c., Rino Gaetano, mentre, nelle prime ore del mattino, tornava nella sua casa di Montesacro, un quartiere alla periferia nord di Roma. La strada la conosceva molto bene e la notte pure, ma non fu sufficiente per salvargli la vita, che si arrestò contro l'unico veicolo che transitava in quel momento, un camion. Una morte surreale, come surreali erano lui e le sue canzoni.
Rino viveva di notte ed odiava la luce del sole. È uno dei ricordi che mi lega a lui quando, due anni prima, nel 1979, affrontammo insieme la sua tournée estiva in giro per l'Italia. Di giorno, noi del gruppo non lo vedevamo mai; rimaneva rintanato nella sua stanza d'albergo per tutto il tempo, per poi affacciarsi alla vita come il sole scendeva all'orizzonte, con la sua faccia pallida e sorridente, resa ancor più simpatica dai suoi dentini sovrapposti. Era per queste ragioni che gli avevo subito appioppato l'appellativo, ovvio per altro, di "Dracula il vampiro".
Ho molti altri ricordi di Rino-Dracula, ma uno in particolare mi è più caro fra tanti, e lo voglio raccontare.
Agli inizi degli anni '70, un gruppo di giovani musicisti e cantautori si affacciava alla ribalta romana, e molti di loro (e di noi) facevano capo all'etichetta discografica di Vincenzo Micocci (It dischi italia, distribuita dalla RCA) e a quella attigua di Edoardo Vianello (Apollo records-RCA), con annesso "Studio 38", una sala di registrazione decentrata, rispetto a quelle più importanti della "grande mamma" RCA di Via Tiburtina Km. 13.5.
Fu proprio in quella piccola sala a 8 piste, il massimo della tecnologia per l'epoca, che videro la luce i primi dischi di Francesco De Gregori ("Alice"), di Amedeo Minghi, di Antonello Venditti ("L'Orso Bruno"), di Renato Zero ("No mamma, no"), ai quali ho avuto la fortuna di partecipare. Lo studio 38 rappresentò, per quel periodo e per quel gruppo di musicisti, un'importante officina dove sperimentare la nostra musica.
Un giorno arrivò da me Venditti con un ragazzo piuttosto giovane, dall'aria stralunata e dalla faccia pallida. Mi disse che era un bravo autore, che scriveva strane e bellissime canzoni senza capo né coda, e mi coinvolse ad entrare in produzione, con l'intento di realizzare per lui il suo primo disco. Nell'"affare" coinvolgemmo anche il fonico dello studio, che si chiamava Aurelio Rossitto.
Dopo qualche giorno vide la luce il lavoro, prodotto da Rossitto, Venditti e Montanari (con l'acronimo RosVeMon, mai più insieme nel futuro), che si avvalse anche della collaborazione straordinaria di uno zampognaro vero, frequentatore della vineria sotto casa di Antonello.
Non mi scorderò mai delle sedici ore passate in sala di registrazione, per cercare di far emettere una nota intonata (si fa per dire…) allo zampognaro. Ma per la sperimentazione si faceva questo ed altro!
Il disco si chiamava "I love you, Maryanna" ed era un piccolo inno demenziale alla marijuana, a cui il titolo, con un giochino di parole, faceva esplicito riferimento. L'artista, che era poi Rino Gaetano, volle farsi chiamare "Kammammuri's", con una tigre che troneggiava sulla copertina del disco.
Mi fa piacere che, a distanza di ventisei anni dalla sua morte, Rino, un caposcuola, non sia stato dimenticato. E mi associo a ciò che Gino Castaldo scrive su Repubblica dell'autore di "Gianna" e "Il cielo è sempre più blu": "Rino Gaetano era un'anomalia, un grillo dispettoso e surreale che diceva sempre la verità. Mentre trionfavano impegno politico e poesie cantate, inventò uno stile corrosivo e divertente: canzoni come vignette satiriche". Ciao Rino.
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