(Pubblicato su www.globalist.it il 29/10/2011)
di Piero Montanari
La Siae, Società Italiana Autori
Editori, ha oggi deciso, applicando una regola da sempre contenuta nella
legge italiana e nei trattati internazionali, di far pagare diritti
agli utilizzatori dei contenuti artistici nei trailer cinematografici,
che da tempo inondano copiosamente il web. I siti che li trasmettono,
quindi, dovranno sborsare alla Siae 1800 euro l'anno, per un massimo di
30 sequenze filmate in totale. La Siae, in seguito a ciò, ha chiesto ai
siti interessati, davvero numerosi, di regolarizzare la loro posizione
"Nell'interesse di tutta la filiera del Cinema nel rispetto dei diritti
degli autori anche su Internet".
Cosa dire? La notizia, come è ovvio immaginare, non solo ha destato scalpore ma ha sconvolto i responsabili di questi siti, alcuni dei quali hanno minacciano e riempito di insulti quello della Siae, considerata da molti come un esattore iniquo ed esigente.
Ma ecco qui cosa dice la norma: "Qualunque utilizzazione di un'opera cinematografica o assimilata su rete telematica deve essere autorizzata dal titolare del diritto, che in genere è il produttore o chi ha acquisito da lui i diritti in base ad un contratto. (...) Oltre ad avere l'autorizzazione del produttore cinematografico o audiovisivo, l'utilizzatore deve anche corrispondere l'equo compenso a favore degli autori di opere cinematografiche ed assimilate (regista, soggettista e sceneggiatore), da negoziare con la SIAE (artt. 46bis e 18bis della L.d.A. n. 633/1941 e successive modificazioni)"
E' tanto o è poco? E' giusto? Non sono e non voglio essere un difensore della Siae, con la quale ho spesso avuto problemi serissimi, ma esiste un pensiero diffuso (e sbagliato) che questa Società sia un mostro mangiatore di soldi altrui a favore degli autori sotto la sua tutela, e che gli autori stessi - categoria della quale faccio parte da più di quarant'anni - siano dei "ricchi" privilegiati nullafacenti percettori di soldi.
La storia poi che la Rete debba essere considerata luogo franco, per un diffuso concetto di anarchia in qualche modo consolidato, e che nulla sia dovuto agli autori dagli "scaricatori" di musica e di cinema, è una leggenda che non deve assolutamente essere più raccontata. Forse sto per dire per qualcuno qualcosa di impopolare, ma la pirateria perpetrata all'opera dell'ingegno ha davvero superato livelli scandalosi. Si parla, nel mondo, di decine di miliardi di dollari evasi, dovuti e non pagati agli autori.
Come autore e compositore, vedo ogni giorno fare strame di musica - scritta da me o da colleghi - al grido di "Non si paga!", mentre ognuno di noi dovrebbe avere la coscienza di pensare che il diritto d'autore non è un balzello, ma un diritto che si deve a chi fa dell' opera dell'ingegno un lavoro vero e proprio.
Cosa dire? La notizia, come è ovvio immaginare, non solo ha destato scalpore ma ha sconvolto i responsabili di questi siti, alcuni dei quali hanno minacciano e riempito di insulti quello della Siae, considerata da molti come un esattore iniquo ed esigente.
Ma ecco qui cosa dice la norma: "Qualunque utilizzazione di un'opera cinematografica o assimilata su rete telematica deve essere autorizzata dal titolare del diritto, che in genere è il produttore o chi ha acquisito da lui i diritti in base ad un contratto. (...) Oltre ad avere l'autorizzazione del produttore cinematografico o audiovisivo, l'utilizzatore deve anche corrispondere l'equo compenso a favore degli autori di opere cinematografiche ed assimilate (regista, soggettista e sceneggiatore), da negoziare con la SIAE (artt. 46bis e 18bis della L.d.A. n. 633/1941 e successive modificazioni)"
E' tanto o è poco? E' giusto? Non sono e non voglio essere un difensore della Siae, con la quale ho spesso avuto problemi serissimi, ma esiste un pensiero diffuso (e sbagliato) che questa Società sia un mostro mangiatore di soldi altrui a favore degli autori sotto la sua tutela, e che gli autori stessi - categoria della quale faccio parte da più di quarant'anni - siano dei "ricchi" privilegiati nullafacenti percettori di soldi.
La storia poi che la Rete debba essere considerata luogo franco, per un diffuso concetto di anarchia in qualche modo consolidato, e che nulla sia dovuto agli autori dagli "scaricatori" di musica e di cinema, è una leggenda che non deve assolutamente essere più raccontata. Forse sto per dire per qualcuno qualcosa di impopolare, ma la pirateria perpetrata all'opera dell'ingegno ha davvero superato livelli scandalosi. Si parla, nel mondo, di decine di miliardi di dollari evasi, dovuti e non pagati agli autori.
Come autore e compositore, vedo ogni giorno fare strame di musica - scritta da me o da colleghi - al grido di "Non si paga!", mentre ognuno di noi dovrebbe avere la coscienza di pensare che il diritto d'autore non è un balzello, ma un diritto che si deve a chi fa dell' opera dell'ingegno un lavoro vero e proprio.
Credo fermamente che il tasso di civiltà di un Paese si riconosca da tutta una serie di tutele. Una fondamentale è quella nei confronti della Cultura, che anima questo Paese e lo rappresenta.
Nessun commento:
Posta un commento