di Piero Montanari
Sembra che nelle canzoni del festival di Sanremo 2013 sia sceso un velo di malinconia e di infelicità, lo stesso che da un po' di tempo aleggia nell'aria di questo nostro martoriato paese, ormai poco canterino, insieme alla difficoltà di affrontare il presente, con tutti che si dimettono, papi compresi, e all'incertezza per il futuro che inquina evidentemente anche gli animi degli autori delle canzoni in gara.
Tutto questo sembra riflettersi con forza nello spirito di chi ha scritto le melodie, ma soprattutto i testi: infatti si parla di "terra offesa e venduta" dalla quale si vuole fuggire, magari anche "verso una terra sconosciuta" (addirittura meglio l'ignoto dell'incerto!) e mutati "in una molecola di vento" forse per scappare il più lontano possibile, e quindi "mentre il mondo cade a pezzi, io compongo nuovi spazi".
E al tema dell'amore, tanto caro al festival di Sanremo, sembra non andare meglio, inquinato com'è dalle difficoltà del quotidiano e l'impossibilità nella coppia, di programmare insieme un futuro, vivendo un presente che non aiuta di certo l'amore.
Ripenso con un po' di malinconia ai vecchi Sanremo di tanti anni fa, dai quali usciva fuori quella che veniva chiamata la "canzone Regina", il brano popolare, la vulgata musicale che tutti avrebbero cantato sotto la doccia, come si diceva ai tempi.
Ora, quella che molti accreditano alla vittoria di questo festival 2013 è il brano dei simpatici e bravi Elio e le Storie Tese, La canzone mononota, una sorta di paradosso musicale post-progressive, ricco di fasi arrangiamentali complesse e accelerazioni-decelerazioni, cambi di tempo durante l'esecuzione, in una specie di equilibrismo tecnico del quale non riesci a ricordare nulla, anche se ti diverte sicuramente per la sua follia.
La canzone mononota di Elio si accredita a diventare, che vinca o no, la canzone "meno nota" di tutte le 63 edizioni del festival, perché umanamente impossibile da cantare.
Istituirei un premio a latere della manifestazione per chi riuscisse a replicare 20 secondi della Canzone mononota, magari con l'ausilio della doccia, stile il tenore di Woody Allen in "To Rome with love".
Tutto questo sembra riflettersi con forza nello spirito di chi ha scritto le melodie, ma soprattutto i testi: infatti si parla di "terra offesa e venduta" dalla quale si vuole fuggire, magari anche "verso una terra sconosciuta" (addirittura meglio l'ignoto dell'incerto!) e mutati "in una molecola di vento" forse per scappare il più lontano possibile, e quindi "mentre il mondo cade a pezzi, io compongo nuovi spazi".
E al tema dell'amore, tanto caro al festival di Sanremo, sembra non andare meglio, inquinato com'è dalle difficoltà del quotidiano e l'impossibilità nella coppia, di programmare insieme un futuro, vivendo un presente che non aiuta di certo l'amore.
Ripenso con un po' di malinconia ai vecchi Sanremo di tanti anni fa, dai quali usciva fuori quella che veniva chiamata la "canzone Regina", il brano popolare, la vulgata musicale che tutti avrebbero cantato sotto la doccia, come si diceva ai tempi.
Ora, quella che molti accreditano alla vittoria di questo festival 2013 è il brano dei simpatici e bravi Elio e le Storie Tese, La canzone mononota, una sorta di paradosso musicale post-progressive, ricco di fasi arrangiamentali complesse e accelerazioni-decelerazioni, cambi di tempo durante l'esecuzione, in una specie di equilibrismo tecnico del quale non riesci a ricordare nulla, anche se ti diverte sicuramente per la sua follia.
La canzone mononota di Elio si accredita a diventare, che vinca o no, la canzone "meno nota" di tutte le 63 edizioni del festival, perché umanamente impossibile da cantare.
Istituirei un premio a latere della manifestazione per chi riuscisse a replicare 20 secondi della Canzone mononota, magari con l'ausilio della doccia, stile il tenore di Woody Allen in "To Rome with love".
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