di Piero Montanari
Socio Cina? Sayonara! Sembra una battuta di qualche anno fa (anche se sayonara è un saluto giapponese non cinese). Però la notizia è vera e la riportano tutte le agenzie: il cinquantanovenne Wang Jianlin, l'uomo più ricco della Cina, con un patrimonio di 8,6 miliardi di dollari, presidente della Dalian Wanda Group, la più grande impresa immobiliare cinese e grande appassionato di Arte (e di calcio) è l'investitore interessato all'acquisto di quote consistenti della A.S. Roma.
Pare che Jianlin sia interessato a rilevare le quote che ora sono in possesso dell'Unicredit, così da risolvere l'anomalia che la Roma si porta dietro da quando i Sensi la vendettero a James Pallotta e ai suoi soci americani, ma con l'Unicredit a detenere il pacchetto di maggioranza per via del debito davvero consistente che i Sensi contrassero per mandare avanti la Magica negli anni.
Ora, se l'affare si dovesse concludere, mi fa sorridere un po' l'idea che soci americani e cinesi, in un futuro immaginabile, possano mettersi seduti insieme attorno ad un tavolo e decidere le sorti di questa squadra. Due culture così diverse politicamente e culturalmente, unite - non dall'amore per la Roma, che sarebbe pure cosa buona e giusta - ma dalla forma selvaggia di capitalismo che li fa essere assolutamente identici: uno con il libretto rosso di Mao dimenticato impolverato in un cassetto della sua villa miliardaria, magari sotto al Picasso "Claude e Paloma" (i figli del grande Artista spagnolo) che pochi giorni fa si è regalato per la modica cifra di 28 milioni di dollari, e gli altri, gli americani, che tra catene di pizzerie, negozi di mozzarella e squadre di basket non fanno distinzione, e da bravi Decio Cavallo (vi ricordate l'americano in Totò truffa che compra la fontana di Trevi a Totò e Nino Taranto?) si "accattano everithing", al grido di "facimme o' bisiness" a tutti i costi, un business che non conosce confini, e soprattutto amori sconfinati, come solo un tifoso vero può avere per la sua squadra.
Se l'acquisto della Roma da parte del magnate cinese dovesse andare in porto, speriamo almeno che in questa accozzaglia economico-etnico-culturale si possa andare d'accordo, altrimenti potrebbe scoppiare qualche incidente diplomatico o, magari, pure una terza guerra mondiale.
Pare che Jianlin sia interessato a rilevare le quote che ora sono in possesso dell'Unicredit, così da risolvere l'anomalia che la Roma si porta dietro da quando i Sensi la vendettero a James Pallotta e ai suoi soci americani, ma con l'Unicredit a detenere il pacchetto di maggioranza per via del debito davvero consistente che i Sensi contrassero per mandare avanti la Magica negli anni.
Ora, se l'affare si dovesse concludere, mi fa sorridere un po' l'idea che soci americani e cinesi, in un futuro immaginabile, possano mettersi seduti insieme attorno ad un tavolo e decidere le sorti di questa squadra. Due culture così diverse politicamente e culturalmente, unite - non dall'amore per la Roma, che sarebbe pure cosa buona e giusta - ma dalla forma selvaggia di capitalismo che li fa essere assolutamente identici: uno con il libretto rosso di Mao dimenticato impolverato in un cassetto della sua villa miliardaria, magari sotto al Picasso "Claude e Paloma" (i figli del grande Artista spagnolo) che pochi giorni fa si è regalato per la modica cifra di 28 milioni di dollari, e gli altri, gli americani, che tra catene di pizzerie, negozi di mozzarella e squadre di basket non fanno distinzione, e da bravi Decio Cavallo (vi ricordate l'americano in Totò truffa che compra la fontana di Trevi a Totò e Nino Taranto?) si "accattano everithing", al grido di "facimme o' bisiness" a tutti i costi, un business che non conosce confini, e soprattutto amori sconfinati, come solo un tifoso vero può avere per la sua squadra.
Se l'acquisto della Roma da parte del magnate cinese dovesse andare in porto, speriamo almeno che in questa accozzaglia economico-etnico-culturale si possa andare d'accordo, altrimenti potrebbe scoppiare qualche incidente diplomatico o, magari, pure una terza guerra mondiale.
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