Sta facendo parlare molto il coming out (chissà perché fa più “fico” dirlo in inglese…) di Tiziano Ferro che, nel suo libro–verità di prossima uscita, ammette la propria omosessualità, non senza manifestare sentimenti di profondo dolore. Racconta di una vita di privazioni, sofferenze, sotterfugi, tanto da aver deciso, in un momento di maggiore sconforto, di smettere di cantare. Pensava anche che la sua diversità non gli - desse diritto di stare al mondo -. Poi è arrivato un confronto apertis verbis con suo padre che lo aiuta a disvelarsi, dicendogli di - rispettarsi perché lui è un essere speciale –.
E bravo papà Ferro, non sei come quei padri che si inorgogliscono per il numero di ‘prede’ femminili che i figli maschi portano a casa, o che magari costringono le figlie, spesso con la violenza, a fare vita da suora o a sposare chi dicono loro.
Non sto parlando di due secoli fa: è storia recente, a Pordenone, l’uccisione efferata da parte di un musulmano di sua figlia 18enne, che aveva iniziato una relazione con un ragazzo di 13 anni più grande e pure cattolico. Storiacce dove c’entra sempre il sesso e il peccato e la cultura medievale (estesa).
Esiste ancora, in questo strano e retrodatato paese, il pensiero cattolico dominante, duro da smantellare, che ancora detta gli orientamenti sessuali, crea fobie e stigmatizza la diversità, e tutto questo non ostante i reiterati scandali dei preti pedofili. Ma perché non guardano in casa loro?
C’è poca o nulla tolleranza, quindi, e facilmente si può capire il dolore di Tiziano Ferro che, racconta, si è addirittura rivolto e ‘confessato’ alla grande penalista Giulia Bongiorno, come se solo un avvocato potesse togliergli il senso di colpa che la sua omosessualità gli aveva procurato.
Bene ha fatto a liberarsi del ‘fardello’ e c’è da augurarsi che altri lo facciano serenamente, e che le nostre personali scelte sessuali non debbano essere continuo motivo di scandalo o di pettegolezzo, come si usa fare troppo spesso.
Ma il pettegolezzo paga, lo sappiamo, ed anche tanto, ma poco viene ridicolizzato come in una scena di Borotalco, lo spassosissimo film di Verdone del 1982 con Eleonora Giorgi, dove Carlo, anima semplice, si spaccia per il suo idolo Manuel Fantoni, uomo di mondo, e per farsi grande racconta ad alcuni amici dell’omosessualità vera o presunta di attori famosi. La battuta forte è di uno di questi che gli chiede: “Ma davvero John Wayne era frocio?” E Verdone annuisce con gli occhi chiusi mentre la Giorgi dice che lei lo sapeva già, perché - si vedeva da come scendeva da cavallo, con quella gambetta così… -
Ad ogni buon conto, speriamo che questa uscita liberatoria di Tiziano Ferro non gli esaurisca la vena creativa, rischio che si corre in questi casi. C’è da augurarsi, lo dico a favore dei detrattori del cantante, che alla fine possa scrivere canzoni migliori.
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