Perdonatemi perché so già che adesso qualcuno si indignerà, ma penso fortemente che lo stadio di calcio ( non quello di atletica leggera…) sia una gabbia di matti, ove, per dinamiche di gruppo, frustrazioni, appartenenze politiche, societarie e vattelappesca, avvengono efferratezze che non sarebbero possibili da nessun' altra parte, e dove sono successi avvenimenti che ancora alimentano gli incubi delle mie notti insonni.
Heysel per primo, un orrore in diretta tv che lo sport si porterà dietro a vita, dove morirono schiacciate e calpestate 39 persone a causa dei matti del Liverpool. Lì la gabbia non resse e crollò una tribuna.
Poi il 28 ottobre del 1979, in occasione di un derby Roma-Lazio, prima della partita e dopo una serie di striscioni offensivi, croci sul campo e sequele di insulti tra le due curve, da quella romanista partì un razzo metallico da segnalazione, gittata 2 chilometri, un missile terra-aria praticamente, che colpì un povero tifoso laziale, Vincenzo Paparelli, che era lì per godersi lo spettacolo del calcio. Il razzo “Cruise” lo colpì in un occhio e, poco più che trentenne, perse la vita nella gabbia dei matti. E fu il secondo morto negli stadi.
Il primo si chiamava Gaetano Plaitano che nel 1962 si beccò un proiettile nella partita Salernitana-Potenza.
Da quel momento il conto dei morti del calcio si allunga tristemente. Sembra una guerra: Raciti, De Falchi, Currò, Ercolano, Sandri…nomi destinati a non rimanere isolati e ne dimentico tanti, troppi. La gabbia di matti.
E pensare che adoro il calcio. Me ne trasmise l’amore mio padre. Si chiamava Memmo Montanari ed era un personaggio che ha contribuito alla storia della A.S. Roma, bontà sua.
Non potevo esimermi, quindi, dal coinvolgere in questa passione mio figlio, oggi dodicenne, che ha fatto del calcio il suo sport. Spesso lo accompagno alle partitelle dei ragazzini e, sugli spalti dei piccoli stadi dei Castelli Romani, gabbiette di matti, spesso mi imbatto con genitori che danno sfogo alle loro aspirazioni sulla prole, abbaiando insulti inutili ad arbitri improvvisati o a giocatori-bambini solo per qualche fallo. Generalmente sono quelli che pensano di avere in casa Maradona o Pelè.
Certo è che i giocatori professionisti famosi, uomini esemplari per contratto, spesso non fanno gran mostra di serenità, sia in campo che fuori, alimentando la follia dei “tifosi”.
E’ storia di questi giorni l’inferno scatenato da Ivan il Terribile a Genova ma anche della rissa di Adrian Mutu, top-player della Fiorentina con alle spalle un anno di squalifica per cocaina, che in un ristorante romano, in una serata di festa, ha preso a pugni e mandato all’ospedale un cameriere.
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