“CHE PAURA, C’E’ PAPA’ IN SALA!”
Roma, 16 settembre, Auditorium dei Congressi, piccola orchestra d’archi, bel pubblico, ottimo prosecco offerto nella hall (e voi sapete quanto ci teniamo). Sale sul podio Andrea. Noi siamo in prima fila, a tre metri dietro di lui, che attacca a dirigere. La punta della bacchetta trema, vediamo le spalle contratte, i movimenti rigidi. Suda. Il primo pezzo, breve e spigoloso, passa, Il secondo è più lirico e dolente e Andrea sembra rilassarsi, ma la schiena è ancora piena di nodi. Il concerto va avanti così fino all’applauso finale. Andrea ringrazia, cerca con gli occhi papà in sala, lo trova, lo invita a salire, e papà Ennio sale, dirige una sua composizione già nel cuore del pubblico, più riconoscibile delle precedenti; scroscio di applausi, papà saluta e scende.
I due, si sarà capito, sono i Morricone. Padre e figlio. Essere figlio del musicista più famoso del mondo, e fare lo stesso mestiere! Non importa nemmeno sapere chi è il più bravo, anche se si può immaginare. E’ una situazione pesante e senza uscita. O meglio, un’uscita (e intendiamo questa parola in senso definitivo) a nostro parere esiste, ed è al centro di una teoria che vi esporremo più tardi.
Rischiosissima la combinazione di artisti nella stessa famiglia, separati da una generazione, e spesso da un abisso di qualità. Anche troppi sono gli esempi, quasi sempre sfavorevoli, indovinate per chi? Dal giovane De Andrè, al giovane Guidi (Dorelli) a Jannacci junior, agli innumerevoli figli drogati, alcolizzati, squilibrati di cui sono pieni gli stati di famiglia di ben più famosi genitori di Hollywood. Un esempio: la cucciolata degenere di Marlon Brando, il figlio in galera di Michael Douglas.
Abbiamo avuto fra le nostre amicizie più care quella cinquantennale con Bruno Lauzi, che ci ha lasciati da poco. Abbiamo visto nascere, studiare, stupirci suo figlio Maurizio, pieno di talento, buon autore, ottimo pianista, bravo cantante, e per di più bello e simpatico. Incoraggiato e sostenuto all’inizio, poi è rimasto intrappolato nell’ombra di suo padre che, anche se piccola, era molto scura. E quando papà è (per usare il termine di prima) uscito, non era più il momento giusto, e a Maurizio il sorpasso è sfuggito. Non potete immaginare quanto ci dispiace.
Ma lo sapete che nel cimitero protestante di Roma (un giardino incantato vicino alla piramide, che vi suggeriamo per un incontro romantico-decadente) c’è la tomba di August Goethe, figlio di quel famosissimo padre. Beh, sulla lapide non c’è neanche il suo nome. C’è scritto solo Goethe Filius. Cosa dev’essere stato avere per padre un simile macigno. Neanche da morto, libero!
Poi, certo, ci sono le dinastie famose, gli Strauss, i Marcello, ma sono troppo lontane da noi per sapere davvero quale prezzo hanno dovuto pagare i più giovani per rimanere in carreggiata.
Eccola la teoria che potrà sembrare spietata, ma a nostro parere è assolutamente realistica. A un certo punto della vita, per non ingobbirsi come un germoglio spuntato sotto una pietra bisogna rimanere orfani. Al momento giusto. E se il decesso del genitore ingombrante non avviene, bisogna procurarlo. Attenzione! Non vogliamo dire che il vecchio deve morire davvero (anche se non guasterebbe, perché, così, nessun senso di colpa nel cercare di cancellarlo). No, naturalmente. Basta che muoia simbolicamente, professionalmente, che si lasci superare, che si fermi all’area di servizio, al pit stop, mentre la nuova generazione passa avanti, cambia marcia e se ne va veloce il più lontano possibile
Per diventare adulti davvero, e perciò protagonisti della propria vita, personale e professionale, bisogna perdere tutti i sostegni, tutte le possibilità di essere consolati da mammà e raccomandati da papà, insomma, rinunciare alle protezioni contro il mondo cattivo (che naturalmente non è cattivo; è, e basta). Bisogna essere orfani.
P.S. Se qualcuno avesse deciso di offendersi, gli facciamo presente che anagraficamente noi apparteniamo al gruppo da sorpassare. Siamo la generazione dell’area di servizio e crediamo di non essere ancora rimbambiti. Quindi, nessun sospetto di faziosità sulla nostra teoria. Anzi.
PP.SS. Vostro onore, la difesa vorrebbe aggiungere qualcosa a favore del vecchio testardo, reo di non farsi da parte. Se gli piace continuare a gustarsi la gloria e persevera con sano egoismo a vivere, che lo faccia. Peggio per chi rimane in coda.
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