(di
Piero Montanari)
Fa male l'episodio
macabro dei tre manichini impiccati con le maglie (originali) dei
giocatori simbolo della Roma, De
Rossi, Salah e Nainggolan, che pendono sotto uno striscione lungo il
ponticello di via degli Annibaldi, lo sfondo del Colosseo illuminato
e una scritta: "Un consiglio senza offesa, dormite con la luce
accesa". Una minaccia e neanche tanto velata che arriva dopo che
la Roma è stata sconfitta 1-3 dalla Lazio nel derby della Capitale,
infangandone anche la meritata vittoria.
Fa
male perché è l'ennesima sconfitta non dello Sport, a quelle siamo
purtroppo abituati e ne abbiamo riprova ogni giorno. Gli “impiccati”
fanno solo seguito al solito corollario di ignominie che non hanno
risparmiato neanche il Grande Torino, l' imbattibile squadra che mori
nella tragedia aerea di Superga. Scritte comparse sulla strada che
porta alla Basilica nel giorno dell'anniversario dell'incidente
suggerivano: “Da Lisbona a Torino era meglio in motorino” (la
squadra tornava dopo una partita nella capitale portoghese), ma
anche: “4 maggio bovini al pascolo”.
Queste
oscenità non possono essere assimilabili ad una sconfitta dello
Sport, perché di sport non si parla più ormai. Piuttosto verrebbe
da scomodare la filosofa e scrittrice tedesca Hanna Arendt, che col
suo libro La banalità del male, un resoconto del processo di
Norimberga contro il criminale nazista Eichman, sollevò la questione
che il male non è radicale ma l'assenza di radici, di memoria,
l'incapacità di ritornare sui propri pensieri e sulle proprie azioni
attraverso un processo di dialogo con se stessi, dal quale far
scaturire il gesto “morale”, quello che ti fa desistere dal
compiere atti ignobili come questi, anche se sei in mezzo al gruppo
che ti incita a farlo.
Fa
male sapere poi che la curva nord della Lazio ha rivendicato l'azione
al Colosseo adducendo come scusa una semplice “goliardata” (della
quale non si pentono però) per “prendere in giro i romanisti”
anzi “i Riommanisti” e “er Cappetano” come li chiamano loro,
ed è quindi frutto proprio di quella banalità di cui parla la
Arendt che le loro scuse sembrano ancora più banali e insulse perché
prive di qualsiasi autocoscienza. Impiccare i calciatori e minacciare
i tifosi, bella goliardia!
Fa
male pensare che il calcio, amatissimo e divertentissimo gioco
nazionale, non possa essere affrancato dal male di questa generazione
di tifosi e di malavitosi i quali, ovviamente, non sono solo della
Lazio o della Juventus, ma appartengono al cancro di tutte le
tifoserie radicalizzate nelle curve. E' pur vero che i tempi sono ben
questi e non ci dobbiamo meravigliare. Ma indignarci si, sempre e
ogni giorno, quando si evocano leggi che ci vogliono tutti pistoleri
“l'un contro l'altro armati” o quando si fa del tutto per
ributtare a mare dei poveracci disumanizzati in cerca di scampo.
E'
davanti a tutto ciò che vedere a penzoloni dal ponticello di via
degli Annibaldi i giocatori romanisti diventa una cosa normale, una
cosa banale, una semplice goliardata.
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