di Piero Montanari
L'8 dicembre di trentatrè anni fa moriva John Winston Lennon, l'inventore dei Beatles, colpito da quattro colpi di pistola sparatigli dal venticinquenne Mark Chapman davanti al Dakota Building, la lussuosa residenza newyorkese di Lennon e di sua moglie Yoko Ono.
Erano le 22:51 e i due stavano rincasando da una giornata passata negli studi di registrazione per realizzare l'album, poi uscito postumo, "Double Fantasy". Chapman, un povero demente innamorato folle di Lennon (l'amore malato che uccide) era da tempo appostato davanti al residence non proprio per vedere il suo idolo, ma per ammazzarlo. Chissà quale strano cortocircuito nella sua testa maledetta gli intima di estrarre la pistola, chiamare John e dirgli: "Ehi, Mr. Lennon! Sta per entrare nella storia!"
Spara cinque colpi a ripetizione, Lennon si accascia al suolo in una pozza di sangue. Quattro colpi lo raggiungono al petto e all'addome e uno di questi gli perfora l'aorta. Lennon fa due passi, barcolla e prima di cadere in terra fa in tempo a dire: "Mi hanno sparato". Sua moglie gli è sopra e lo sostiene, arriva una pattuglia di polizia che lo porta a gran velocità al Roosvelt Hospital, dove viene dichiarato morto 11 minuti dopo l'esecuzione.
Chapman rimase seduto in strada a leggere per la centesima volta il suo libro preferito, "Il giovane Holden", la sua ossessione, l'ossessione di tanti giovani assassini seriali, in attesa della polizia. A chi gli chiedeva se aveva capito cosa avesse fatto, rispondeva tranquillamente: "Si, ho appena sparato a John Lennon".
Nonostante la riconosciuta infermità mentale e la sua accusa fosse stata derubricata ad omicidio di secondo grado, Mark Chapman fu condannato all'ergastolo con una pena supplementare di 20 anni (mi piacerebbe capire questa come fa a scontarla, forse, con il Karma, in una prossima vita). A tutt'oggi le sue richieste di libertà vigilata sono state sempre respinte e alloggia nelle carceri di Attica (N.Y.)
Ho voluto ricordare gli ultimi istanti del grande Beatle, straordinario musicista e pacifista, nei giorni che seguono la morte dell'ultimo grande fautore di pace del secolo scorso, Nelson Mandela, perché il resto della sua eccezionale esistenza ce lo racconta la sua musica in ogni suo brano, grazie alla qualità innovativa della sua scrittura, che è un compendio di melodie semplici ed immortali, impegno civile ed avanguardia culturale, soprattutto dopo l'incontro che John ebbe con sua moglie Yoko Ono, musa che di certo lo influenzò profondamente, indicandogli altre strade da percorrere, ma che lo portarono inevitabilmente a separarsi dai Beatles.
Erano le 22:51 e i due stavano rincasando da una giornata passata negli studi di registrazione per realizzare l'album, poi uscito postumo, "Double Fantasy". Chapman, un povero demente innamorato folle di Lennon (l'amore malato che uccide) era da tempo appostato davanti al residence non proprio per vedere il suo idolo, ma per ammazzarlo. Chissà quale strano cortocircuito nella sua testa maledetta gli intima di estrarre la pistola, chiamare John e dirgli: "Ehi, Mr. Lennon! Sta per entrare nella storia!"
Spara cinque colpi a ripetizione, Lennon si accascia al suolo in una pozza di sangue. Quattro colpi lo raggiungono al petto e all'addome e uno di questi gli perfora l'aorta. Lennon fa due passi, barcolla e prima di cadere in terra fa in tempo a dire: "Mi hanno sparato". Sua moglie gli è sopra e lo sostiene, arriva una pattuglia di polizia che lo porta a gran velocità al Roosvelt Hospital, dove viene dichiarato morto 11 minuti dopo l'esecuzione.
Chapman rimase seduto in strada a leggere per la centesima volta il suo libro preferito, "Il giovane Holden", la sua ossessione, l'ossessione di tanti giovani assassini seriali, in attesa della polizia. A chi gli chiedeva se aveva capito cosa avesse fatto, rispondeva tranquillamente: "Si, ho appena sparato a John Lennon".
Nonostante la riconosciuta infermità mentale e la sua accusa fosse stata derubricata ad omicidio di secondo grado, Mark Chapman fu condannato all'ergastolo con una pena supplementare di 20 anni (mi piacerebbe capire questa come fa a scontarla, forse, con il Karma, in una prossima vita). A tutt'oggi le sue richieste di libertà vigilata sono state sempre respinte e alloggia nelle carceri di Attica (N.Y.)
Ho voluto ricordare gli ultimi istanti del grande Beatle, straordinario musicista e pacifista, nei giorni che seguono la morte dell'ultimo grande fautore di pace del secolo scorso, Nelson Mandela, perché il resto della sua eccezionale esistenza ce lo racconta la sua musica in ogni suo brano, grazie alla qualità innovativa della sua scrittura, che è un compendio di melodie semplici ed immortali, impegno civile ed avanguardia culturale, soprattutto dopo l'incontro che John ebbe con sua moglie Yoko Ono, musa che di certo lo influenzò profondamente, indicandogli altre strade da percorrere, ma che lo portarono inevitabilmente a separarsi dai Beatles.
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