Musicista, bassista, compositore, autore di musiche per il cinema e la televisione, produttore discografico ed editore con VIVAVOCE MUSIC. Ha suonato con i più grandi artisti della scena pop e jazz: LITTLE TONY, ZERO, BAGLIONI, DE GREGORI, GAETANO, DANIELE, ARBORE, CONTE, MINGHI, CAPUTO, GRAZIANI, MUSSOLINI, T.SCOTT e moltissimi altri. Un po' di storia di ieri e di oggi tra arte, musica e spettacolo.
venerdì 27 dicembre 2013
martedì 24 dicembre 2013
Caro Babbo Natale, mi piacerebbe...
di Piero Montanari
Caro Babbo Natale,
mi chiamo Luca e ho sette anni. Il mio papà, Piero, mi ha detto di scriverti attraverso questo importante giornale così i miei desideri è più facile che ti arrivino, la lettera non si perde e poi risparmio anche il francobollo, che di questi tempi di povertà di paghette è pure meglio.
Papà mi ha detto di non chiederti regali perché c'è la crisi. Anzi, mi anche detto che devo regalare i miei giocattoli vecchi ad altri bambini che stanno peggio di me, e sono tanti tanti! Lo faccio volentieri, così ti scrivo solo un elenco di pensierini e qualche piccolo desiderio che per te è più facile da esaudire.
Mi piacerebbe giocare con un bambino che vedo sempre in televisione che strilla e urla come un ossesso a tutte le persone grandi (papà e mamma mi dicono che non si dovrebbe fare, è maleducazione, ma lui lo fa). Si chiama Renato Brunetta, non so che classe faccia, ma ci voglio giocare alla lotta così gli dò un sacco di botte che mi sta proprio antipatico.
Mi piacerebbe che quella signora che si chiama Daniela Santanchè e che assomiglia tanto a Crudelia Demon, quella cattiva del cartone animato "La carica dei 101" sparisse dai programmi televisivi, che ci sta sempre, perché a me la sua faccia fa davvero paura, e poi la notte non dormo perché penso a lei e qualche volta mi faccio anche la pipì sotto.
Mi piacerebbe che i maghi cattivi (non come Merlino, quello della "Spada nella roccia" che era buono) che promettono a bambini malatissimi (e pure ai grandi) di curarli con delle medicine fasulle non ci fossero più. Papà mi ha raccontato che ogni tanto ne arriva uno che crea nella gente, già colpita dal male, speranze che poi si rivelano false. Qualche anno fa (sempre papà mi racconta) ce ne fu uno che voleva curare i tumori con la cacca e la pipì delle capre (che a me fa proprio schifo). Si chiamava Liborio Bonifacio, fece un grande chiasso e tutti si volevano curare con quella schifezza, tanto che anche quella volta il ministro ordinò di fare un esperimento che però fallì. Ce ne fu pure un altro che ci provò a curare i malati di quel brutto male con un metodo nuovo che non funzionò per niente. Si chiamava Franco Di Bella, e lui almeno era un dottore vero e non metteva pipì e cacca di capre nella medicina come quel veterinario lì.
Mi piacerebbe (scusami Babbo Natale perché questo è un pensierino cattivo cattivo) che il cane Dudù, mordesse a sangue ogni giorno il suo padrone per tutte le rogne che mi ha creato in questi anni, facendo innervosire sempre papà che poi mi strillava, mi metteva in castigo e io piangevo.
Mi piacerebbe che qualcuno dicesse alla mia maestra di non farmi più scrivere la parola "pace nel mondo" sul quaderno, che mi sono davvero stufato. Per me è una parola vuota, che non vuole dire niente se non la riempiamo di significati e di gesti veri (però questo pensiero me lo ha detto papà, che era un po' difficile per me da capire).
Grazie, Babbo Natale, e Buon Natale
Caro Babbo Natale,
mi chiamo Luca e ho sette anni. Il mio papà, Piero, mi ha detto di scriverti attraverso questo importante giornale così i miei desideri è più facile che ti arrivino, la lettera non si perde e poi risparmio anche il francobollo, che di questi tempi di povertà di paghette è pure meglio.
Papà mi ha detto di non chiederti regali perché c'è la crisi. Anzi, mi anche detto che devo regalare i miei giocattoli vecchi ad altri bambini che stanno peggio di me, e sono tanti tanti! Lo faccio volentieri, così ti scrivo solo un elenco di pensierini e qualche piccolo desiderio che per te è più facile da esaudire.
Mi piacerebbe giocare con un bambino che vedo sempre in televisione che strilla e urla come un ossesso a tutte le persone grandi (papà e mamma mi dicono che non si dovrebbe fare, è maleducazione, ma lui lo fa). Si chiama Renato Brunetta, non so che classe faccia, ma ci voglio giocare alla lotta così gli dò un sacco di botte che mi sta proprio antipatico.
Mi piacerebbe che quella signora che si chiama Daniela Santanchè e che assomiglia tanto a Crudelia Demon, quella cattiva del cartone animato "La carica dei 101" sparisse dai programmi televisivi, che ci sta sempre, perché a me la sua faccia fa davvero paura, e poi la notte non dormo perché penso a lei e qualche volta mi faccio anche la pipì sotto.
Mi piacerebbe che i maghi cattivi (non come Merlino, quello della "Spada nella roccia" che era buono) che promettono a bambini malatissimi (e pure ai grandi) di curarli con delle medicine fasulle non ci fossero più. Papà mi ha raccontato che ogni tanto ne arriva uno che crea nella gente, già colpita dal male, speranze che poi si rivelano false. Qualche anno fa (sempre papà mi racconta) ce ne fu uno che voleva curare i tumori con la cacca e la pipì delle capre (che a me fa proprio schifo). Si chiamava Liborio Bonifacio, fece un grande chiasso e tutti si volevano curare con quella schifezza, tanto che anche quella volta il ministro ordinò di fare un esperimento che però fallì. Ce ne fu pure un altro che ci provò a curare i malati di quel brutto male con un metodo nuovo che non funzionò per niente. Si chiamava Franco Di Bella, e lui almeno era un dottore vero e non metteva pipì e cacca di capre nella medicina come quel veterinario lì.
Mi piacerebbe (scusami Babbo Natale perché questo è un pensierino cattivo cattivo) che il cane Dudù, mordesse a sangue ogni giorno il suo padrone per tutte le rogne che mi ha creato in questi anni, facendo innervosire sempre papà che poi mi strillava, mi metteva in castigo e io piangevo.
Mi piacerebbe che qualcuno dicesse alla mia maestra di non farmi più scrivere la parola "pace nel mondo" sul quaderno, che mi sono davvero stufato. Per me è una parola vuota, che non vuole dire niente se non la riempiamo di significati e di gesti veri (però questo pensiero me lo ha detto papà, che era un po' difficile per me da capire).
Grazie, Babbo Natale, e Buon Natale
mercoledì 18 dicembre 2013
Il Marcio su Roma
di Piero Montanari
Sarebbe cosa normale e giusta, per chi lo desiderasse, poter programmare una passeggiata al centro di Roma, anche se in questi giorni di questo sofferto Natale di crisi, la città sembra meno civettuola di sempre, più austera, con meno luci e meno fronzoli, come ad indicare lo status di un malessere psicologico generale che sembra aver colpito le persone. Roma lo mostra questo malessere, a Natale 2013, non è la solita città che conosciamo.
Ma la passeggiata per i regali di Natale è condizionata dal bollettino sullo stato d'assedio della città, un po' come in guerra, quando c'era il coprifuoco e tutti dovevano rimanere chiusi in casa. Si consiglia sempre, prima di uscire, di consultare il numero verde del Viminale, per chiedere: "Posso uscire oggi? In quale zona c'è pericolo?" In subordine tenere sempre pronto il telefono della questura di zona o dei carabinieri per le ultime novità.
Oggi arrivano i Forconi divisi in troconi: arriva quello dell'ala dura, quello di Danilo Calvani e i suoi infiltrati, coreografato mirabilmente dal gruppo di Casapound che le promette dure a tutti, come dichiara il suo leader appena arrestato e subito rilasciato, Simone Di Stefano. Però poi, non ci faremo mancare l'altro troncone del forcone siciliano, guidato dall'imberrettato Ferro Mariano che, per paura di mischiarsi con gli oltranzisti del movimento, arriverà a Roma domenica per andare dal Papa, dice.
"Quindi, oggi niente Piazza del Popolo via del Corso e zone limitrofe, è molto pericoloso" - mi dice il questurino al quale mi sono rivolto per sapere se posso mettere il naso fuori di casa - "Vada domenica a fare i regali di Natale - mi consiglia -. "No, domenica c'è l'altra marcia su Roma - gli dico - meglio di no".
E non è che ci sono solo "i cattivi" a marciare su Roma. Roma è assediata da tutti, ogni giorno: si manifesta continuamente, qualsiasi categoria di persone abbia un problema o vanti un'ingiustizia viene a manifestare qui, anche giustamente, dico io: i malati a cui non vengono date le cure, i lavoratori delle migliaia di aziende in crisi, i gay, le casalinghe, gli autisti dei bus, i tassisti, i pensionati, gli statali, i parastatali. Tutti. E tutti i giorni.
E spesso lasciano questa povera, bellissima e unica città in uno stato di degrado che fa piangere il cuore. Chiunque abiti a Roma o la ami semplicemente, non può fare a meno di formulare almeno una volta al giorno il desiderio che ministri, ministeri, ambasciate doppie, politica, Stato, controstato e parastato se ne andassero finalmente e per sempre a quel paese.
Ma la passeggiata per i regali di Natale è condizionata dal bollettino sullo stato d'assedio della città, un po' come in guerra, quando c'era il coprifuoco e tutti dovevano rimanere chiusi in casa. Si consiglia sempre, prima di uscire, di consultare il numero verde del Viminale, per chiedere: "Posso uscire oggi? In quale zona c'è pericolo?" In subordine tenere sempre pronto il telefono della questura di zona o dei carabinieri per le ultime novità.
Oggi arrivano i Forconi divisi in troconi: arriva quello dell'ala dura, quello di Danilo Calvani e i suoi infiltrati, coreografato mirabilmente dal gruppo di Casapound che le promette dure a tutti, come dichiara il suo leader appena arrestato e subito rilasciato, Simone Di Stefano. Però poi, non ci faremo mancare l'altro troncone del forcone siciliano, guidato dall'imberrettato Ferro Mariano che, per paura di mischiarsi con gli oltranzisti del movimento, arriverà a Roma domenica per andare dal Papa, dice.
"Quindi, oggi niente Piazza del Popolo via del Corso e zone limitrofe, è molto pericoloso" - mi dice il questurino al quale mi sono rivolto per sapere se posso mettere il naso fuori di casa - "Vada domenica a fare i regali di Natale - mi consiglia -. "No, domenica c'è l'altra marcia su Roma - gli dico - meglio di no".
E non è che ci sono solo "i cattivi" a marciare su Roma. Roma è assediata da tutti, ogni giorno: si manifesta continuamente, qualsiasi categoria di persone abbia un problema o vanti un'ingiustizia viene a manifestare qui, anche giustamente, dico io: i malati a cui non vengono date le cure, i lavoratori delle migliaia di aziende in crisi, i gay, le casalinghe, gli autisti dei bus, i tassisti, i pensionati, gli statali, i parastatali. Tutti. E tutti i giorni.
E spesso lasciano questa povera, bellissima e unica città in uno stato di degrado che fa piangere il cuore. Chiunque abiti a Roma o la ami semplicemente, non può fare a meno di formulare almeno una volta al giorno il desiderio che ministri, ministeri, ambasciate doppie, politica, Stato, controstato e parastato se ne andassero finalmente e per sempre a quel paese.
lunedì 9 dicembre 2013
Gli ultimi istanti di John Lennon, il pacifista
di Piero Montanari
L'8 dicembre di trentatrè anni fa moriva John Winston Lennon, l'inventore dei Beatles, colpito da quattro colpi di pistola sparatigli dal venticinquenne Mark Chapman davanti al Dakota Building, la lussuosa residenza newyorkese di Lennon e di sua moglie Yoko Ono.
Erano le 22:51 e i due stavano rincasando da una giornata passata negli studi di registrazione per realizzare l'album, poi uscito postumo, "Double Fantasy". Chapman, un povero demente innamorato folle di Lennon (l'amore malato che uccide) era da tempo appostato davanti al residence non proprio per vedere il suo idolo, ma per ammazzarlo. Chissà quale strano cortocircuito nella sua testa maledetta gli intima di estrarre la pistola, chiamare John e dirgli: "Ehi, Mr. Lennon! Sta per entrare nella storia!"
Spara cinque colpi a ripetizione, Lennon si accascia al suolo in una pozza di sangue. Quattro colpi lo raggiungono al petto e all'addome e uno di questi gli perfora l'aorta. Lennon fa due passi, barcolla e prima di cadere in terra fa in tempo a dire: "Mi hanno sparato". Sua moglie gli è sopra e lo sostiene, arriva una pattuglia di polizia che lo porta a gran velocità al Roosvelt Hospital, dove viene dichiarato morto 11 minuti dopo l'esecuzione.
Chapman rimase seduto in strada a leggere per la centesima volta il suo libro preferito, "Il giovane Holden", la sua ossessione, l'ossessione di tanti giovani assassini seriali, in attesa della polizia. A chi gli chiedeva se aveva capito cosa avesse fatto, rispondeva tranquillamente: "Si, ho appena sparato a John Lennon".
Nonostante la riconosciuta infermità mentale e la sua accusa fosse stata derubricata ad omicidio di secondo grado, Mark Chapman fu condannato all'ergastolo con una pena supplementare di 20 anni (mi piacerebbe capire questa come fa a scontarla, forse, con il Karma, in una prossima vita). A tutt'oggi le sue richieste di libertà vigilata sono state sempre respinte e alloggia nelle carceri di Attica (N.Y.)
Ho voluto ricordare gli ultimi istanti del grande Beatle, straordinario musicista e pacifista, nei giorni che seguono la morte dell'ultimo grande fautore di pace del secolo scorso, Nelson Mandela, perché il resto della sua eccezionale esistenza ce lo racconta la sua musica in ogni suo brano, grazie alla qualità innovativa della sua scrittura, che è un compendio di melodie semplici ed immortali, impegno civile ed avanguardia culturale, soprattutto dopo l'incontro che John ebbe con sua moglie Yoko Ono, musa che di certo lo influenzò profondamente, indicandogli altre strade da percorrere, ma che lo portarono inevitabilmente a separarsi dai Beatles.
Erano le 22:51 e i due stavano rincasando da una giornata passata negli studi di registrazione per realizzare l'album, poi uscito postumo, "Double Fantasy". Chapman, un povero demente innamorato folle di Lennon (l'amore malato che uccide) era da tempo appostato davanti al residence non proprio per vedere il suo idolo, ma per ammazzarlo. Chissà quale strano cortocircuito nella sua testa maledetta gli intima di estrarre la pistola, chiamare John e dirgli: "Ehi, Mr. Lennon! Sta per entrare nella storia!"
Spara cinque colpi a ripetizione, Lennon si accascia al suolo in una pozza di sangue. Quattro colpi lo raggiungono al petto e all'addome e uno di questi gli perfora l'aorta. Lennon fa due passi, barcolla e prima di cadere in terra fa in tempo a dire: "Mi hanno sparato". Sua moglie gli è sopra e lo sostiene, arriva una pattuglia di polizia che lo porta a gran velocità al Roosvelt Hospital, dove viene dichiarato morto 11 minuti dopo l'esecuzione.
Chapman rimase seduto in strada a leggere per la centesima volta il suo libro preferito, "Il giovane Holden", la sua ossessione, l'ossessione di tanti giovani assassini seriali, in attesa della polizia. A chi gli chiedeva se aveva capito cosa avesse fatto, rispondeva tranquillamente: "Si, ho appena sparato a John Lennon".
Nonostante la riconosciuta infermità mentale e la sua accusa fosse stata derubricata ad omicidio di secondo grado, Mark Chapman fu condannato all'ergastolo con una pena supplementare di 20 anni (mi piacerebbe capire questa come fa a scontarla, forse, con il Karma, in una prossima vita). A tutt'oggi le sue richieste di libertà vigilata sono state sempre respinte e alloggia nelle carceri di Attica (N.Y.)
Ho voluto ricordare gli ultimi istanti del grande Beatle, straordinario musicista e pacifista, nei giorni che seguono la morte dell'ultimo grande fautore di pace del secolo scorso, Nelson Mandela, perché il resto della sua eccezionale esistenza ce lo racconta la sua musica in ogni suo brano, grazie alla qualità innovativa della sua scrittura, che è un compendio di melodie semplici ed immortali, impegno civile ed avanguardia culturale, soprattutto dopo l'incontro che John ebbe con sua moglie Yoko Ono, musa che di certo lo influenzò profondamente, indicandogli altre strade da percorrere, ma che lo portarono inevitabilmente a separarsi dai Beatles.
sabato 7 dicembre 2013
Il sonno della ragione genera ultras
Di Piero Montanari
Ancora una volta siamo costretti a prendere in prestito il famoso titolo del quadro di Goya (El sueno de la razòn produce muestros) nel leggere notizie che ci fanno vergognare di appartenere alla stessa categoria umana di persone che scrivono sui muri di Roma: "Anna Frank tifa Lazio" o "Romanista ebreo, ecco la tua stella" o "Aushwitz la vostra patria, i forni le vostre case".
La tecnica degli ultras si affina, non solo scritte murali, ma ora addirittura grafica seriale, con la stampa di manifestini e autoadesivi che ritraggono Anna Frank, la giovane adolescente ebrea che morì nei campi di concentramento nazisti e che scrisse il famoso Diario, con la maglietta della Roma, apparsi nello storico rione giallorosso Monti, e in altre parti della città.
Il diario che scrisse Anna Frank, nelle settimane che precedettero la sua cattura da parte dei nazisti, commosse il mondo, quando venne pubblicato da suo padre in olanda nel 1947 grazie ad alcuni amici della famiglia Frank che avevano aiutato dei clandestini olandesi a fuggire, e ai quali furono da loro consegnati gli appunti della piccola Anna.
Il libro, che uscì col titolo Het Achterhuis (Il retrocasa) racconta delle speranze, degli amori, della voglia di vivere e delle paure di una adolescente ebrea costretta a vivere nascosta in una piccola stanza con altri ebrei per settimane, prima che i nazisti la deportassero. Anna morì di stenti e di tifo a Bergen-Belsen, un campo tedesco, e il suo libro (dal quale venne tratto nel 1959 un toccante film che vidi da bambino, ma anche un bellissimo film d'animazione nel 1999) è stato inserito dall'Unesco nell'Elenco delle Memorie del Mondo.
Quindi, è giusto dire che non solo "Il sonno della ragione genera mostri", ma produce anche cretini sotto forma di tifosi che non conoscono la Storia o se ne infischiano e la dileggiano, il più delle volte all'oscuro dei suoi accadimenti.
Ho in mente una bella forma di rieducazione per loro, un po' fantozziana, stile Corazzata Potemkin: un istituto correzionale, come si diceva un tempo, dove sono costretti dalla mattina alla sera a vedere film e documentari sulla barbarie umana, nazismo, olocausto, gulag e roba simile, (quelli con le cataste di corpi nudi ammassati, per intenderci) e ad impararsi a memoria il Diario di Anna Frank. Escono solo quando lo ripetono tutto.
Troppo cattivo? Tortura e lavaggio del cervello? Forse, ma solo se però mi dite dov'è il cervello.
La tecnica degli ultras si affina, non solo scritte murali, ma ora addirittura grafica seriale, con la stampa di manifestini e autoadesivi che ritraggono Anna Frank, la giovane adolescente ebrea che morì nei campi di concentramento nazisti e che scrisse il famoso Diario, con la maglietta della Roma, apparsi nello storico rione giallorosso Monti, e in altre parti della città.
Il diario che scrisse Anna Frank, nelle settimane che precedettero la sua cattura da parte dei nazisti, commosse il mondo, quando venne pubblicato da suo padre in olanda nel 1947 grazie ad alcuni amici della famiglia Frank che avevano aiutato dei clandestini olandesi a fuggire, e ai quali furono da loro consegnati gli appunti della piccola Anna.
Il libro, che uscì col titolo Het Achterhuis (Il retrocasa) racconta delle speranze, degli amori, della voglia di vivere e delle paure di una adolescente ebrea costretta a vivere nascosta in una piccola stanza con altri ebrei per settimane, prima che i nazisti la deportassero. Anna morì di stenti e di tifo a Bergen-Belsen, un campo tedesco, e il suo libro (dal quale venne tratto nel 1959 un toccante film che vidi da bambino, ma anche un bellissimo film d'animazione nel 1999) è stato inserito dall'Unesco nell'Elenco delle Memorie del Mondo.
Quindi, è giusto dire che non solo "Il sonno della ragione genera mostri", ma produce anche cretini sotto forma di tifosi che non conoscono la Storia o se ne infischiano e la dileggiano, il più delle volte all'oscuro dei suoi accadimenti.
Ho in mente una bella forma di rieducazione per loro, un po' fantozziana, stile Corazzata Potemkin: un istituto correzionale, come si diceva un tempo, dove sono costretti dalla mattina alla sera a vedere film e documentari sulla barbarie umana, nazismo, olocausto, gulag e roba simile, (quelli con le cataste di corpi nudi ammassati, per intenderci) e ad impararsi a memoria il Diario di Anna Frank. Escono solo quando lo ripetono tutto.
Troppo cattivo? Tortura e lavaggio del cervello? Forse, ma solo se però mi dite dov'è il cervello.
Iscriviti a:
Post (Atom)
Premio alla Cultura
PREMI SPECIALI
A BENEMERITI DELLA CULTURA
(Trofeo di Cristallo e Medaglia d’oro del Presidente dell’Ass. Cult. “P. Raffaele Melis O.M.V.”)
Musicista Regista Maestro PIERO MONTANARI
Roma
Premio “Francesco Di Lella”
“Per avere contribuito con la musica e la regia all’evoluzione ed all’affermazione di attori e cantanti di chiara fama nazionale ed internazionale, lasciando un segno vivo nel panorama cinematografico e musicale italiano, senza mai desistere anche in un periodo così difficile ed arduo come l’attuale.”
Firmato Augusto Giordano, Getulio Baldazzi, P.Ezio Bergamo, Rita Tolomeo, Maurizio Pallottí, Domenico Di Lella, Maria Fichera, Gianni Farina, Rita Pietrantoni, Paola Pietrantoni, Domenico Gilio.
A BENEMERITI DELLA CULTURA
(Trofeo di Cristallo e Medaglia d’oro del Presidente dell’Ass. Cult. “P. Raffaele Melis O.M.V.”)
Musicista Regista Maestro PIERO MONTANARI
Roma
Premio “Francesco Di Lella”
“Per avere contribuito con la musica e la regia all’evoluzione ed all’affermazione di attori e cantanti di chiara fama nazionale ed internazionale, lasciando un segno vivo nel panorama cinematografico e musicale italiano, senza mai desistere anche in un periodo così difficile ed arduo come l’attuale.”
Firmato Augusto Giordano, Getulio Baldazzi, P.Ezio Bergamo, Rita Tolomeo, Maurizio Pallottí, Domenico Di Lella, Maria Fichera, Gianni Farina, Rita Pietrantoni, Paola Pietrantoni, Domenico Gilio.
Il premio sarà conferito il 13 giugno 2010 alle ore 16 al teatro S. Luca, in via Lorenzo da' Ceri 136 - Roma.