Quando
i figli uccidono (barbaramente) i genitori
Sembra
ci sia una svolta nelle indagini sul duplice omicidio di
Pontelangorino, in provincia di Ferrara dove sono stati massacrati a
colpi in testa Salvatore Vincelli, 59 anni, e Nunzia Di Gianni, 45
anni, e poi avvolti in sacchi di plastica come fossero spazzatura.
L'orrore
è che l'autore del brutale delitto pare sia quasi certamente uno dei
due loro figli di appena sedici anni, con l'appoggio di un suo amico
non ancora diciottenne. Dalle prime indagini sono venuti fuori gravi
contrasti familiari e non un movente economico, come quello che
spinse Pietro Maso nel 1991 a 'far fuori' a padellate il padre
Antonio di 52 anni, e la madre Maria Rosa Tessari di 48, simulando
una rapina e andando poi con i suoi complici a brindare in
discoteca. A lui servivano i soldi per fare la bella vita.
L'elenco
dei figli killer è purtroppo lungo: ricordiamo tutti Erika Di
Nardo, 16 anni, che si accordò con il fidanzato Omar Favaro di 17
per massacrare la mamma di Omar, Susy Cassini di 45 anni, e il
fratellino Gianluca di 12, il 21 febbraio 2001. Poi Ferdinando
Carretta, che assassinò i genitori, Giuseppe e Marta Chezzi, e il
fratello Nicola per intascare l'eredità e trasferirsi in
Inghilterra. E quel tragico 7 novembre 2015, quando Fabio Giacconi e
Roberta Pierini ad Ancona vennero assassinati dal fidanzato della
figlia Antonio Tagliata, 19 anni, che gli spara ai due poveri
genitori istigato dalla ragazza.
Quale
sia il tragico cortocircuito mentale che spinge figli amatissimi e
viziati ad uccidere i propri genitori quasi sempre con modalità
efferate, non è dato sapere, anche se gli psichiatri ci
ammanniscono, in questi casi, analisi talvolta condivisibili, ma
generalmente incongrue se confrontate con l'orrore degli gesti
omicidiari. Teste che esplodono all'interno di nuclei familiari
all'apparenza sereni, dove le vite sembrano scorrere nel piattume di
quotidianità banali, spesso prive di affettività manifeste e di
capacità di socializzare, dove ognuno percorre la propria esistenza
senza curarsi di quella dell'altro.
Forse
è proprio in questa mancanza di comunicazione, dove si insinua una
pericolosa e insostenibile anestesia dei sentimenti, che va ricercato
il movente di questi gesti estremi, ultimo tragico e mortale
tentativo di affermare sé stessi ed urlare la propria infelicità al
mondo.
(di Piero Montanari - pubblicato su Globalist 11 gennaio 2017)
(di Piero Montanari - pubblicato su Globalist 11 gennaio 2017)
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