Musicista, bassista, compositore, autore di musiche per il cinema e la televisione, produttore discografico ed editore con VIVAVOCE MUSIC. Ha suonato con i più grandi artisti della scena pop e jazz: LITTLE TONY, ZERO, BAGLIONI, DE GREGORI, GAETANO, DANIELE, ARBORE, CONTE, MINGHI, CAPUTO, GRAZIANI, MUSSOLINI, T.SCOTT e moltissimi altri. Un po' di storia di ieri e di oggi tra arte, musica e spettacolo.
domenica 24 maggio 2015
sabato 23 maggio 2015
Intervista a Claudio Scimone (Solisti veneti) e Pino Donaggio
Video-intervista con Pino Donaggio e Claudio Scimone
Oggi, 19 maggio 2015, alle ore 15.00 Claudio Scimone e Pino Donaggio saranno intervistati in diretta sul Giornale dello Spettacolo da Piero Montanari.
Oggi, 19 maggio 2015, alle ore 15.00 appuntamento con una nuova video-intervista live sul Giornale dello Spettacolo e Globalist: Piero Montanari intervisterà il cantautore e compositore italiano Pino Donaggio e il maestro Claudio Scimone.
I due si sono ritrovati dopo anni grazie alla 45esima edizione del Veneto Festival, che è stato inaugurato il 15 maggio 2015 a Padova da Scimone e dai suoi Solisti Veneti con il "Messiah" di Haendel. Pino Donaggio, popolare cantautore e compositore di famose colonne sonore Pino Donaggio - che a 16 anni ha partecipato come dotatissimo violino primo ai primi concerti de "I Solisti Veneti", dal 1959, prima di affermarsi al Festival di Sanremo come "star" di ben altro genere musicale - ha dedicato ai suoi "Solisti" in occasione del loro 55esimo anniversario, celebrato lo scorso anno, una composizione intitolata "Fotogrammi per Solisti 55.o A." che verrà eseguita in anteprima a Venezia (Scuola di San Rocco 6 giugno) e in "prima ufficiale" a Padova (Castello dei Carraresi) il 28 luglio.
lunedì 18 maggio 2015
Addio a B.B. King, sua maestà il Blues
B.B. King è stato un artista monumentale, seminale. Chi volesse sapere cos'era il blues, doveva passare attraverso la sua straordinaria musica. [Piero Montanari]
di Piero Montanari
Faceva vibrare la sua chitarra con una tecnica inventata da lui che fu poi imitata da tutti: le dita della mano sinistra si fissavano su una nota del fraseggio, trascinando velocemente la corda da una parte all'altra della tastiera incrociandola, passando poi alla successiva con la stessa modalità. Qualcuno chiamò questo modo di suonare col nome di un uccellino, forse per il cinguettio musicale.
B.B. King è stato un artista monumentale, certo, ma profondamente seminale, perchè la sua musica, il suo blues così semplice, che portava con sè l'impronta del dna, della genesi, era nel tempo divenuto assolutamente virale: chi volesse sapere cos'era il blues, suonarlo, parlarne, scriverne, o semplicemente ascoltarlo per capire cosa fosse, doveva passare attraverso lui, King, il Re.
E tanti lo hanno cercato questo incontro con Sua Maestà il Blues, gli artisti più grandi di ogni genere musicale: l'elenco è lunghissimo, tutti hanno desiderato suonarci o cantarci insieme, per essere benedetti da lui e dalla sua Lucille, l'inseparabile Gibson Custom ES 335 che la leggenda vuole essere stata salvata da un incendio dallo stesso B.B.: da Eric Clapton e Jeff Back, che ne impararono totalmente la lezione chitarristica, agli U2 con i quali fece un tour memorabile, ma anche i nostri Pavarotti, Zucchero, Bennato, e il grandissimo Pino Daniele che gli si avvicinava molto con il fraseggio sullo strumento.
B.B. si concedeva a tutti, sempre sorridente, sempre accogliente, come una magnifica "Dama della Buona Società del Blues" alla quale tutti facevano inchini di rispetto, tutti dedicavano una parola di elogio, un riconoscimento di paternità ma anche di maternità. E lui, per contro, faceva vibrare la sua Lucille che, altra leggenda, si dice portasse anche a letto, e con la quale eros e musica si mescolavano in un abbraccio infinito, senza soluzione di continuità.
La sua morte ce lo consegna già leggenda immortale, un "libro" che l'Umanità dovrà aprire ogni volta che si parlerà di blues, per sapere cos'era questa musica incredibile, fatta di 12 battute a ciclo continuo, sulle quali si costruisce ogni volta un pensiero musicale nuovo, fino a passarle al tuo compagno che ti suona accanto e che prende il testimone e le ripassa a sua volta, in un giro di blues che non finirà mai, come mai finirà il suo grande patriarca, Riley B., detto B.B. King.
Faceva vibrare la sua chitarra con una tecnica inventata da lui che fu poi imitata da tutti: le dita della mano sinistra si fissavano su una nota del fraseggio, trascinando velocemente la corda da una parte all'altra della tastiera incrociandola, passando poi alla successiva con la stessa modalità. Qualcuno chiamò questo modo di suonare col nome di un uccellino, forse per il cinguettio musicale.
B.B. King è stato un artista monumentale, certo, ma profondamente seminale, perchè la sua musica, il suo blues così semplice, che portava con sè l'impronta del dna, della genesi, era nel tempo divenuto assolutamente virale: chi volesse sapere cos'era il blues, suonarlo, parlarne, scriverne, o semplicemente ascoltarlo per capire cosa fosse, doveva passare attraverso lui, King, il Re.
E tanti lo hanno cercato questo incontro con Sua Maestà il Blues, gli artisti più grandi di ogni genere musicale: l'elenco è lunghissimo, tutti hanno desiderato suonarci o cantarci insieme, per essere benedetti da lui e dalla sua Lucille, l'inseparabile Gibson Custom ES 335 che la leggenda vuole essere stata salvata da un incendio dallo stesso B.B.: da Eric Clapton e Jeff Back, che ne impararono totalmente la lezione chitarristica, agli U2 con i quali fece un tour memorabile, ma anche i nostri Pavarotti, Zucchero, Bennato, e il grandissimo Pino Daniele che gli si avvicinava molto con il fraseggio sullo strumento.
B.B. si concedeva a tutti, sempre sorridente, sempre accogliente, come una magnifica "Dama della Buona Società del Blues" alla quale tutti facevano inchini di rispetto, tutti dedicavano una parola di elogio, un riconoscimento di paternità ma anche di maternità. E lui, per contro, faceva vibrare la sua Lucille che, altra leggenda, si dice portasse anche a letto, e con la quale eros e musica si mescolavano in un abbraccio infinito, senza soluzione di continuità.
La sua morte ce lo consegna già leggenda immortale, un "libro" che l'Umanità dovrà aprire ogni volta che si parlerà di blues, per sapere cos'era questa musica incredibile, fatta di 12 battute a ciclo continuo, sulle quali si costruisce ogni volta un pensiero musicale nuovo, fino a passarle al tuo compagno che ti suona accanto e che prende il testimone e le ripassa a sua volta, in un giro di blues che non finirà mai, come mai finirà il suo grande patriarca, Riley B., detto B.B. King.
mercoledì 6 maggio 2015
As Roma e stadio Flaminio: quello che il M5s non ha capito
di Piero Montanari
Fa davvero specie la lettera dei consiglieri capitolini del M5s indirizzata al presidente della As Roma James Pallotta, nella quale gli suggeriscono di fare del Flaminio, il delizioso e piccolo stadio storico che versa da anni in condizioni di abbandono, lo stadio della Roma.
Progettato dall'architetto Antonio Nervi , lo stesso di tante splendide opere del dopoguerra a Roma, come l'adiacente Palazzetto dello Sport, la Stazione Termini, il Palazzo dello Sport (ideato da Marcello Piacentini ed edificato dal figlio di Antonio, Pier Luigi) e molte altre, fu realizzato tra il 1957 e il 1958 e inaugurato poi nel 1959. Costruito sull'area dello Stadio Nazionale dedicato al Grande Torino, venne deciso, in corso d'opera e non senza molte polemiche, di chiamarlo non più Stadio Torino, ma Flaminio, per renderlo identificabile a chi non fosse romano.
Continua a far specie che i consiglieri pentastellati, autori di questa proposta, non sappiano che in base all'articolo 10 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004, lo stadio Flaminio è un bene di interesse artistico e storico sotto tutela dal 2008, quando compì mezzo secolo.
Per fortuna nostra gli eredi di Pier Luigi Nervi, attraverso la fondazione che porta il suo nome, hanno la proprietà intellettuale e i diritti morali sullo Stadio Flaminio, tanto da aver espresso molti pareri contrari ai piani di ristrutturazione presentati dal Comune di Roma per restituirgli la bellezza di un tempo.
Figuriamoci se la Fondazione Nervi permetterebbe ad uno stadio di interesse culturale, per giunta incapace di supportare un flusso prevedibile di 50, 60 mila tifosi romanisti, di essere stravolto e manipolato per farne lo stadio della Roma, considerando anche la zona di straordinario interesse storico come quella nella quale è situato, che verrebbe irrimediabilmente compromessa da opere di prevedibile adeguamento.
Sono moderatamente favorevole alla costruzione del nuovo stadio della A.S. Roma, al di là di tutte le polemiche che sta suscitando il progetto che lo vorrebbe a Tor di Valle (cementificazione selvaggia di un'area considerata verde, richiamo al pericolo di cedimenti del terreno sottostante, infrastrutture con forte impatto ambientale, interessi economici trasversali e non chiari). C'è da dire che tutto questo costo, vicino al miliardo di euro, sarebbe sostenuto in toto dalla società di Pallotta e offrirebbe migliaia di posti di lavoro, considerando improbabile che i rischi di un importante progetto come questo non vengano valutati con l'attenzione che meritano.
Ossessionati dal risparmio a tutti i costi, che li spinge ad andare contro tutto e tutti e che rivela un vero disturbo compulsivo, gli amici consiglieri del M5s, prima di fare una così evitabile ed inutile figuraccia con la richiesta a Pallotta, avrebbero dovuto documentarsi meglio, perdendo così una buonissima opportunità per tacere su ciò che non sanno o forse non intendono sapere.
Fa davvero specie la lettera dei consiglieri capitolini del M5s indirizzata al presidente della As Roma James Pallotta, nella quale gli suggeriscono di fare del Flaminio, il delizioso e piccolo stadio storico che versa da anni in condizioni di abbandono, lo stadio della Roma.
Progettato dall'architetto Antonio Nervi , lo stesso di tante splendide opere del dopoguerra a Roma, come l'adiacente Palazzetto dello Sport, la Stazione Termini, il Palazzo dello Sport (ideato da Marcello Piacentini ed edificato dal figlio di Antonio, Pier Luigi) e molte altre, fu realizzato tra il 1957 e il 1958 e inaugurato poi nel 1959. Costruito sull'area dello Stadio Nazionale dedicato al Grande Torino, venne deciso, in corso d'opera e non senza molte polemiche, di chiamarlo non più Stadio Torino, ma Flaminio, per renderlo identificabile a chi non fosse romano.
Continua a far specie che i consiglieri pentastellati, autori di questa proposta, non sappiano che in base all'articolo 10 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del 2004, lo stadio Flaminio è un bene di interesse artistico e storico sotto tutela dal 2008, quando compì mezzo secolo.
Per fortuna nostra gli eredi di Pier Luigi Nervi, attraverso la fondazione che porta il suo nome, hanno la proprietà intellettuale e i diritti morali sullo Stadio Flaminio, tanto da aver espresso molti pareri contrari ai piani di ristrutturazione presentati dal Comune di Roma per restituirgli la bellezza di un tempo.
Figuriamoci se la Fondazione Nervi permetterebbe ad uno stadio di interesse culturale, per giunta incapace di supportare un flusso prevedibile di 50, 60 mila tifosi romanisti, di essere stravolto e manipolato per farne lo stadio della Roma, considerando anche la zona di straordinario interesse storico come quella nella quale è situato, che verrebbe irrimediabilmente compromessa da opere di prevedibile adeguamento.
Sono moderatamente favorevole alla costruzione del nuovo stadio della A.S. Roma, al di là di tutte le polemiche che sta suscitando il progetto che lo vorrebbe a Tor di Valle (cementificazione selvaggia di un'area considerata verde, richiamo al pericolo di cedimenti del terreno sottostante, infrastrutture con forte impatto ambientale, interessi economici trasversali e non chiari). C'è da dire che tutto questo costo, vicino al miliardo di euro, sarebbe sostenuto in toto dalla società di Pallotta e offrirebbe migliaia di posti di lavoro, considerando improbabile che i rischi di un importante progetto come questo non vengano valutati con l'attenzione che meritano.
Ossessionati dal risparmio a tutti i costi, che li spinge ad andare contro tutto e tutti e che rivela un vero disturbo compulsivo, gli amici consiglieri del M5s, prima di fare una così evitabile ed inutile figuraccia con la richiesta a Pallotta, avrebbero dovuto documentarsi meglio, perdendo così una buonissima opportunità per tacere su ciò che non sanno o forse non intendono sapere.
domenica 3 maggio 2015
Addio al produttore Kico Fusco, inventò la Schola Cantorum
di Piero Montanari
La musica italiana piange la scomparsa di un altro protagonista "silenzioso", come forse è corretto chiamare tutti quelli che non hanno la visibilità dell'artista di successo, ma che magari di quell'artista hanno scoperto la linfa e di quel successo sono gli autori principali.
Enrico "Kico" Fusco, che ci ha lasciati il 1 maggio, è stato un produttore, autore e performer attivissimo negli ultimi cinquant'anni nel panorama musicale romano e italiano.
Figlio ma anche "fratello" d'arte, con una sorella maggiore famosa soprano lirico, suo padre Giovanni fu un grande compositore di decine di colonne sonore per il cinema e soprattutto collaboratore di Michelangelo Antonioni. Alla sua penna si devono film come L'Avventura, L'Eclisse, Deserto rosso, ma ache Gli Indifferenti e Hiroshima mon amour.
Kico iniziò quindi naturalmente una carriera nella musica, fondando negli anni '60 il gruppo Le Pecore Nere, che ebbe un discreto successo nell'ambito del "beat" italiano. Il successo maggiore però lo avrà dalla Schola Cantorum, gruppo vocale voluto nel 1973 dal grande direttore artistico della Rca di Roma, Ennio Melis, e che Kico, con Edoardo De Angelis, mise insieme reclutando i migliori giovani talenti canori in circolazione in quel momento nella casa discografica romana.
Canzoni come Lella, ("te la ricordi Lella, quella ricca...") o Le tre Campane, o la rielaborazioni di brani famosi come E Tu... di Baglioni, Roma Capoccia di Venditti o di Bella senz'anima e Poesia di Cocciante costituirono l'ossatura del successo di questo gruppo che andò avanti per molti anni prima di sciogliersi.
Kico continuò la sua carriera divenendo uno dei più importanti produttori musicali in circolazione. A lui si deve la scoperta di Sergio Caputo, l'interessante artista con il quale siglò grandi successi, da Sabato Italiano a Italiani Mambo, e una lunga collaborazione con gli Agricantus, gruppo folk siciliano di grande talento, che si distinse sin dai primi anni '90 in quello sterminato territorio della cosiddetta "World Music" nel quale sonorità arcaiche e commistioni musicali di stili diversi, erano la cifra musicale principale.
Kico abbracciò tutto questo in cinquant'anni di musica. Ho un ricordo sempre vivo delle nostre collaborazioni, dalle sedute in sala di registrazione per la Schola Cantorum o Sergio Caputo, alle produzioni musicali realizzate insieme, come la Marcia delle Sturmtruppen di Bonvi o il famoso Totò Rap. Ma Kico era soprattutto un grande e leale amico, una persona gentile, dolce, un uomo davvero perbene, sempre pronto ad un sorriso, ad uno scherzo, ad un gesto di generosità, la sua dote più grande.
La salute era precaria da alcuni anni, ma il suo carattere gioviale e mai domo lo ha sostenuto sempre, insieme all'affetto dei suoi figli, dei suoi nipoti e all'amore della sua indivisibile compagna Annie, anche lei splendida voce della Schola e sorella di Riccardo Cocciante, alla quale ci stringiamo nell'affetto di un abbraccio infinito.
La musica italiana piange la scomparsa di un altro protagonista "silenzioso", come forse è corretto chiamare tutti quelli che non hanno la visibilità dell'artista di successo, ma che magari di quell'artista hanno scoperto la linfa e di quel successo sono gli autori principali.
Enrico "Kico" Fusco, che ci ha lasciati il 1 maggio, è stato un produttore, autore e performer attivissimo negli ultimi cinquant'anni nel panorama musicale romano e italiano.
Figlio ma anche "fratello" d'arte, con una sorella maggiore famosa soprano lirico, suo padre Giovanni fu un grande compositore di decine di colonne sonore per il cinema e soprattutto collaboratore di Michelangelo Antonioni. Alla sua penna si devono film come L'Avventura, L'Eclisse, Deserto rosso, ma ache Gli Indifferenti e Hiroshima mon amour.
Kico iniziò quindi naturalmente una carriera nella musica, fondando negli anni '60 il gruppo Le Pecore Nere, che ebbe un discreto successo nell'ambito del "beat" italiano. Il successo maggiore però lo avrà dalla Schola Cantorum, gruppo vocale voluto nel 1973 dal grande direttore artistico della Rca di Roma, Ennio Melis, e che Kico, con Edoardo De Angelis, mise insieme reclutando i migliori giovani talenti canori in circolazione in quel momento nella casa discografica romana.
Canzoni come Lella, ("te la ricordi Lella, quella ricca...") o Le tre Campane, o la rielaborazioni di brani famosi come E Tu... di Baglioni, Roma Capoccia di Venditti o di Bella senz'anima e Poesia di Cocciante costituirono l'ossatura del successo di questo gruppo che andò avanti per molti anni prima di sciogliersi.
Kico continuò la sua carriera divenendo uno dei più importanti produttori musicali in circolazione. A lui si deve la scoperta di Sergio Caputo, l'interessante artista con il quale siglò grandi successi, da Sabato Italiano a Italiani Mambo, e una lunga collaborazione con gli Agricantus, gruppo folk siciliano di grande talento, che si distinse sin dai primi anni '90 in quello sterminato territorio della cosiddetta "World Music" nel quale sonorità arcaiche e commistioni musicali di stili diversi, erano la cifra musicale principale.
Kico abbracciò tutto questo in cinquant'anni di musica. Ho un ricordo sempre vivo delle nostre collaborazioni, dalle sedute in sala di registrazione per la Schola Cantorum o Sergio Caputo, alle produzioni musicali realizzate insieme, come la Marcia delle Sturmtruppen di Bonvi o il famoso Totò Rap. Ma Kico era soprattutto un grande e leale amico, una persona gentile, dolce, un uomo davvero perbene, sempre pronto ad un sorriso, ad uno scherzo, ad un gesto di generosità, la sua dote più grande.
La salute era precaria da alcuni anni, ma il suo carattere gioviale e mai domo lo ha sostenuto sempre, insieme all'affetto dei suoi figli, dei suoi nipoti e all'amore della sua indivisibile compagna Annie, anche lei splendida voce della Schola e sorella di Riccardo Cocciante, alla quale ci stringiamo nell'affetto di un abbraccio infinito.
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Premio alla Cultura
PREMI SPECIALI
A BENEMERITI DELLA CULTURA
(Trofeo di Cristallo e Medaglia d’oro del Presidente dell’Ass. Cult. “P. Raffaele Melis O.M.V.”)
Musicista Regista Maestro PIERO MONTANARI
Roma
Premio “Francesco Di Lella”
“Per avere contribuito con la musica e la regia all’evoluzione ed all’affermazione di attori e cantanti di chiara fama nazionale ed internazionale, lasciando un segno vivo nel panorama cinematografico e musicale italiano, senza mai desistere anche in un periodo così difficile ed arduo come l’attuale.”
Firmato Augusto Giordano, Getulio Baldazzi, P.Ezio Bergamo, Rita Tolomeo, Maurizio Pallottí, Domenico Di Lella, Maria Fichera, Gianni Farina, Rita Pietrantoni, Paola Pietrantoni, Domenico Gilio.
A BENEMERITI DELLA CULTURA
(Trofeo di Cristallo e Medaglia d’oro del Presidente dell’Ass. Cult. “P. Raffaele Melis O.M.V.”)
Musicista Regista Maestro PIERO MONTANARI
Roma
Premio “Francesco Di Lella”
“Per avere contribuito con la musica e la regia all’evoluzione ed all’affermazione di attori e cantanti di chiara fama nazionale ed internazionale, lasciando un segno vivo nel panorama cinematografico e musicale italiano, senza mai desistere anche in un periodo così difficile ed arduo come l’attuale.”
Firmato Augusto Giordano, Getulio Baldazzi, P.Ezio Bergamo, Rita Tolomeo, Maurizio Pallottí, Domenico Di Lella, Maria Fichera, Gianni Farina, Rita Pietrantoni, Paola Pietrantoni, Domenico Gilio.
Il premio sarà conferito il 13 giugno 2010 alle ore 16 al teatro S. Luca, in via Lorenzo da' Ceri 136 - Roma.