Life
Addio a Giampiero Rubei, colonna portante del jazz romano
Giampiero Rubei
di Piero Montanari
Il jazz romano perde oggi Giampiero Rubei una delle sue figure più significative e appassionate, che aveva fatto di questa musica non solo un modo di essere ma un'attività vera e propria, e un punto di riferimento della musica jazz della Capitale.
Per più di trent'anni Rubei aveva legato il suo nome al club di jazz da lui fondato e diretto, l'Alexanderplatz, fulcro storico di tutti i musicisti romani ed internazionali che hanno, dal 1984, data della sua apertura, calcato il piccolo e infuocato palco del locale di via Ostia. Sono nomi giganteschi: Chet Baker, Chick Corea, Wynton Marsalis, Ray Brown, Michel Petrucciani, e i nostri Stefano Di Battista, Roberto Gatto, Danilo Rea, e tantissimi altri di stesso prestigio.
Poi l'estate quel palco infuocato si trasferiva in grande nella splendida e verde cornice di Villa Celimontana, sempre con l'attenta direzione artistica di Rubei e dove, tra un drink e un piatto tipico, potevi ascoltare musicisti del calibro dei Manhattan Tranfer o di Michael Brecker.
L'impegno per il Jazz di Giampiero non si fermava mai. Fu direttore artistico anche della Casa del Jazz, la lussuosa e famosa villa di fronte alle mura aureliane che fu di propietà del "ragioniere" della banda della magliana, Enrico Nicoletti, e che dopo il sequestro, per volere della giunta Veltroni, divenne appunto la Casa del Jazz.
Persone come Rubei sono rare, purtroppo, perché hanno dato vita a progetti difficili come quello di investire sul jazz e sui musicisti che suonano questo genere musicale, bellissimo e unico, particolare e certamente non di facile cassetta.
Giampiero ebbe oltretutto l'intelligenza di raccogliere il testimone di un altro grande attivista jazz, Pepito Pignatelli, il Principe batterista che per anni aveva diretto un altro locale storico romano, il Music Inn di Largo dei Fiorentini, per il quale anche lui si dannò anima e corpo come fece Giampiero con il suo.
Sapevo che l'Alexanderplatz aveva avuto tanti problemi economici, che era stato chiuso e poi, grazie al figlio di Giampiero e ad alcuni aiuti, riaperto. Ma le difficoltà sono continuate, purtroppo, ed ora la morte del "patron" Rubei a sancire la fine di un'epoca straordinaria e irripetibile per il jazz romano e italiano.
Il jazz romano perde oggi Giampiero Rubei una delle sue figure più significative e appassionate, che aveva fatto di questa musica non solo un modo di essere ma un'attività vera e propria, e un punto di riferimento della musica jazz della Capitale.
Per più di trent'anni Rubei aveva legato il suo nome al club di jazz da lui fondato e diretto, l'Alexanderplatz, fulcro storico di tutti i musicisti romani ed internazionali che hanno, dal 1984, data della sua apertura, calcato il piccolo e infuocato palco del locale di via Ostia. Sono nomi giganteschi: Chet Baker, Chick Corea, Wynton Marsalis, Ray Brown, Michel Petrucciani, e i nostri Stefano Di Battista, Roberto Gatto, Danilo Rea, e tantissimi altri di stesso prestigio.
Poi l'estate quel palco infuocato si trasferiva in grande nella splendida e verde cornice di Villa Celimontana, sempre con l'attenta direzione artistica di Rubei e dove, tra un drink e un piatto tipico, potevi ascoltare musicisti del calibro dei Manhattan Tranfer o di Michael Brecker.
L'impegno per il Jazz di Giampiero non si fermava mai. Fu direttore artistico anche della Casa del Jazz, la lussuosa e famosa villa di fronte alle mura aureliane che fu di propietà del "ragioniere" della banda della magliana, Enrico Nicoletti, e che dopo il sequestro, per volere della giunta Veltroni, divenne appunto la Casa del Jazz.
Persone come Rubei sono rare, purtroppo, perché hanno dato vita a progetti difficili come quello di investire sul jazz e sui musicisti che suonano questo genere musicale, bellissimo e unico, particolare e certamente non di facile cassetta.
Giampiero ebbe oltretutto l'intelligenza di raccogliere il testimone di un altro grande attivista jazz, Pepito Pignatelli, il Principe batterista che per anni aveva diretto un altro locale storico romano, il Music Inn di Largo dei Fiorentini, per il quale anche lui si dannò anima e corpo come fece Giampiero con il suo.
Sapevo che l'Alexanderplatz aveva avuto tanti problemi economici, che era stato chiuso e poi, grazie al figlio di Giampiero e ad alcuni aiuti, riaperto. Ma le difficoltà sono continuate, purtroppo, ed ora la morte del "patron" Rubei a sancire la fine di un'epoca straordinaria e irripetibile per il jazz romano e italiano.
Nessun commento:
Posta un commento