Il nuovo logo della Fiat Chrysler Automobiles (ex Fiat)
di Piero Montanari
Dal momento in cui ho visto FCA, il nuovo logo acronimo della Fiat Chrysler Automobiles, la Company fondata da Marchionne dopo aver acquisito il marchio americano, ho iniziato a fare una serie di considerazioni che vorrei socializzare.
La prima è che sembra il marchio di un prodotto farmaceutico, piuttosto che quello di costruttori di auto. Dicono che è minimalista, essenziale, maiuscolo, assertivo. Mah, direi brutto che più brutto non si poteva concepire, tanto è tristanzuolo scolorito, banale.
Ma ecco invece come lo descrive il portavoce dello studio che lo ha creato, il noto Robilant & Associati: "Nel marchio le tre lettere vivono all'interno di una raffigurazione geometrica ispirata alle forme essenziali della progettazione automobilistica: la F, generata dal quadrato simbolo di concretezza e solidità; la C, che nasce dal cerchio, archetipo della ruota e rappresentazione del movimento, dell'armonia e della continuità; e infine la A, derivata dal triangolo, che indica energia e perenne tensione evolutiva".
Una bella descrizione per cercare di ammannirci una bruttura che dovrebbe nascere dal pensiero di professionisti del bello e della comunicazione, evidentemente in crisi creativa.
Perché poi - e questa è la seconda considerazione - ci sarà pur stato in un ufficio marketing della Fiat un pubblicitario, un grafico, un usciere che abbia detto in riunione o tra i corridoi: "Guardate che FCA forse potrebbe dare adito ad una interpretazione quanto meno pruriginosa, forse sarebbe meglio che scambiaste le lettere: AFC oppure CFA, oppure togliete Fabbrica e mettete Industria." E tutti gli devono aver risposto: No, va bene così, FCA è corretto, tra la F e la C non c'è mica la "I", e poi noi del nord usiamo la "G" non la "C" per indicare quella parte lì della donna."
All'annuncio del marchio FCA si è scatenato il mondo dei media sui doppisensi che questo acronimo ha subito indotto: sul web c'è chi ha scritto testualmente: "Chissà se la FCA continuerà a fare automobili a CZO?" Un giusto interrogativo al quale dovranno dare una risposta convincente gli acuti responsabili del marketing.
Se può essere di parziale consolazione, FCA non lo vedremo dietro (sarebbe meglio dire davanti) alle automobili prodotte in Olanda, dove anche lì gira parecchia FCA, come da consueta e banale sineddoche. Resteranno impressi sulle auto i soliti marchi del gruppo in attività: Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Chrysler, Jeep, Ram Trucks, Dodge e SRT, oltre al brand Mopar specialista in parti speciali e di ricambio. FCA lo vedremo solo sull'intestazione dei contratti, quando compreremo un auto, in fondo al libretto di istruzioni o sui progetti di rateizzazioni.
Insomma, per fortuna dietro l'auto delle nostre signore non ci sarà scritto a lettere cubitali l'equivocabile NUOVA FCA SUPER LUSSO, (magari pure 2000) che ad altro fa immediatamente pensare.
La prima è che sembra il marchio di un prodotto farmaceutico, piuttosto che quello di costruttori di auto. Dicono che è minimalista, essenziale, maiuscolo, assertivo. Mah, direi brutto che più brutto non si poteva concepire, tanto è tristanzuolo scolorito, banale.
Ma ecco invece come lo descrive il portavoce dello studio che lo ha creato, il noto Robilant & Associati: "Nel marchio le tre lettere vivono all'interno di una raffigurazione geometrica ispirata alle forme essenziali della progettazione automobilistica: la F, generata dal quadrato simbolo di concretezza e solidità; la C, che nasce dal cerchio, archetipo della ruota e rappresentazione del movimento, dell'armonia e della continuità; e infine la A, derivata dal triangolo, che indica energia e perenne tensione evolutiva".
Una bella descrizione per cercare di ammannirci una bruttura che dovrebbe nascere dal pensiero di professionisti del bello e della comunicazione, evidentemente in crisi creativa.
Perché poi - e questa è la seconda considerazione - ci sarà pur stato in un ufficio marketing della Fiat un pubblicitario, un grafico, un usciere che abbia detto in riunione o tra i corridoi: "Guardate che FCA forse potrebbe dare adito ad una interpretazione quanto meno pruriginosa, forse sarebbe meglio che scambiaste le lettere: AFC oppure CFA, oppure togliete Fabbrica e mettete Industria." E tutti gli devono aver risposto: No, va bene così, FCA è corretto, tra la F e la C non c'è mica la "I", e poi noi del nord usiamo la "G" non la "C" per indicare quella parte lì della donna."
All'annuncio del marchio FCA si è scatenato il mondo dei media sui doppisensi che questo acronimo ha subito indotto: sul web c'è chi ha scritto testualmente: "Chissà se la FCA continuerà a fare automobili a CZO?" Un giusto interrogativo al quale dovranno dare una risposta convincente gli acuti responsabili del marketing.
Se può essere di parziale consolazione, FCA non lo vedremo dietro (sarebbe meglio dire davanti) alle automobili prodotte in Olanda, dove anche lì gira parecchia FCA, come da consueta e banale sineddoche. Resteranno impressi sulle auto i soliti marchi del gruppo in attività: Fiat, Lancia, Alfa Romeo, Chrysler, Jeep, Ram Trucks, Dodge e SRT, oltre al brand Mopar specialista in parti speciali e di ricambio. FCA lo vedremo solo sull'intestazione dei contratti, quando compreremo un auto, in fondo al libretto di istruzioni o sui progetti di rateizzazioni.
Insomma, per fortuna dietro l'auto delle nostre signore non ci sarà scritto a lettere cubitali l'equivocabile NUOVA FCA SUPER LUSSO, (magari pure 2000) che ad altro fa immediatamente pensare.
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