di Piero Montanari
"Il sonno della ragione genera mostri" è il famoso titolo di un'acquaforte di Francisco Goya che da almeno una quarantina d'anni ogni tanto ci piace citare, forse per il suo contenuto tragico che riesce a condensare in poche parole l'orrore che scaturisce dall'incapacità di esercitare il pensiero in maniera corretta. "Il quadro del 1797 - come cita l'enciclopedia - rappresenta un uomo addormentato (probabilmente Goya stesso) mentre prendono forma, attorno a lui, sinistri uccelli notturni, inquietanti volti ghignanti e diabolici felini che, come suggerisce il titolo, sono il parto della sua mente."
Il riferimento di questo quadro va subito collegato agli ultimi accadimenti tragici che hanno visto l'attentatore Luigi Preiti fare quasi una strage davanti a palazzo Chigi il primo giorno del governo Letta. Ora c'è un uomo, un carabiniere in servizio, che rischia la paralisi. "E' un pazzo, uno squilibrato" - si dice in prima analisi con un sospiro di sollievo, come se il dramma non fosse lo stesso - no, invece, non è pazzo, è una persona normale disperata come tante, colpite dagli eventi drammatici che in questi ultimi tempi si susseguono senza tregua: disoccupazione, perdita del lavoro, mancanza di riferimenti politici, fame e conseguente fine della vita sociale.
E qui ci torna l'ansia del "normale" dell'uomo qualunque che compra una pistola quattro anni prima, si fa prestare i soldi dalla madre per il biglietto, se ne parte col treno da Rosarno (RC) per far fuori quanti più politici possibile (aveva un centinaio di pallottole 7,65) "questi bastardi, corrotti, affamatori, che aumentano le tasse, si rubano i soldi nostri, non creano lavoro, fanno la bella vita alle nostre spalle, hanno auto blu, donne bellissime, vita di lusso" e invece trova due poveri carabinieri in servizio e, non avendo altro contro cui rivolgere l'arma, spara a loro, in qualche modo rappresentanti dell'odiato stato.
Sento dire che la possibile causa di tutto questo non è il clima di odio e di violenza verbale che si è accanito nel paese, un vento di terrore seminato dai fortissimi contrasti politici, con la virulenza di parole usate come macigni contro le persone 'che non ci piacciono', piuttosto la tragica miopia della politica che non è riuscita ad interpretare le istanze di una popolazione profondamente abbattuta dalla crisi internazionale, e il conseguente sfascio civile e etico della nostra comunità di cittadini.
"In questi momenti drammatici abbiamo il dovere di dire le cose per come sono: la miseria, lo smarrimento e la disperazione uccidono, non le parole" , sostiene nel suo editoriale su Globalist di oggi Gianni Cipriani. Ma le parole possono armare, come poi hanno fatto, la mano dei Luigi Preiti di turno, dico io: dai e dai, aizza aizza, qualcuno lo trovi più fragile e più disperato che fa la strage. Fare leva sulla "pancia" della gente contro la politica e contro la democrazia non è mai stato esercizio fruttuoso e sano, come la Storia ci racconta.
"Posso tollerare la forza bruta, ma la ragione bruta è veramente insopportabile." Diceva Oscar Wilde e mi trova totalmente d'accordo.
Il riferimento di questo quadro va subito collegato agli ultimi accadimenti tragici che hanno visto l'attentatore Luigi Preiti fare quasi una strage davanti a palazzo Chigi il primo giorno del governo Letta. Ora c'è un uomo, un carabiniere in servizio, che rischia la paralisi. "E' un pazzo, uno squilibrato" - si dice in prima analisi con un sospiro di sollievo, come se il dramma non fosse lo stesso - no, invece, non è pazzo, è una persona normale disperata come tante, colpite dagli eventi drammatici che in questi ultimi tempi si susseguono senza tregua: disoccupazione, perdita del lavoro, mancanza di riferimenti politici, fame e conseguente fine della vita sociale.
E qui ci torna l'ansia del "normale" dell'uomo qualunque che compra una pistola quattro anni prima, si fa prestare i soldi dalla madre per il biglietto, se ne parte col treno da Rosarno (RC) per far fuori quanti più politici possibile (aveva un centinaio di pallottole 7,65) "questi bastardi, corrotti, affamatori, che aumentano le tasse, si rubano i soldi nostri, non creano lavoro, fanno la bella vita alle nostre spalle, hanno auto blu, donne bellissime, vita di lusso" e invece trova due poveri carabinieri in servizio e, non avendo altro contro cui rivolgere l'arma, spara a loro, in qualche modo rappresentanti dell'odiato stato.
Sento dire che la possibile causa di tutto questo non è il clima di odio e di violenza verbale che si è accanito nel paese, un vento di terrore seminato dai fortissimi contrasti politici, con la virulenza di parole usate come macigni contro le persone 'che non ci piacciono', piuttosto la tragica miopia della politica che non è riuscita ad interpretare le istanze di una popolazione profondamente abbattuta dalla crisi internazionale, e il conseguente sfascio civile e etico della nostra comunità di cittadini.
"In questi momenti drammatici abbiamo il dovere di dire le cose per come sono: la miseria, lo smarrimento e la disperazione uccidono, non le parole" , sostiene nel suo editoriale su Globalist di oggi Gianni Cipriani. Ma le parole possono armare, come poi hanno fatto, la mano dei Luigi Preiti di turno, dico io: dai e dai, aizza aizza, qualcuno lo trovi più fragile e più disperato che fa la strage. Fare leva sulla "pancia" della gente contro la politica e contro la democrazia non è mai stato esercizio fruttuoso e sano, come la Storia ci racconta.
"Posso tollerare la forza bruta, ma la ragione bruta è veramente insopportabile." Diceva Oscar Wilde e mi trova totalmente d'accordo.
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