di Piero Montanari
Anche Carlo Monni se n'è andato, colpito da un male che non gli ha lasciato scampo e del quale era affetto da tempo. Di sicuro la sua bella faccia barbuta era più famosa del suo nome stesso, come accade sovente per tanti attori della sua genia.
Monni era uno degli ultimi grandi attori caratteristi del nostro cinema, venuto su dalla "scuola toscana" degli attori stradaroli, quelli delle feste di piazza paesane, dei teatri di provincia, dei localini della sua zona, Campi Bisenzio, lungo la valle dell'Arno, luoghi nei quali spesso amava dedicarsi alla straordinaria arte del verseggiare libero, fiore fantastico della tradizione popolare toscana, e specialità della quale Carlo era un vero Maestro.
L'incontro fatale per il Monni fu quello col grande Roberto Benigni, il Re indiscusso di tutti i toscanacci in circolazione, col quale strinse un lungo, fattivo sodalizio umano e artistico, che lo fece approdare, agli esordi importanti nel 1976, in Rai, nella storica trasmissione che vedeva i due artisti trasmettere da una stalla con tutte le vacche intorno. Si chiamava "Ondalibera", meglio nota come "Televacca", con un Benigni straordinario nel suo Mario Cioni, e il valletto Carlo Monni, il vaccaro Monna, che spesso imbracciava maldestramente una telecamera a mano.
Benigni e Monni non si lasciarono più da quel momento: li vedremo ancora insieme in Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci, o in Tu mi turbi, di Roberto Benigni, o in Non ci resta che piangere, con la regia dello stesso Benigni e del grande Massimo Troisi.
Ma il cursus honorum di Carlo Monni si avvale di partecipazioni in film girati dai più grandi registi italiani: da Monicelli a Bevilacqua, da Nuti a Gianni Amico, da Paolo Virzì a Tinto Brass, in una sequela di personaggi magistralmente interpretati che lo facevano essere uno degli attori più duttili e bravi del nostro cinema.
Spesso erroneamente si tende a sminuire la figura cinematografica del caratterista o spalla, ruolo del quale - come dicevamo - Monni era maestro unico e forse ultimo. Si pensa che il caratterista sia un attore "minore" rispetto a quelli che assumono i ruoli principali, un attore di secondo piano, meno importante, quello che dà le battute al primo attore per fargli fare la 'gag' e suscitare l'larità del pubblico. In realtà la storia del teatro di rivista italiano, e poi del cinema, ci ha rivelato una serie di grandissimi attori spalla ai quali i Totò, i Macario, Fabrizi, ma anche Villaggio, Benigni, Troisi si appoggiavano per esercitare la loro vis comica, da cui il nome "spalla", ma che erano essi stessi straordinari al pari del protagonista. Anche grandi e celebri attori internazionali, in vecchiaia, proseguono la loro carriera interpretando dei caratteri con successo.
Era quello che faceva magistralmente uno degli ultimi grandi interpreti di questa scuola, ormai in declino: Carlo Monni.
Monni era uno degli ultimi grandi attori caratteristi del nostro cinema, venuto su dalla "scuola toscana" degli attori stradaroli, quelli delle feste di piazza paesane, dei teatri di provincia, dei localini della sua zona, Campi Bisenzio, lungo la valle dell'Arno, luoghi nei quali spesso amava dedicarsi alla straordinaria arte del verseggiare libero, fiore fantastico della tradizione popolare toscana, e specialità della quale Carlo era un vero Maestro.
L'incontro fatale per il Monni fu quello col grande Roberto Benigni, il Re indiscusso di tutti i toscanacci in circolazione, col quale strinse un lungo, fattivo sodalizio umano e artistico, che lo fece approdare, agli esordi importanti nel 1976, in Rai, nella storica trasmissione che vedeva i due artisti trasmettere da una stalla con tutte le vacche intorno. Si chiamava "Ondalibera", meglio nota come "Televacca", con un Benigni straordinario nel suo Mario Cioni, e il valletto Carlo Monni, il vaccaro Monna, che spesso imbracciava maldestramente una telecamera a mano.
Benigni e Monni non si lasciarono più da quel momento: li vedremo ancora insieme in Berlinguer ti voglio bene di Giuseppe Bertolucci, o in Tu mi turbi, di Roberto Benigni, o in Non ci resta che piangere, con la regia dello stesso Benigni e del grande Massimo Troisi.
Ma il cursus honorum di Carlo Monni si avvale di partecipazioni in film girati dai più grandi registi italiani: da Monicelli a Bevilacqua, da Nuti a Gianni Amico, da Paolo Virzì a Tinto Brass, in una sequela di personaggi magistralmente interpretati che lo facevano essere uno degli attori più duttili e bravi del nostro cinema.
Spesso erroneamente si tende a sminuire la figura cinematografica del caratterista o spalla, ruolo del quale - come dicevamo - Monni era maestro unico e forse ultimo. Si pensa che il caratterista sia un attore "minore" rispetto a quelli che assumono i ruoli principali, un attore di secondo piano, meno importante, quello che dà le battute al primo attore per fargli fare la 'gag' e suscitare l'larità del pubblico. In realtà la storia del teatro di rivista italiano, e poi del cinema, ci ha rivelato una serie di grandissimi attori spalla ai quali i Totò, i Macario, Fabrizi, ma anche Villaggio, Benigni, Troisi si appoggiavano per esercitare la loro vis comica, da cui il nome "spalla", ma che erano essi stessi straordinari al pari del protagonista. Anche grandi e celebri attori internazionali, in vecchiaia, proseguono la loro carriera interpretando dei caratteri con successo.
Era quello che faceva magistralmente uno degli ultimi grandi interpreti di questa scuola, ormai in declino: Carlo Monni.
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