di Piero Montanari
Verdi, Moravia, Malipiero, Carducci, De Amicis chissà cosa direbbero
leggendo il nuovo Statuto della Siae, disegnato ad arte sui desiderata
delle grandi major editoriali e degli "autori ricchi" (riccautori e
riccheditori, sono miei neologismi e ne vanto il diritto), ed approvato
con spocchia e orecchie da mercante da questo governo, senza che lo
stesso prestasse il minimo ascolto alle tante richieste e denuncie della
sconfinata base di autori medio-importanti che costituiscono
l'ossatura fondamentale dell'Ente e ne consentono di fatto, con il loro
lavoro, la sopravvivenza.
E che sopravvivenza! Stipendi favolosi a dirigenti e funzionari, plurimensilità e benefit importanti, indennità fantasiose (come quella dell'epifania o per l'uso del computer), inutili sperperi pagati dagli Autori che solo in questi ultimi mesi i commissari straordinari e il direttore generale hanno cercato di limitare, con colpi di mannaia vibrati nel mucchio, infliggendo danni anche a vecchi soci inermi ai quali è stato tolto loro l'assegno di solidarietà. Ricordiamolo ancora: una somma modesta mensile che era frutto di accantonamenti di tutta una vita di Autore e che nulla costava alla comunità, ma utile a molti di loro per sopravvivere.
Questa "Siae dei ricchi" che si delinea cupamente da questo Statuto, "difficilmente, potrà sopravvivere alle fortissime tensioni tra i suoi associati determinate dall'adozione di regole profondamente ingiuste prima ancora che illegittime, che consegnano la Società nelle mani dei più ricchi, relegando i più numerosi al ruolo di gregari" come sostiene Guido Scorza in un suo recente articolo sul Fatto Quotidiano, e le cui parole che mi sento di quotare totalmente.
Sta di fatto che, con queste regole e con i pochi, anzi pochissimi che decideranno per tutti, saremo fuori dall'Europa delle società di collecting, non recependo una delle direttive più importanti che a luglio scorso, con un comunicato, erano state emanate dai consigli europei. In tutte le società del vecchio continente gli Autori contano di più (2/3 contro 1/3) degli editori che sfruttano di fatto il lavoro creativo di altri, e che quindi hanno necessariamente meno potere. Ma noi siamo italiani, un'altra storia!
Non sarà difficile che alle parole di Scorza seguirà il cupio dissolvi della Siae, una morte lenta e autoinflitta che qui nessuno di noi auspica, ma che sembra inevitabile, dati i presupposti.
Ora cosa accadrà? A marzo prossimo, ci saranno le elezioni degli organismi dirigenti interni della Siae, alle quali sarà chiamata a partecipare la base degli Autori italiani iscritti all'Ente, che però dovrà vedersela con regole che faranno di queste consultazioni, delle elezioni - fantoccio, dove si sa già chi vincerà e chi comanderà: non un'aristocrazia in senso aristotelico, (nell'antica Grecia il governo dei "migliori") ma un'antidemocratica oligarchia fatta di ricchi tra i quali, sicuramente, troveremo gli autori di qualche grande successo economico dello scorso anno, con il placet dei nostri governanti ma di sicuro non con quello di Verdi, Moravia, Malipiero, Carducci, De Amicis che si rivolteranno, per l'ennesima volta senza pace, nelle loro tombe.
E che sopravvivenza! Stipendi favolosi a dirigenti e funzionari, plurimensilità e benefit importanti, indennità fantasiose (come quella dell'epifania o per l'uso del computer), inutili sperperi pagati dagli Autori che solo in questi ultimi mesi i commissari straordinari e il direttore generale hanno cercato di limitare, con colpi di mannaia vibrati nel mucchio, infliggendo danni anche a vecchi soci inermi ai quali è stato tolto loro l'assegno di solidarietà. Ricordiamolo ancora: una somma modesta mensile che era frutto di accantonamenti di tutta una vita di Autore e che nulla costava alla comunità, ma utile a molti di loro per sopravvivere.
Questa "Siae dei ricchi" che si delinea cupamente da questo Statuto, "difficilmente, potrà sopravvivere alle fortissime tensioni tra i suoi associati determinate dall'adozione di regole profondamente ingiuste prima ancora che illegittime, che consegnano la Società nelle mani dei più ricchi, relegando i più numerosi al ruolo di gregari" come sostiene Guido Scorza in un suo recente articolo sul Fatto Quotidiano, e le cui parole che mi sento di quotare totalmente.
Sta di fatto che, con queste regole e con i pochi, anzi pochissimi che decideranno per tutti, saremo fuori dall'Europa delle società di collecting, non recependo una delle direttive più importanti che a luglio scorso, con un comunicato, erano state emanate dai consigli europei. In tutte le società del vecchio continente gli Autori contano di più (2/3 contro 1/3) degli editori che sfruttano di fatto il lavoro creativo di altri, e che quindi hanno necessariamente meno potere. Ma noi siamo italiani, un'altra storia!
Non sarà difficile che alle parole di Scorza seguirà il cupio dissolvi della Siae, una morte lenta e autoinflitta che qui nessuno di noi auspica, ma che sembra inevitabile, dati i presupposti.
Ora cosa accadrà? A marzo prossimo, ci saranno le elezioni degli organismi dirigenti interni della Siae, alle quali sarà chiamata a partecipare la base degli Autori italiani iscritti all'Ente, che però dovrà vedersela con regole che faranno di queste consultazioni, delle elezioni - fantoccio, dove si sa già chi vincerà e chi comanderà: non un'aristocrazia in senso aristotelico, (nell'antica Grecia il governo dei "migliori") ma un'antidemocratica oligarchia fatta di ricchi tra i quali, sicuramente, troveremo gli autori di qualche grande successo economico dello scorso anno, con il placet dei nostri governanti ma di sicuro non con quello di Verdi, Moravia, Malipiero, Carducci, De Amicis che si rivolteranno, per l'ennesima volta senza pace, nelle loro tombe.
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