di Piero Montanari
C’è un allarme tra gli allarmi di questo sconsolante periodo italiano, che preoccupa in questi giorni tutti quelli che hanno a cuore la Cultura del nostro Paese, già pesantemente minacciata dai tagli del governo al Fondo Unico Spettacolo (FUS), ed è la possibile chiusura dell’ Istituto Luce-Cinecittà proprio per mancanza di soldi. «La situazione è molto grave – racconta lo stesso amministratore delegato di Cinecittà, Luciano Sovena, in un'intervista sul Corriere della Sera di pochi giorni fa – «Cinecittà rischia di chiudere e i tagli ai finanziamenti mettono in pericolo anche lo storico archivio, vanto della nostra memoria».
L’Istituto Luce nacque nel 1924 per volere di Mussolini, che aveva capito l’importanza del Cinema come strumento di propaganta del regime fascista. Negli anni ha raccolto una moltitudine innumerevole di immagini fotografiche e prodotto cinegiornali, documentari e film di straordinaria importanza storica. Gli scatti sono centinaia di migliaia ed altrettante sono le ore di filmati. Praticamente c’è, al Luce, tutta la memoria del ‘900, nazionale e mondiale, un materiale artistico, storico, culturale e poltico la cui importanza può sfuggire solo a chi non ha a cuore le sorti dell'Italia e delle future generazioni.
E’ lo stesso sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Maria Giro che ci spiega, preoccupato, come stanno i conti: sulla base di quel che resta del Fus, ovvero 231 milioni, applicando le aliquote vigenti per i vari settori, le fondazioni lirico-sinfoniche avranno circa 109 milioni, la musica circa 31, la danza circa 5, il teatro circa 37, il circo 3,4 milioni e il cinema circa 42 (di cui meno di 7 potrebbero essere destinati a Cinecittà). Mentre l’attesa era di un reintegro fino a 414 milioni.
Quindi nel 2011 l’Istituto Luce (fuso con Cinecittà nel 2009) riceverà dallo stato solo 7 milioni di euro ed i soldi serviranno appena per pagare gli stipendi dei dipendenti, mentre sarà bloccata, per "ipossia" economica, qualsiasi attività strategica. Una vera sciagura, se si pensa che proprio quell’archivio storico di cui si diceva è a rischio. Si sa quanto fragili siano i supporti pellicola e di quanta cura abbia bisogno del materiale così prezioso. Senza contare l'importanza che il Luce ha avuto nella produzione di film lungometraggi a carattere culturale e d’impegno, diretti da grandi registi come Monicelli, Avati, Belocchio, Chabrol, Cavani, Olmi, Scola, a cominciare dal 1935 quando il Luce diede vita all’Enic, l’Ente per le industrie cinematografiche.
Il rischio di un "Halzeimer" generale per la memoria del nostro Paese è quindi grande, e in molti hanno levato gli scudi in difesa del Cinecittà - Luce. Ecco alcune dichiarazioni.
Gianluigi Rondi: «È come spegnere la voce del cinema italiano. Non solo, è come cancellare l'immagine dell'Italia dal dopoguerra». Sergio Zavoli: «La ventilata chiusura di Cinecittà è di per sè un cattivo pensiero: frutto di una pericolosa deriva dei nostri patrimoni culturali. Sarebbe un'operazione, anche se ben dissimulata, vagamente barbarica». Marco Muller: «I programmi delle ultime edizioni della Mostra di Venezia hanno dimostrato quanto prezioso sia il ruolo di Cinecittà Luce nella valorizzazione dei nuovi registi e nella difesa delle opzioni di cinema d'autore che sanno legarsi davvero al territorio. Se le minacce di chiusura venissero confermate, non sarebbe solo il cinema italiano a uscirne azzoppato: perdere un marchio storico tanto importante, proprio quando gli stranieri dimostrano di voler tornare a girare a Cinecittà, vorrebbe dire impoverire irrimediabilmente sul piano della comunicazione internazionale quel che resta del Made in Italy cinematografico».
Digressione maliziosa.
A disgrazie si aggiungono disgrazie: tutto ciò accade mentre Forbes, la rivista statunitense di economia e finanza, retrocede il Presidente Berlusconi dal 74esimo al 118esimo posto nella graduatoria dei più ricchi del mondo, con un patrimonio personale di “soli” 7,8 miliardi di dollari.
Ma questo è un altro discorso.
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