di Piero Montanari
E’ nota a tutti la proposta del governo di aumentare di uno o due centesimi al litro i carburanti per autotrazione, per finanziare il Fus (sempre lui, il Fondo Unico per lo Spettacolo) ed integrare, così, il maltolto di 149 milioni voluto in prima istanza dal ministro Tremonti, fino a portare il Fondo ai livelli dello scorso anno, cioè 428 milioni di euro. Fatto ciò viene accantonata, per ora, l’idea di mettere la tassa di 1 euro sul biglietto del cinema. Il tax credit si finanzierà al distributore di benzina.
“Un piccolo sacrificio – ha detto Letta – che sono certo gli italiani faranno con piacere”.
E così alle accise introdotte per finanziare le varie guerre, da quella di Abissinia, a quelle in Libano e Bosnia, passando per la crisi di Suez - che sono però finite da tempo - ci vediamo costretti ad una spesa di 240 euro l’anno in più di costi diretti per amore della sospirata Cultura.
C’è di che essere contenti, per come si stavano mettendo le cose, che non sia rovinato tutto sulle teste degli operatori culturali italiani, come le mura di Gerico o, più semplicemente, quelle di Pompei, ma questo aumento delle accise arriva in un periodo nel quale, anche a causa della guerra in Libia, il prezzo dei carburanti era già arrivato a livelli stratoferici. Proprio per questo si attendeva dal governo il ritocco in basso di 8 centesimi per litro (ricordiamo che le imposte pesano per il 55 % sul costo finale, 56,4 centesimi a litro a cui si aggiungono i 24,9 cent dell’Iva).
E’ impensabile che nel nostro Paese, che detiene il 70% delle opere d’arte esistenti al mondo, la Cultura o, più in generale, l’industria culturale, abbia bisogno di pescare i soldi che le servono nelle tasche degli automobilisti. Mi amareggia considerare che In Italia potremmo avere un Pil da capogiro solo con una politica intelligente, capace di sfruttare appieno le straordinare potenzialità di un territorio semplicemente unico e magnifico, pieno di Storia e dei suoi lasciti artistici e monumentali. E invece, tutto si risolve con un ennesimo balzello sul “povero” cittadino. Che tristezza!
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