di Piero Montanari
Jon Bon Jovi, la rockstar americana del pop-metallaro, in un articolo apparso oggi sul Sunday Times, dichiara guerra maramaldescamente al già malandato Steve Jobs, fondatore della Apple e reo di aver contribuito al decadimento e al definitivo ‘killeraggio’ dell’industria musicale, con i suoi iPod, iPad, iPhone e iTunes (chissà prima che finiscano le vocali che altro si inventerà…).
“I ragazzi di oggi si sono persi per intero l'esperienza di mettersi le cuffie, alzare il volume al massimo, tenere in mano la copertina, chiudere gli occhi e perdersi in un album in vinile - ha affermato il cantante di origini italiane - e la bellezza di prendere la paghetta e decidere basandosi sulla copertina, non sapendo come suona un disco. Era magico, un tempo magico e tutto questo è ormai svanito”.
Anche se non riesco a dargli del tutto torto – e poi spiego perché – trovo eccessivo l’attacco al CEO della Apple, che ha avuto solo la responsabilità di aver inventato e prodotto una tecnologia, ormai inarrestabile, che ha definitivamente rottamato qualsiasi supporto musicale. Lp per primi, ovviamente.
Ci aveva provato già anni fa la Sony con il Walkman e le audiocassette, che uno si portava a spasso con le cuffie, dopo essersi registrato a casa il suo vinile preferito, delirio piacevolissimo di autonomia musicale. Sembra una roba del mesozoico inferiore, e invece accadeva solo all’inizio dei ‘70. Un decennio dopo arrivò il Compact Disc, grande rivoluzione del supporto musicale, un dischetto di plastica e una incisione laser, praticamente indistruttibile e di qualità altissima ( 44.1 khz ). Altro che il fruscio della puntina sul vinile! Ricordo che i CD vergini, per registrarci sopra con macchine prediluviane, costavano la folle cifra di 80 euro dei nostri tempi. Adesso, se li trovi, te li tirano dietro per pochi cent e ti dicono pure grazie di avergli liberato gli scaffali.
La Sony, sempre pronta a salire sul treno della rivoluzione tecnologica, non si fece attendere e più tardi tirò fuori il Discman, che poi era il lettore deambulante di CD, anch’esso oggetto di archeo-tecnologia musicale.
Oggi, come lamenta Bon Jovi, la musica te la scarichi gratis dalla rete ( solo iTunes si paga ), te la metti dove supporto ti pare, la ascolti dove vuoi e, generalmente, sai poco o nulla del brano, chi suona, chi produce, chi è il fonico della registrazione e in quale studio è stato realizzato il lavoro. Tutte cose che noi amavamo leggere mentre il disco girava ipnotizzandoci.
Sapevo tutto sulle sale, i fonici, i produttori, i musicisti, i grafici e io stesso, quando comparivo sulle copertine degli album che mi avevano reso un “bassista famoso”, avevo un moto di orgoglio, mentre “sbucciavo” la copertina del disco ed annusavo l’inebriante odore della Musica.
“Odio sembrare un uomo vecchio - continua il leader dei Bon Jovi nell’intervista - ma lo sono, e tenete bene a mente le mie parole, nel giro di una generazione le persone diranno: Cosa è successo? Steve Jobs è personalmente responsabile per aver ucciso l'industria musicale”.
Non è del tutto così, anche se qualcosa di vero c’è nell’invettiva di Bon Jovi, ma di certo i discografici non avevano capito la rivoluzione che era in atto solo pochi anni fa.
La morte dei dischi in vinile ha creato, però, una schiera di maniaci, collezionisti, infaticabili ricercatori di vecchi Lp che vanno all’attacco di musicisti, giornalisti Rai, vecchi dj radiofonici, radio regionali, collezioni private, con la speranza di trovare le rarità rimaste nelle cantine o dimenticate negli scaffali di casa a prendere polvere, quei dischi che si sono salvati dall’implacabile mondezzaio dove quasi tutti noi li abbiamo destinati.
“Quanta meraviglia è stata buttata via – mi dice sconsolato uno di questi collezionisti, un medico appassionato di vinile e divenuto mio amico, e che frequenta i mercatini nel mondo – intere collezioni di meravigliose rarità gettate nel cassonetto, dischi del valore di centinaia, ma anche migliaia di euro, ormai introvabili!”
E’ una moda, quella della caccia al vecchio vinile, che ha spesso risvolti curiosi: non è difficile trovare sui portoni dei palazzi in zona Prati a Roma, vicino alla Rai di viale Mazzini e dintorni, dei post-it con su scritto: “Cercasi vecchi Lp. Pago bene, contattare il numero…
Non capivo perché proprio e solo in quella zona trovassi quei bigliettini, e lo chiesi al mio amico collezionista. “Perché lì ci stanno tutti i giornalisti, programmisti registi e dirigenti della Rai che, per anni, hanno ricevuto dalle case discografiche montagne di Lp gratis per fare promozione radiotelevisiva ai loro artisti. Noi poveri collezionisti speriamo in qualche anima buona che non gli ha cestinati.”