E' morto a 84 anni, a Roma, Gianni Boncompagni, uno tra i grandi innovatori dello spettacolo italiano che, soprattutto insieme a Renzo Arbore, scrisse e condusse trasmissioni radiofoniche di grandissimo successo. Fu autore e regista a tutto tondo, dalle canzoni (Ragazzo triste di Patty Pravo, Tuca tuca della Carrà, solo per citarne due tra le più note) ai programmi televisivi di grande impatto popolare dei quali fece anche la regia, come Pronto Raffaella?, Domenica In, Non è la Rai, Carramba.
Quello che sorprende di tutto il lavoro autoriale di Boncompagni è stata la sua capacità di sovvertire il linguaggio del mezzo che utilizzava di volta in volta per adattarlo alla sua cifra artistica, al suo stile, rompendo qualsiasi schema convenzionale col suo linguaggio rivoluzionario e surreale.
E fu proprio questa rivoluzione della radio che, come uno tzunami che tutto spazza via, andò in onda il 7 luglio 1970 con la prima puntata di Alto gradimento, che Boncompagni inventò insieme a Renzo Arbore e un affiatato gruppo di amici strampalati tra cui Giorgio Bracardi, Mario Marenco, Franco Bracardi. La trasmissione non aveva nessuna struttura né filo logico, solo la musica (sempre molto attuale) che veniva interrotta dall'intervento casuale dei personaggi inventati dagli autori. Il professor Aristogitone, Max Vinella, Catenacci, il figlio di Manuel, il dottor Marsala, la Sgarrambona, lo Scarpantibus e molti altri, entravano e uscivano dalla trasmissione con i loro interventi assolutamente demenziali, talmente esilaranti che diventarono linguaggio comune, un lessico che si sparse – oggi diremmo come un virus – soprattutto tra i giovani dell'epoca. La trasmissione andò in onda per sei anni e cambio totalmente il concetto di come si faceva la radio.
Boncompagni fu soprattutto questo, uno che sparigliava, un caposcuola dell'altro modo di fare spettacolo, un grande “improvvisatore” dotato di eloquio veloce e di una forte ironia che era parte integrante di lui, capace di assoggettare qualsiasi persona ai suoi lazzi e alle sue prese in giro. Era “padrone” di sfottere chiunque senza farsi accorgere, un vero maestro della “supecazzola” e del “cazzeggio” goliardico che, proprio col suo degno compare Renzo Arbore, assurse alle vette più alte.
Un'altra invenzione straordinaria di Gianni Boncompagni fu il varietà Non è la Rai per le reti Fininvest (appunto, non è la Rai) che andò in onda dal '91 al '95 e divenne subito un fenomeno di costume di quell'epoca. Balletti, giochi telefonici e canzoni, erano tutti eseguiti da un gruppo di ragazze adolescenti, sexy, carine e ammiccanti, che divennero subito il sogno erotico di tutti gli italiani, lo stesso sogno erotico che Boncompagni, al quale piacevano non poco le ragazze giovanissime, traspose in televisione. Fu il lancio nello spettacolo di moltissime starlet, tra le quali Ambra Angiolini, la conduttrice eterodiretta proprio da Gianni attraverso un auricolare.
Amato (ebbe un paio di matrimoni e tantissimi flirt, tra cui una lunga storia con Raffaella Carrà) ma anche odiato (Mia Martini disse che fu lui a mettere in giro la voce che lei portasse sfortuna), Boncompagni rimarrà nella storia dello spettacolo per le sue straordinarie intuizioni che ne fanno un indiscusso caposcuola, soprattutto per suo il modo di fare radio, copiato dai vari epigoni che per la prima volta si mettevano davanti ad un microfono, in quella meravigliosa stagione degli anni '70 che sancì l'avvento delle radio libere.
Quello che sorprende di tutto il lavoro autoriale di Boncompagni è stata la sua capacità di sovvertire il linguaggio del mezzo che utilizzava di volta in volta per adattarlo alla sua cifra artistica, al suo stile, rompendo qualsiasi schema convenzionale col suo linguaggio rivoluzionario e surreale.
E fu proprio questa rivoluzione della radio che, come uno tzunami che tutto spazza via, andò in onda il 7 luglio 1970 con la prima puntata di Alto gradimento, che Boncompagni inventò insieme a Renzo Arbore e un affiatato gruppo di amici strampalati tra cui Giorgio Bracardi, Mario Marenco, Franco Bracardi. La trasmissione non aveva nessuna struttura né filo logico, solo la musica (sempre molto attuale) che veniva interrotta dall'intervento casuale dei personaggi inventati dagli autori. Il professor Aristogitone, Max Vinella, Catenacci, il figlio di Manuel, il dottor Marsala, la Sgarrambona, lo Scarpantibus e molti altri, entravano e uscivano dalla trasmissione con i loro interventi assolutamente demenziali, talmente esilaranti che diventarono linguaggio comune, un lessico che si sparse – oggi diremmo come un virus – soprattutto tra i giovani dell'epoca. La trasmissione andò in onda per sei anni e cambio totalmente il concetto di come si faceva la radio.
Boncompagni fu soprattutto questo, uno che sparigliava, un caposcuola dell'altro modo di fare spettacolo, un grande “improvvisatore” dotato di eloquio veloce e di una forte ironia che era parte integrante di lui, capace di assoggettare qualsiasi persona ai suoi lazzi e alle sue prese in giro. Era “padrone” di sfottere chiunque senza farsi accorgere, un vero maestro della “supecazzola” e del “cazzeggio” goliardico che, proprio col suo degno compare Renzo Arbore, assurse alle vette più alte.
Un'altra invenzione straordinaria di Gianni Boncompagni fu il varietà Non è la Rai per le reti Fininvest (appunto, non è la Rai) che andò in onda dal '91 al '95 e divenne subito un fenomeno di costume di quell'epoca. Balletti, giochi telefonici e canzoni, erano tutti eseguiti da un gruppo di ragazze adolescenti, sexy, carine e ammiccanti, che divennero subito il sogno erotico di tutti gli italiani, lo stesso sogno erotico che Boncompagni, al quale piacevano non poco le ragazze giovanissime, traspose in televisione. Fu il lancio nello spettacolo di moltissime starlet, tra le quali Ambra Angiolini, la conduttrice eterodiretta proprio da Gianni attraverso un auricolare.
Amato (ebbe un paio di matrimoni e tantissimi flirt, tra cui una lunga storia con Raffaella Carrà) ma anche odiato (Mia Martini disse che fu lui a mettere in giro la voce che lei portasse sfortuna), Boncompagni rimarrà nella storia dello spettacolo per le sue straordinarie intuizioni che ne fanno un indiscusso caposcuola, soprattutto per suo il modo di fare radio, copiato dai vari epigoni che per la prima volta si mettevano davanti ad un microfono, in quella meravigliosa stagione degli anni '70 che sancì l'avvento delle radio libere.
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