Fenomenologia di Francesco Totti: cosa direbbe Umberto Eco.
Fenomenologia di Francesco Totti: cosa direbbe Umberto Eco
di Piero Montanari
Tra
le idiosincrasie manifestate da Umberto Eco nel corso della sua
straordinaria vita, c'era di sicuro il mondo dei social networks. E'
rimasta storica la sua sortita in occasione del conferimento della
laurea honoris causa in "Comunicazione e Cultura dei media"
a Torino, a giugno dello scorso anno, dove disse: "I social
media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima
parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la
collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo
stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l'invasione degli
imbecilli". E ancora: "La tv aveva promosso lo scemo del
villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il
dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a
portatore di verità".
Ma
il grande semiologo aveva parole dure anche per i tifosi e il mondo
del calcio, sport che lui comunque guardava con grande interesse e,
sembrerebbe, non solo da studioso dei segnali umani. Sosteneva che
chi guardava il calcio (ma lo guardava anche lui) è un "depravato
sessuale" e che "segnare un gol è come far sesso, e che
"perfino il marchese De Sade, di fronte a tanta depravazione
farebbe la figura di "un bambino innocente". Diceva che i
tifosi sono tutti voyeristi e che "in alcune occasioni può
anche essere interessante guardare gli altri che fanno l'amore, ma si
converrà che è sicuramente meglio farlo piuttosto che stare lì ad
osservare".
Siamo
certi che sul suo Diario Minimo, il celebre saggio scritto nel 1961,
contenente l'ancor più celebre saggio "Fenomenologia di Mike
Bongiorno" sul famoso presentatore televisivo, avrebbe trovato
posto anche una "Fenomenologia di Francesco Totti", magari
con un sottotitolo del tipo "I sentimenti calpestati del
Campione tradito" o qualcosa di simile.
Sarebbe
curioso e di certo non fuori luogo immaginare cosa avrebbe detto il
grande Umberto Eco su una vicenda come quella che sta accadendo al
giocatore della Roma e al suo allenatore Spalletti, protagonisti di
una storia "minima", ma di certo non meno interessante dal
punto di vista di un semiologo, una storia che sta monopolizzando il
mondo dei media, e non solo per il suo significato meramente
sportivo.
Da
una parte l'allenatore Luciano Spalletti, con incarichi da
plenipotenziario della Roma che deve rimettere in sesto le sorti
disastrate della squadra, ereditando i danni lasciati da Garcia,
dall'altra il grande campione simbolo 'semantico' della Roma e suo
più grande calciatore di tutti i tempi, che si sente "messo da
parte e non più considerato come calciatore e come uomo", come
ha affermato nell'ormai famosa intervista-scandalo rilasciata a
Donatella Scarnati, e non ancora comprensibilmente incline ad
accettare la sua parabola discendente.
Tutti
noi saremmo illuminati dalle parole di Eco, maestro nel cogliere
l'aspetto del fenomeno sociologico di questa storia tra Totti e
Spalletti, che sarebbe un errore derubricare ad una semplice
'querelle' tra un grande calciatore al tramonto e il suo imbarazzato
allenatore.