Totti scherza con i compagni di squadra
di Piero Montanari
Lo sport è spesso metafora della vita, tante volte abbiamo sentito dire o scrivere questa frase, talmente tante da poterla ormai annoverare tra le banalità. Spesso dimentichiamo che è comunque una verità, come se lo sport fosse avulso dalle gesta umane, e fosse interpretato da alieni che con noi terrestri hanno poco a che fare.
Talvolta assistiamo a piccoli o grandi gesti che ci ricordano l'umanità degli eroi sportivi, i nostri campioni, amati, odiati, incensati o vilipesi, a seconda delle loro prestazioni negli agoni delle battaglie sui campi da gioco, e questi gesti ce li riconducono improvvisamente nell'umana dimensione, dimenticando per un attimo l'aura di divinità della quale sono circondati.
La partita è stata Sassuolo Roma, vinta da quest'ultima per 2 a 0, come sappiamo, una partita carica di significative attese per questa Roma spallettiana, rinnovata e stravolta dopo l'allontanamento di Garcia, e lo smantellamento della sua "chiesa al centro del villaggio".
Le inquadrature andavano spesso sulla panchina, dove parcheggiava il campione dei campioni della Roma e per i romanisti (ma non solo), Francesco Totti, il grande, unico e solo capitano, spesso "cappetano" per i tanti detrattori, il secondo marcatore della serie A di tutti i tempi, un giocatore arrivato alla soglia dei 40 anni massacrato di botte e con incidenti gravi, ma con una grande voglia di giocare e di essere utile alla sua unica squadra, la Roma, alla quale ha giurato fedeltà per la vita.
Queste inquadrature ci hanno mostrato insistentemente Totti che si scaldava i muscoli facendo stratching, che palleggiava con un ragazzino di pochi anni a bordo campo, che scherzava dando dei colpetti da dietro sulla fronte di Pjanic che si girava e che vedeva Francesco alzare lo sguardo sornione come dire: "Chi è stato?".
Nulla di che, ovviamente, un po' di goliardia, dei siparietti per far passare il tempo ad un giocatore che ora - purtroppo - le partite le vedrà soprattutto dalla panchina piuttosto che dal campo. Nulla di che dicevamo, se non fosse per quella storia banale della metafora. Totti, con quei piccoli gesti "normali" ha ricondotto in quel momento il calcio a dimensione umana, a ciò che dovrebbe essere, un gioco, una passione divertente, stare insieme in gruppo e scherzare, alla faccia di quelli che, per la passione sportiva di una maglia, dimenticano quel bambino dentro di sé e si macchiano dei peggiori gesti.
Anche per questo ringrazio Francesco e non faccio nessuna fatica a volergli un gran bene.
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