di Piero Montanari
Apprendo solo ora della morte di Franco Califano, avvenuta poche ore dopo quella di Enzo Jannacci. Si potrebbe dire che due estremi della canzone italiana si sono incontrati nell'unica strada possibile, quella della morte.
Eppure Franco, classe 1938, cantautore e sciupafemmine, non ostante certe apparenze che lo condannavano ad una esistenza all'interno di un personaggio difficile, disincantato e superficiale che si era costruito, era un poeta, e di quelli veri.
Il Maestro (così veniva appellato da tempo) aveva scritto qualche centinaia di canzoni bellissime per i più grandi artisti italiani: da Mina a Ornella Vanoni, da Mia Martini a Peppino di Capri, dai Vianella a Bruno Martino, e tutte canzoni che sono rimaste dei classici nel cuore della gente che le amava: E la chiamano estate, Minuetto, La nevicata del '56, Una ragione di più, La musica è finita, Semo gente de borgata ed anche I sogni de Purcinella, scritta insieme a me per il duo nascente de I Vianella, (Wilma Goich ed Edoardo Vianello) che per un periodo ebbero un sucesso strepitoso.
Ma molte ne scrisse per sé Franco, quando superò la paura del pubblico e la sua - difficile da credere - timidezza e ritrosia. E anche là ero presente, perché suonai al suo debutto come cantautore alla Bussola di Bernardini, nell'estate del 1975, in una serata memorabile dove suonammo gran parte del repertorio che lui aveva scritto per tutti i suoi amici artisti.
Da quel momento ebbe la strada in discesa, non ostante i tempi non gli si confacessero. Erano gli anni del cantautorato di sinistra e lui, da sempre liberale e anticomunista, faceva fatica a trovare spazi lavorativi, anche perché si contornava di amicizie "difficili" come quelle di alcuni detenuti conosciuti in seguito al suo arresto, avvenuto nel 1983 per questioni di droga, e per la qual cosa chiese sostegno e aiuto proprio a quel Bettino Craxi che ammirava e che gli divenne in seguito amico.
Non più di un anno fa chiese al governo che gli fosse riconosciuta la legge Bacchelli, legge che sostiene, con un assegno mensile, gli artisti importanti del paese che versano in condizioni di disagio economico. Fu concessa, come molti di noi ricordano, a Umberto Bindi, che non potè goderne perché morì subito dopo, o a Elsa Morante, la grande scrittrice de La Storia.
Non saprei dire perché non gli venne riconosciuto il vitalizio, sta di fatto che Califano aveva davvero difficoltà economiche, avendo vissuto sempre "alla grande" e al di sopra delle sue reali possibilità economiche, vittima di sé stesso e del suo personaggio sopra le righe.
Ci sentivamo ogni tanto e sapevo che la sua salute era diventata molto fragile, anche se lui non ne parlava volentieri. Franco era malato da tempo, e si è spento nella villa di Acilia, alle porte di Roma, dove abitava da qualche tempo. Solo pochi giorni fa si era esibito per quella che sarebbe stata la sua ultima apparizione pubblica, al Teatro Sistina di Roma.
Eppure Franco, classe 1938, cantautore e sciupafemmine, non ostante certe apparenze che lo condannavano ad una esistenza all'interno di un personaggio difficile, disincantato e superficiale che si era costruito, era un poeta, e di quelli veri.
Il Maestro (così veniva appellato da tempo) aveva scritto qualche centinaia di canzoni bellissime per i più grandi artisti italiani: da Mina a Ornella Vanoni, da Mia Martini a Peppino di Capri, dai Vianella a Bruno Martino, e tutte canzoni che sono rimaste dei classici nel cuore della gente che le amava: E la chiamano estate, Minuetto, La nevicata del '56, Una ragione di più, La musica è finita, Semo gente de borgata ed anche I sogni de Purcinella, scritta insieme a me per il duo nascente de I Vianella, (Wilma Goich ed Edoardo Vianello) che per un periodo ebbero un sucesso strepitoso.
Ma molte ne scrisse per sé Franco, quando superò la paura del pubblico e la sua - difficile da credere - timidezza e ritrosia. E anche là ero presente, perché suonai al suo debutto come cantautore alla Bussola di Bernardini, nell'estate del 1975, in una serata memorabile dove suonammo gran parte del repertorio che lui aveva scritto per tutti i suoi amici artisti.
Da quel momento ebbe la strada in discesa, non ostante i tempi non gli si confacessero. Erano gli anni del cantautorato di sinistra e lui, da sempre liberale e anticomunista, faceva fatica a trovare spazi lavorativi, anche perché si contornava di amicizie "difficili" come quelle di alcuni detenuti conosciuti in seguito al suo arresto, avvenuto nel 1983 per questioni di droga, e per la qual cosa chiese sostegno e aiuto proprio a quel Bettino Craxi che ammirava e che gli divenne in seguito amico.
Non più di un anno fa chiese al governo che gli fosse riconosciuta la legge Bacchelli, legge che sostiene, con un assegno mensile, gli artisti importanti del paese che versano in condizioni di disagio economico. Fu concessa, come molti di noi ricordano, a Umberto Bindi, che non potè goderne perché morì subito dopo, o a Elsa Morante, la grande scrittrice de La Storia.
Non saprei dire perché non gli venne riconosciuto il vitalizio, sta di fatto che Califano aveva davvero difficoltà economiche, avendo vissuto sempre "alla grande" e al di sopra delle sue reali possibilità economiche, vittima di sé stesso e del suo personaggio sopra le righe.
Ci sentivamo ogni tanto e sapevo che la sua salute era diventata molto fragile, anche se lui non ne parlava volentieri. Franco era malato da tempo, e si è spento nella villa di Acilia, alle porte di Roma, dove abitava da qualche tempo. Solo pochi giorni fa si era esibito per quella che sarebbe stata la sua ultima apparizione pubblica, al Teatro Sistina di Roma.
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