di Piero Montanari
Una di queste famiglie l’aveva combinata con la sorella di Sophia Loren, Maria Scicolone, con la quale aveva avuto due figlie, Alessandra ed Elisabetta. Da queste tre donne che amava moltissimo si era poi separato, ma mai definitivamente, lasciandole nella casa di Montesacro, a piazza Monte Gennaro. Lui era andato ad abitare a viale Libia (ricorrenti sono nella vita di Romano i luoghi storici del fascismo). Ho un ricordo di quella casa veramente tragicomico. Una volta Romano mi chiese di andare da lui per provare alcuni brani nuovi di repertorio per i concerti. Entrai nell’appartamento e rimasi bloccato all’ingresso, cercando di portare il mio non voluminoso amplificatore del basso nel salone dove c’era il pianoforte. Ma l’ampli non entrava nella stanza per via del passaggio ridottissimo che permetteva l’accesso solo ad una persona magra e pergiunta di profilo. Sorprendentemente il resto era tutto normale: il telaio dell’entrata di legno pregiato e le mura perfette dipinte di bianco. Solo tutto incomprensibilmente stretto. Quando, stupito e con un sorriso da ebete in faccia chiesi a Romano spiegazioni, lui fu vago e mi disse di lasciare l’amplificatore all’ingresso e di suonare lì, mentre lui andava al piano nel salone. – Mi senti bene? – mi chiedeva da lontano e poi – Suona tu che provo a sentirti – In realtà non riuscivamo ad accordarci, vista la distanza che c’era tra i nostri strumenti! Scoppiai a ridere per l’assurdità della situazione e alla fine, pressato dalla mia insistenza, mi rivelò l’arcano. Era solo un espediente per non farsi portar via i mobili, in caso fosse venuto l’ufficiale giudiziario a pignorarli per venderli. "Per legge – mi confessò furbescamente - non si può abbattere nessun muro di casa per far uscire dei mobili destinati all’asta giudiziaria." Quel giorno imparai un’altra cosa.
(I due film di cui si parla nella storia, prodotti da Romano, con la colonna sonora scritta insieme a Roberto Pregadio).
I problemi economici gli erano iniziati a causa di alcuni film da lui prodotti che non avevano avuto il successo sperato. Si era fatto coinvolgere da alcuni cinematografari romani di B movies sperando in un ritorno economico, e per questo aveva firmato "fantozziani" pacchi di cambiali che erano andate puntualmente in protesto. I film finanziati da Romano si chiamavano: “Diabolik” “Kriminal” e “Satanik”, tratti da fortunatissimi fumetti in voga a quel tempo. In realtà non seppi mai perché l’operazione andò male. In genere questi film di "serie B" avevano comunque e quasi sempre un pubblico di affezionati che li andava a vedere, magari con le uscite già programmate nelle seconde e terze visioni e sale parrocchiali, e poi si producevano in totale economia. Ma anche quel poco fu fatale a Romano, che evidentemente non era tagliato per far soldi in quel modo, e pagò per lungo tempo quell’investimento improvvido, anche in termini di serenità personale. Mi ricordo, negli interminabili viaggi in automobile per raggiungere i luoghi dove suonavamo, o quando ritornavamo di notte a casa, mi parlava spesso di quei soldi buttati e dei guai che gli avevano procurato i creditori.
(Uno dei tanti quadri con soggetto clown di Romano)
Chiunque abbia suonato con lui conosce il dramma degli spostamenti in lungo ed in largo nella Penisola. Romano non aveva nessun pudore nel prendere una serata a Milano e l’altra, il giorno successivo, a Bari: “L’Italia si percorre in un giorno – diceva – e se vuoi lavorare non devi fare lo schizzinoso.” Ricordo, tra le tante, la ‘tratta’ peggiore: Pordenone - Lecce - Rimini – Udine – Roma e tutte un giorno dopo l’altro, facendo i concerti, viaggiando su pulmini scassati o macchine con le gomme spesso lisce, mangiando come e dove si poteva. Si dormiva a turno come in guerra e spesso, oltre che guidare, mi toccava tenere sveglio Romano (grande driver) con storie e cazzeggi vari. Si andava a letto al mattino e, incrociando la gente che andava a lavorare alle fermate degli autobus, Romano spesso esclamava: ”Eh, poveracci, si son dovuti svegliare presto, che vita fanno!” “Loro – aggiungevo io – e perché noi che vita facciamo?”
(Mirage, il disco della "svolta elettrica"di Romano del 1977, prodotto da me e suonato da Romano, Roberto Spizzichino, Tullio de Piscopo, Emilio Soana e Glauco Masetti e il sottoscritto al basso Fender)
Al suo funerale abbiamo suonato nella chiesa stracolma, tutti noi suoi amici e collaboratori. Negli anni siamo stati davvero tanti, Romano era una specie di Vespucci , nave – scuola del jazz italiano.
Ma quel triste giorno c’erano anche molti che con Romano non c’entravano nulla, quelli con i gagliardetti della repubblica sociale di Salò, vestiti di tutto punto con camice nere che fuori, all’uscita della bara, anno urlato “Saluti al Duce” per tre volte.
Quel giorno la mia malinconia per la morte di un amico, si unì alla rabbia perché Romano era stato insultato per l’ultima volta.
Lui era un musicista, un jazzista. Lui era il mio amico, Romano Mussolini.