Un altro articolo di Giancarlo Governi
I leghisti e Bossi partirono a briglia sciolta nell’estate del 1996, dopo la vittoria dell’Ulivo e l’insediamento di Romano Prodi a Palazzo Chigi. Le loro prodezze conquistarono subito le pagine dei giornali a corto di notizie e scatenarono i corsivisti più brillanti che fecero a gara a stigmatizzare gli strafalcioni del popolo verde e del suo capo, in un delirio agostano in cui Bossi, non contento di essersi impadronito di Giuseppe Verdi e del suo “Va pensiero”, disse la sua anche su Picasso, definito un pittore espressionista che combatté contro gli impressionisti (una disputa che, tra l’altro, non mi risulta ci sia mai stata, perché, quando arrivarono gli espressionisti, l’impressionismo era finito da un pezzo), e collocando il Coro dei Lombardi addirittura nel Nabucco.
Le prodezze culturali dei leghisti (rinforzati recentemente da Renzo, il figlio di Bossi, che ha rinunciato, dopo tre bocciature, alla maturità nelle scuole italiane, in attesa di ottenere direttamente una laurea honoris causa da una università padana) sono continuate in questi anni e sono diventate, a mio avviso, anche pericolose dopo la conquista leghista delle regioni del nord.
In quella estate di 14 anni fa ridevamo delle uscite di Bossi e ci domandavamo se un personaggio simile, che dovrebbe essere rimandato a scuola serale e condannato a leggersi qualche libro,perché dovesse godere di tutto questo spazio sulla stampa. E ci domandavamo come fosse possibile che un personaggio pubblico non sapesse che Giuseppe Verdi fu il campione dell’Unità d’Italia (il suo cognome diventò l’acronimo di Vittorio Emanuele Re d’Italia), che le sue opere e ancora di più i celeberrimi cori, compreso quello dei Lombardi che il Bossi colloca erroneamente nel Nabucco, sono un accorato appello all’Italia libera e una.
Gli anni sono passati ma nessuno ride più, nessuno si permette più di scherzare sulle sortite anti risorgimentali, nessuno più si indigna per il vilipendio continuo non solo ai simboli della Patria ma anche a Garibaldi, il vero artefice dell’unità d’Italia.
E siccome Garibaldi non lo difende più nessuno e non viene neppure più inserito nei temi della maturità, proprio nell’anno in cui si celebra la sua straordinaria impresa (ma lo abbiamo meritato noi italiani un personaggio simile? Io penso di no), ora per pungere chi ancora si sente italiano, Bossi ha sparato contro la nazionale di calcio, l’ultimo simbolo della Patria intorno al quale periodicamente gli italiani si riconoscono. Prima ha cominciato Renzo a dire che lui non tifa per l’Italia (e chissene abbiamo pensato in tantissimi) ma sentendo un ministro della Repubblica che dichiara che l’Italia comprerà la partita con la Slovacchia per procedere nella sua avventura mondiale, non possiamo dire “chissene”. Possiamo soltanto dire basta e, in quel ricchissimo idioma romano che lui così tanto detesta, dedicargli gli insulti più coloriti di cui abbonda la lingua del Belli.
I leghisti e Bossi partirono a briglia sciolta nell’estate del 1996, dopo la vittoria dell’Ulivo e l’insediamento di Romano Prodi a Palazzo Chigi. Le loro prodezze conquistarono subito le pagine dei giornali a corto di notizie e scatenarono i corsivisti più brillanti che fecero a gara a stigmatizzare gli strafalcioni del popolo verde e del suo capo, in un delirio agostano in cui Bossi, non contento di essersi impadronito di Giuseppe Verdi e del suo “Va pensiero”, disse la sua anche su Picasso, definito un pittore espressionista che combatté contro gli impressionisti (una disputa che, tra l’altro, non mi risulta ci sia mai stata, perché, quando arrivarono gli espressionisti, l’impressionismo era finito da un pezzo), e collocando il Coro dei Lombardi addirittura nel Nabucco.
Le prodezze culturali dei leghisti (rinforzati recentemente da Renzo, il figlio di Bossi, che ha rinunciato, dopo tre bocciature, alla maturità nelle scuole italiane, in attesa di ottenere direttamente una laurea honoris causa da una università padana) sono continuate in questi anni e sono diventate, a mio avviso, anche pericolose dopo la conquista leghista delle regioni del nord.
In quella estate di 14 anni fa ridevamo delle uscite di Bossi e ci domandavamo se un personaggio simile, che dovrebbe essere rimandato a scuola serale e condannato a leggersi qualche libro,perché dovesse godere di tutto questo spazio sulla stampa. E ci domandavamo come fosse possibile che un personaggio pubblico non sapesse che Giuseppe Verdi fu il campione dell’Unità d’Italia (il suo cognome diventò l’acronimo di Vittorio Emanuele Re d’Italia), che le sue opere e ancora di più i celeberrimi cori, compreso quello dei Lombardi che il Bossi colloca erroneamente nel Nabucco, sono un accorato appello all’Italia libera e una.
Gli anni sono passati ma nessuno ride più, nessuno si permette più di scherzare sulle sortite anti risorgimentali, nessuno più si indigna per il vilipendio continuo non solo ai simboli della Patria ma anche a Garibaldi, il vero artefice dell’unità d’Italia.
E siccome Garibaldi non lo difende più nessuno e non viene neppure più inserito nei temi della maturità, proprio nell’anno in cui si celebra la sua straordinaria impresa (ma lo abbiamo meritato noi italiani un personaggio simile? Io penso di no), ora per pungere chi ancora si sente italiano, Bossi ha sparato contro la nazionale di calcio, l’ultimo simbolo della Patria intorno al quale periodicamente gli italiani si riconoscono. Prima ha cominciato Renzo a dire che lui non tifa per l’Italia (e chissene abbiamo pensato in tantissimi) ma sentendo un ministro della Repubblica che dichiara che l’Italia comprerà la partita con la Slovacchia per procedere nella sua avventura mondiale, non possiamo dire “chissene”. Possiamo soltanto dire basta e, in quel ricchissimo idioma romano che lui così tanto detesta, dedicargli gli insulti più coloriti di cui abbonda la lingua del Belli.
1 commento:
Bossi e un leghista convinto ma quando rimarra le briglie a suo figlio povera lega nord
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