È inevitabile che la tv suggerisca comportamenti, lo ha fatto nel corso della crescita dell'Italia, negli anni del dopoguerra e del cosiddetto “boom economico”, ha educato alla lingua italiana quando solo il 18% della popolazione la praticava, ha indotto bisogni e suggerito il modo per soddisfarli. Quella era una televisione ecumenica, evangelica, etica, politicamente corretta allo spasimo, bigotta e sessuofobica (le calze coprivano le ballerine e “membro” del parlamento era vietato dirlo), e noi eravamo dei chierichetti nelle mani della Chiesa. Carl Popper, il filosofo cattolico di Cattiva Maestra Televisione, lanciava anatemi contro chi non era preparato per parlare ad una platea così grande, tanto da esigere a gran voce la “patente” per chi volesse farlo. Oggi si spera che quel pubblico sia cresciuto, che abbia assunto sufficienti anticorpi per capire che quel Male, che diverte ovviamente più del Bene che è noioso, non ė conveniente da imitare. Nel dopoguerra c'erano assassini efferatissimi, il mostro di Nerola, che ne ammazzò sedici, Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio, che con i suoi cadaveri ci faceva il sapone, e altri “mostri referenziatissimi”. Però c'era poca diffusione, le notizie erano scritte sulla pagina della cronaca dei giornali, pochi le leggevano, il Male era probabilmente molto più diffuso e praticato di ora, ma era silente. Gomorra è una fiction dove non c’è riscatto, non c’è speranza, solo sangue e odio, e sono certo che, una volta che ti alzi dal divano televisivo, pensi che quella robaccia lì non ti appartenga neanche un po’. Anche Totò Riina deve averlo pensato.
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/gomorra-grande-bugia
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