La
mia Favola con Renato Zero.
di
Piero Montanari
“Caro
Renato, cosa c'era ieri (sabato
17 settembre 2016 ndr)
una partita della Nazionale di calcio, che quasi 21 italiani davanti
alla tv erano incollati su Rai1? No, c'eri tu, con Renato Zero si
racconta... Bellissimo! Ti abbraccio, amico mio”
- e lui: “E
pure questa pagina è scritta, caro Piero. Baci Re.”
Questo
che svelo è il contenuto del messaggio wathsapp tra me e Renato Zero
il giorno dopo di Arenà, il suo concertone all'arena di Verona che
raccoglieva il meglio di tre serate tenute a giugno dall'artista
nella città scaligera.
Non
voglio comunque parlare del bel concerto, che ho visto volentieri e
anche con molta curiosità, considerato che non avevo mai assistito
ad una sua lunga esibizione dal vivo, se non anni fa, quando fui
invitato proprio da lui ad uno degli otto appuntamenti a Villa
Borghese a Roma, in occasione dei suoi 60 anni. C'erano molti
giovani, come a Verona, ma fui anche sorpreso di essere circondato da
vecchi sorcini dai capelli bianchi che cantavano a squarciagola le
sue canzoni, ricordandone perfettamente tutti i versi, in una sorta
di “Villa Arzilla pop-rock”. Capii così che il suo popolo era
cresciuto ed invecchiato insieme a lui e non l'aveva mai abbandonato.
Sono
passati una quarantina d'anni, dopo che la nostra amicizia e
collaborazione si erano stranamente interrotte. Avevo suonato nel suo
LP d'esordio con la Rca, "No Mamma, No" e avevamo anche
iniziato a scrivere canzoni insieme. Una di queste, "La favola
mia", è diventato un brano tra i suoi più popolari e quello,
secondo me, che lo rappresenta di più, almeno per gli esordi.
Eravamo davvero grandi amici molto tempo fa, uscivamo in comitiva
insieme con le sorelle Bertè, Loredana e Mia Martini (solo Mimì per
noi) in giro per locali di Roma, sigarette e passaggi in auto per
Renato, sempre a scrocco, direzione Montagnola, il quartiere dove
viveva.
Bella
storia, che ha anche ricordato a Verona, facendo cantare ad Elisa
“Almeno tu nell'universo” la canzone di Mia in omaggio alla
nostra vecchia e sfortunata amica, grandissimo talento musicale. Poi
Renato ebbe un successo travolgente, meritatamente, ostinatamente,
come rivela egli stesso al suo alter ego nel programma, Sergio
Castellitto, con la sua grande capacità di non mollare mai, di
beccarsi i no, e qualche volta gli insulti, che per anni il mondo
discografico gli ha comminato, sempre però sostenuto dalla voglia di
rivalsa dalle sue origini poverissime, unita a quel talento
straordinario che ha avuto nel comunicare se stesso e la sua anima
popolare alla gente. E suo padre, il poliziotto della Montagnola, che
gli apriva la porta alle 5 del mattino senza chiedergli dove fosse
andato, sapendo che un giorno o l'altro Renato ce l'avrebbe fatta.