PER I 70 ANNI DI ROBERTO
di Piero Montanari
Era il 1979, ricordo pure che era estate, e venni invitato, col mio fedele basso, a fare un turno di registrazione allo studio MAMMOUTH a via del Casale Lumbroso, una strada di campagna a 13 km dal centro di Roma percorrendo la via Aurelia, quella che porta al mare di Fregene. Quello studio prima si chiamava CHANTALAIN ed era stato creato, proprio in un bel casale rustico, dall’amico di sempre, Bobby Solo (il nome dello studio derivava dalla crasi dei nomi dei suoi due figli, Chantal e Alain). Dopo un po’ di tempo venne rilevato da Gianni Plazzi, un simpatico imprenditore e produttore romano, che ne fece un luogo di importanti registrazioni musicali di quegli anni. Una volta andai lì per un lavoro e Gianni mi prese in simpatia (forse gli piaceva pure come suonavo, immagino) e spesso mi chiamava per le sue produzioni musicali. Quella volta mi chiamò e mi disse che c’era da fare un disco per un artista che faceva l’attore e non il cantante. Non mi rivelò chi fosse, forse per sorprendermi. Fu così che iniziai a scaricare l’amplificatore e ad accordare il basso, dopo aver salutato gli altri musicisti della ritmica (non mi ricordo se alla batteria ci fosse Derek Wilson o Massimo Buzzi e alle chitarre Luciano Ciccaglioni. Suonavo spesso con loro e i ricordi si annebbiano un po’. Probabile che il direttore dell’esecuzione fosse il Maestro Gianni Mazza, ma i 43 anni passati da quel giorno non aiutano). Mentre continuavo ad approntare i miei strumenti, si aprì la porta dello studio ed entrò ROBERTO BENIGNI, che già era famosissimo per le sue apparizioni a l’ALTRA DOMENICA, o per il Film BERLINGUER TI VOGLIO BENE del 1977, o per VITA DA CIONI, una raccolta per la televisione degli applauditissimi monologhi teatrali con cui Roberto metteva in scena, a partire dal 1978, il sottoproletario Mario Cioni, che si esprime con furiose invettive contro tutto ciò che lo circonda, trasmissione voluta dal suo “scopritore” Giancarlo Governi. Benigni entrò nello studio ridendo come suo solito e dicendo ad alta voce: “Oh ragazzi, con questo disco di sicuro guadagnerò i soldi per le sigarette!” Poi guardai la partitura e lessi il titolo del brano, “L’INNO DEL CORPO SCIOLTO”. E ancora non avevo capito… Iniziammo a provare il brano, con Roberto dalla regia che cantava per farci una voce guida che ci arrivava direttamente nelle cuffie. Dopo i primi versi della canzone che non conoscevo…
È questo l’inno-o
Del corpo sciolto
Lo può cantare solo chi caca di molto
Se vi stupite
La reazione è strana
Perché cacare soprattutto è cosa umana.
Noi ci svegliamo e
Dalla mattina
Il corpo sogna sulla latrina
Le membra posano
In mezzo all’orto
è questo l’inno
L’inno sì del corpo sciolto.…
smettemmo tutti di suonare e Iniziammo tutti a ridere senza poterne fare a meno (i francesi lo chiamano “fou rire”) e faticammo a riprendere la registrazione, perché Roberto non la finiva di chiosare e giocare con le parole, benedetto genietto, vecchietto, che il cielo ce lo conservi a lungo così!