giovedì 30 marzo 2017

Perché sono della Roma



E poi mi chiedono perchè sono un tifoso della Roma. In queste poche righe viene raccontato mio padre, Memmo Montanari, capo tifoso ante litteram (ma anche post marcia) giornalista, fondatore dei circoli Attilio Ferraris e del settimanale "Il Giallorosso". Prima di chiamare "mamma" probabilmente ho detto "Roma".


https://books.google.it/books?id=u14dAgAAQBAJ&pg=PT253&lpg=PT253&dq=memmo+montanari&source=bl&ots=Z0Kto6fosx&sig=hKVii39UElqIQWFD0FqDM-lrufg&hl=it&sa=X&ei=QCo3U5bzBKrJ4gSls4CQAg#v=onepage&q=memmo%20montanari&f=false

venerdì 24 marzo 2017

Un gioco al massacro: ecco perché difendo Paola Perego


(di Piero Montanari- pubblicato su Globalist.it)

Tornando sul caso del programma di Paola Perego "Parliamone sabato", chiuso dalla Rai perché nell'ultima tragica puntata si parlava del fascino delle donne dell'est Europa e perché un uomo avrebbe dovuto scegliere loro piuttosto che una donna italiana, mentre dietro al parterre, composto dalla conduttrice Perego, dall' ex Miss Italia Manila Nazzaro, dal direttore di Novella 2000 Roberto Alessi, da Marta da Flavi e Fabio Testi, compariva una scaletta numerata con i motivi davvero un po' ridicoli.

Si elencava maldestramente perché, dopo partorito, le donne dell'est recuperano un fisico prefetto, o che sono sempre sexy e mai con i 'pigiamoni' in casa (sic!), che perdonano i tradimenti del loro uomo e lo lasciano comandare, che sono delle perfette casalinghe sin da piccole, o che non si lamentano o tengono il broncio. Insomma, un vero sciocchezzaio intriso di luoghi comuni da far rabbrividire anche il più tradizionalista dei telespettatori, cose talmente imbecilli da non poter essere prese neanche un attimo sul serio. Mi è capitato di vedere la trasmissione in diretta proprio nel momento incriminato e ho subito pensato che stessero scherzando davvero, che la questione posta non dovesse essere reale e che fosse un gioco inventato dagli autori in maniera maldestra.

Nessuno – mi sono detto – può essere così scemo da credere che stiano facendo sul serio, altrimenti sarebbe la fine, stanno sicuramente giocando; la Perego fa televisione da una vita e credo sia una seria professionista, che piaccia o meno”. Poi è iniziata la levata di scudi, l'indignazione generale sui social e il conseguente gioco al massacro. Lo sdegno femminista ha levato il suo urlo più forte contro il programma e contro la “povera” Perego, tanto che il il d.g. della Rai Campo Dall'Orto ha dovuto chiuderlo mandando tutti a casa, autori e conduttrice, motivandolo con un problema di “incoerenza col servizio pubblico” ma sollevando stranamente il direttore di Rai1 Fabiano da responsabilità e dal fatto che sapesse di cosa trattava la puntata, fatto che a me pare piuttosto improbabile.


"Mi hanno messa in mezzo", "è qualcosa di molto più grande di me", "hanno usato me come potevano usare forse qualcun altro. Forse è scomodo mio marito Lucio Presta" ha detto con la voce continuamente rotta dal pianto Paola Perego, che ha parlato per la prima volta dopo le polemiche in un'intervista andata in onda a Le Iene. Il filmato, che si può vedere su You Tube, è umanamente toccante e la conduttrice sembra molto disorientata e sofferente. Non ho particolari simpatie per la Perego, ma mi sembra che si sia fatta una tempesta in un bicchiere d'acqua, e guardando Rai1 nei programmi pomeridiani si ha spesso la sensazione che il limite della decenza venga sovente superato. 

lunedì 20 marzo 2017

Gli 80 anni di Carletto Mazzone, Magara altri 80!

(di Piero Montanari)



Se dovessimo cercare l'interprete perfetto della commedia umana del calcio, questi sarebbe solo lui, Carlo Mazzone, romano trasteverino, detto er Sor Carletto ma soprattutto Er Magara, per via di quell'uso nella vecchia lingua romana di stravolgere qualsiasi finale di parola. Il 19 marzo compirà 80 anni, quasi tutti dedicati allo sport che ha praticato prima come centromediano nella Spal, nel Siena alla Del Duca Ascoli, e nella sua amata Roma, poi come allenatore in quasi tutte le squadre italiane di provincia, e anche alla stessa Roma, dal 1993 al 1996, alla Fiorentina, al Napoli, al Cagliari, al Bologna. Spesso veniva chiamato non per vincere i campionati, ma per salvare le squadre in difficoltà, col suo gioco intelligente e il suo piglio da condottiero senza macchia e senza paura, soprattutto di mandare chiunque e in qualsiasi momento a quel paese.

La commedia del calcio che ha recitato Mazzone ti fa subito venire in mente una pagina dei Ragazzi della via Pàl di Ferenc Molnàr, un calcio giocato nel cortile pieno di pozzanghere, con i cappotti a segnare le porte e col proprietario del pallone che faceva le squadre, quando il pallone era non quello a spicchi di cuoio, roba da ricchi, ma un rotolo di stracci o un barattolo di pomodoro. Mazzone rappresenta tutto il bello di questo sport che lui è riuscito forse più ad insegnare che a giocare: furbo come una volpe, tattico, sparagnino, il vero rappresentate del pallone italico, meno fortunato di Trapattoni, ma molto simile per certi versi, della stessa pasta, nei gesti e nelle pantomime che fanno parte dei nostri ricordi e del comune immaginario. Come quella volta che il suo Brescia stava perdendo 3-1 contro gli storici rivali dell’Atalanta, il 30 settembre 2001 e lui iniziò ad essere pesantemente insultato dai cori degli ultras. Fa il 3-2, e Carletto pregusta il colpo grosso pensando: «Se famo er tre pari vado sotto 'a curva dell’Atalanta». Detto, fatto: Baggio pareggia i conti e Mazzone, incontenibile, festeggia sotto la curva dei rivali a cui dice di tutto e che gli dicono di tutto.
Record di 795 panchine in serie A, è adorato sia dai romanisti ma anche dai Laziali, che vedono in lui l'allenatore che permise loro di vincere lo scudetto, quel 14 maggio del 2000 in una giornata piovosissima nella quale, seduto sulla panchina del Perugia, batté la Juventus per 1 a 0. togliendole così lo scudetto praticamente quasi vinto e assegnandolo alla Lazio. Proprio lui, romanista fino al midollo, ma fino in fondo a recitare la sua parte, ineffabile grande burattinaio di questa incredibile commedia umana che è il calcio.



giovedì 16 marzo 2017

Supergulp! i Fumetti in Tv, la storia di quando scrissi le musiche


Quarant’anni fa andava in onda su Rai 2 la prima puntata di un programma televisivo che rivoluzionò totalmente il concetto di fruizione dei cartoni animati e dei giornalini a fumetti, che fino a quel momento erano state due espressioni culturali distinte, anche se una nasceva dall'altra. Fu grazie al genio intuitivo e creativo di una squadra di autori composta da Giancarlo Governi, Guido De Maria e Bonvi che fumetti e cartoni si incontrarono in uno straordinario “matrimonio”, celebrato in Tv alle 20:40 di martedì 15 marzo 1977, che conobbe un successo la cui eco è arrivata fino ad oggi, così potente da non doversi spegnere mai. Il meccanismo era semplice come tutte le cose geniali. I fumetti venivano animati a 'passo uno' (soggetti con movimenti molto schematici) con le voci di bravissimi doppiatori fuori campo a leggere il contenuto della nuvoletta, piccoli zoom e leggeri movimenti della macchina da presa, il tutto commentato da musiche ed effetti. Sembra facile a dirsi, ma era davvero un'idea fantastica.

E io cosa c'entro con le musiche di Supergulp? Per mia fortuna ci sono entrato, ed ecco la piccola storia di un incontro... fatale. Giovane musicista, a metà degli anni '70 mi ritrovavo spesso a mangiare alla mensa di uno stabilimento cinematografico sulla piazza di San Giovanni e Paolo al Celio, lo storico Safa Palatino, a poche centinaia di metri da piazza del Colosseo dove ero nato e vivevo. La proprietaria dello stabilimento Tatiana Morigi, bravissima montatrice di grandi attori e registi tra i quali Alberto Sordi, divenne mia buona amica e, tra una polpetta al sugo e l'altra preparate dall'ottima signora Marcella, mi rivelò un giorno la presenza alla Safa di “un pezzo grosso della Rai”, Giancarlo Governi che proprio lì stava montando con Sordi Storia di un Italiano. “ Dai Piero – mi disse - te lo presento così per te che suoni e fai il musicista si potrebbe creare un'opportunità di lavoro, di collaborazione.”

Avevo iniziato da pochi anni a scrivere musica per immagini, e proprio in quel periodo era uscito il mio primo lavoro di sonorizzazione per la tv, un disco di rock progressivo pieno di atmosfere interessanti, che consegnai prontamente a Governi con la preghiera di ascoltarlo. Qualche giorno dopo ci ritrovammo per mangiare alla mensa di Marcella, e lui mi disse testualmente: “Il suo disco mi è piaciuto molto, le andrebbe di lavorare per un programma che sto per iniziare?” Quel programma era proprio Supergulp!, e Giancarlo mi stava praticamente offrendo, non su un piatto d'argento, bensì davanti ad un piatto di buonissime polpette al sugo, la possibilità di partecipare ad un glorioso pezzo di televisione che fece storia.

Ovviamente non mi feci scappare l'opportunità e fu così che composi le colonne sonore per Spiderman, I Fantastici Quattro, Thor, Sturmtruppen di Bonvi, Lupo Alberto di Silver ed altri cartoni animati che apparivano nel programma, e iniziai da quel momento una stretta collaborazione con Giancarlo Governi, sfociata in un'amicizia che dura ancora da quel giorno.



lunedì 13 marzo 2017

La Rca e la "cattiva musica"


La Rca, in anni in cui si doveva fare solo "cultura alta", pubblicando Lp di artisti pop non politicizzati (che poi furono un'invenzione del direttore artistico e sommo capo Ennio Melis), nel cellophane che avvolgeva la copertina, c'era un foglietto volante prestampato che citava la fomosa frase di Proust sulla cattiva musica: "Detestate la cattiva musica, non disprezzatela. Dal momento che la si suona e la si canta ben di più, e ben più appassionatamente, di quella buona, ben di più di quella buona si è riempita a poco a poco del sogno e delle lacrime degli uomini. Consideratela per questo degna di venerazione." Si voleva giustificare in qualche modo la produzione di un disco "non politico". Stavamo messi malissimo!

lunedì 6 marzo 2017

La triste vecchiaia di Paolo Villaggio

Si fa fatica a riconoscere oggi Paolo Villaggio, il grande attore comico, creatore di una delle maschere satiriche più intelligenti e divertenti degli ultimi 50 anni, il ragionier Fantozzi, che tra libri e film ci ha fatto ridere amaramente per decenni col suo sfortunato impiegato a cui crolla sempre addosso la vita.

Fatichiamo a riconoscere in questo attore, oggi malato di tristezza e dallo sguardo pieno di malinconia, il professor Kranz, prestigiatore cattivo e disumano, che insultava gli spettatori correndo tra le scale televisive di Quelli della domenica. Una comicità nuova si disse, paradossale, iperbolica, una comicità mai vista prima di Villaggio, che condensava con un lessico televisivo e cinematografico assolutamente fuori dagli schemi, un modo rivoluzionario di essere attore.

Oggi a lui, ormai 85 enne, è difficile leggergli nello sguardo queste straordinarie doti che ce lo hanno fatto amare per tanto tempo. E' vero che la vecchiaia, come diceva Philip Roth, non è una battaglia ma un massacro, ma la cattiveria proverbiale di Villaggio sembra essersi trasformata in una triste bonarietà, circondato dai suoi 120 chili trattenuti a stento nei suoi caffettani che ormai sono la sua divisa d'ordinanza.

Mi si è stretto il cuore vedendolo implorare un po' di vicinanza a suo figlio Pier Francesco detto Piero, che di dolori deve avergliene dati parecchi, ma che ora ha scritto un libro e cerca in televisione un momento di visibilità. Dice di suo padre che è un vecchio egoista megalomane, che è stato assente per tutta la vita e che mai si è curato di lui, che di bisogni ne aveva a iosa, in una vita piena di travagli, tra viaggi iniziatici in India e in America e periodi di disintossicazione dalle droghe e dall'alcol a San Patrignano.

In una di queste sue apparizioni, da Barbara D'Urso, mentre sponsorizzava il suo libro dal titolo profetico “Non mi sono fatto mancare niente” (Mondadori), Piero Villaggio ha mostrato un video dov'era con suo padre che lo implorava quasi piangendo di stargli vicino, di non abbandonarlo, di vedere una partita di calcio in televisione o mangiare qualcosa insieme, in un momento umanamente davvero triste, uno di quelli che vanno per la maggiore nelle trasmissioni “gossippare” nelle quali si indulge e si fa scempio del dolore altrui.


Villaggio me lo voglio ricordare cattivo e intelligente, temuto per i suoi giudizi tranchant e un po' stronzo, colto e grande attore con Fellini e Ermanno Olmi, anche se ormai, per dirla ancora come Roth, la sua battaglia si sta trasformando in un massacro.

Buon compleanno Lucio Battisti, ci sarebbe piaciuto un duetto con Dalla.



Lucio Dalla, 4 marzo 1943, Lucio Battisti 5 marzo 1943: a distanza di poche ore nascevano 74 anni fa due tra i più grandi e innovativi autori di canzoni della musica italiana, e due grandi cantanti: Dalla con una straordinaria voce ricca di doti tecniche, e Battisti, che esprimeva un canto afono ma rivoluzionario e modernissimo. Chissà, se fossero vivi avrebbero potuto festeggiare insieme questo straordinario compleanno, magari con uno show che solo immaginarlo mi fa venire i brividi, lo spettacolo degli spettacoli. Una fantasia impossibile però, e non solo perché non ci sono più i due grandi protagonisti di questo show.

Lucio Battisti da Poggio Bustone, un paesino dell'alto Lazio ricco di uliveti, a quello show immaginario non avrebbe mai partecipato. Se ne andò molto prima della sua morte fisica, smettendo di esibirsi in pubblico come la collega e amica Mina, che però non mancò mai di regalarci canzoni. Lucio si allontanò definitivamente dalle scene e non volle più tornarci, fino alla morte avvenuta a 55 anni il 9 settembre del 1998. Ricordo la sua ultima apparizione in video, il 4 luglio 1980, in una trasmissione della tv svizzera, nella quale cantò, qualcuno sostiene per una scommessa, Amore mio di provincia, e dove si vede il cantautore ingrassato e irriconoscibile.

Ereditiamo però dal rivoluzionario autore delle “mogoliane” Acqua azzurra acqua chiara, Non è Francesca, Emozioni, ma anche delle “panelliane” Hegel o Don Giovanni, un lascito di decine di brani straordinari, immortali, patrimonio indiscusso della nostra cultura musicale e anche repertorio per tanti artisti che hanno riletto, risuonato e ricantato le sue Opere.

Triste seguito ha avuto la “vita” di Battisti anche dopo la sua morte, allontanato, nascosto da tutti e protetto come la reliquia di un santo intoccabile dalla sua vedova Grazia Letizia Veronese, in un protezionismo al limite dell'ossessione. Nulla si poteva fare a suo nome e con le sue canzoni, un ricordo, una trasmissione televisiva, un festival, senza doverle chiedere (talvolta anche giustamente) il permesso e quasi mai ottenendolo. Almeno fino a quando il tribunale di Milano non si pronunciò lo scorso luglio, dopo quasi vent'anni di una causa intentata da Mogol contro Acqua Azzurra Srl, condannando la signora Veronese come amministratrice della società, ad un risarcimento di 2,6 milioni di euro, ma condannando soprattutto l'ostracismo estremo opposto dalla vedova all'uso delle canzoni di Battisti. Insomma, basta “robba mea”, non si tocca!

Per questo voglio ricordare, nel giorno del 74esimo compleanno del grandissimo Battisti, un altro grandissimo, Fabrizio De Andrè, che invece ha avuto in sua moglie Dori Ghezzi, la più generosa divulgatrice della sua opera. Decine sono ogni anno i festival a suo nome e centinaia le cover band che suonano le sue canzoni, senza che questo divenga motivo di querele e diatribe legali. La musica del grande Lucio, come quella di Dalla e di Faber, appartiene a tutti e ci sopravviverà nel tempo, cara Letizia, come può uno scoglio arginare il mare?



mercoledì 1 marzo 2017

Dj Fabo e il sarcofago di carne



(di Piero Montanari)

Almeno riuscissi a vedere uno spiraglio di luce... nulla... mi addormento con questo buio pesto e mi sveglio che è ancora più buio, anche se ho scoperto che il buio ha delle sfumature di nero, interrotte da lame di luce che sono solo un ricordo, un gioco ingannevole della memoria. I miei sensi non ci sono più, posso solo ascoltare le voci, la musica, ma quella non mi conforta, mi fa male ancora di più.
In questi maledetti tre anni, da quella sera dell'incidente, posso solo ricordare... ah i ricordi, ho solo quelli e null'altro! Ritornavo da quella serata in discoteca, dove avevo suonato bene. Suonato... mi piace dire “suonato”, così faccio incazzare i musicisti, perché loro ci considerano poca cosa, ci giudicano a noi dj dei finti musicisti che “suonano” la musica che altri scrivono. Che si fottano, io la musica la suonavo davvero, la trasformavo, ero un grande, ero!
Il telefonino... mi era caduto il telefonino in macchina, avevo appena parlato con Valeria, la mia Valeria dolcissima, ero senza cinture di sicurezza (da figo qual' ero non le mettevo mai, figurati, io che sfidavo la vita ogni giorno) e andavo pure bello veloce, troppo veloce... mi sono inchinato a raccoglierlo, che testa di cazzo sono stato, e poi la sbandata... il botto, e che botto! Non ricordo più nulla dopo, e mi sono svegliato imprigionato in un sarcofago di carne, in un corpo morto e inutile, il mio, mentre il mio cervello va che è una spada, purtroppo!

Proprio io che ero l'emblema della vita, della gioa di vivere e della salute, ma per fortuna ora sta per finire, ora che grazie a Marco, a Valeria, ai miei cari e a tutti quelli che mi hanno aiutato ad arrivare sin qui in Svizzera alla clinica Dignitas, potrò mordere quel pulsante che mi libererà da questo maledetto sarcofago di carne e mi restituirà la libertà. E se non ci riesco? Vorrà dire che tornerò a casa portando un po' di yogurt, visto che qui in Svizzera è molto più buono. Ma che cretino sono, scherzo pure in punto di morte, ma scherzo perché sono felice per la prima volta dopo tre anni d'inferno.”


“Ah, un'ultima cosa: fate in modo che la mia morte sia servita a qualcosa, ricordatevi di mettere sempre le cinture di sicurezza, ok?”