martedì 23 aprile 2013

Elezione del Presidente della Repubblica: "Una giornata particolare"

di Piero Montanari
Ieri è stata una giornata a dir poco infernale per tutti i democratici, senza alcun dubbio, e la mia non è stata da meno, cominciata in modo fantozziano, circondato com'ero da tutti i media possibili in attesa di assistere all'elezione del Presidente della Repubblica: televisore 'multitasking', iPhone, iPad, iRadio. "Hai visto Bersani le cazzate che ha fatto? Ci vuole un talento particolare a sbagliarle tutte come lui!" Questo il primo post su facebook.

Ore 10, mi affaccio guardingo davanti alla TV e inizio ad assistere impotente alla cupio dissolvi di un partito politico che era stato il mio punto di riferimento per tutta la vita, e parte il secondo post su fb: "Che triste fine Bersani! Ad essere così incapaci come lui a leggere una realtà politica che gli stava cambiando intorno, ci vuole un talento particolare. Ha perso tutto quello che c'era da perdere, meno lo spessore politico che, visti i fatti, sembra essere poca cosa. Ma soprattutto ha "bruciato" il nostro tempo che non abbiamo davvero più. Torni presto a fare il presidente della coop viticoltori romagnoli, please."

Mi rendo conto di essere stato forse troppo duro nel giudizio, ma sono molto arrabbiato con lui, che continua ad essere considerato solo una persona perbene, che in politica, mi pare, vale come il due di coppe quando regna bastoni. Qualcuno risponde al mio post e addirittura mi dice che Bersani è arrogante. "Più che l'arroganza, che mi pare sia il difetto meno evidente di Bersani - gli dico - risalta lo spessore strettamente politico dell'uomo, che è davvero sconcertante. Era partito con 12 punti sopra il PdL ed è riuscito a mangiarsi tutto il grano in cascina! Ripeto, ci vuole un grande talento (a spararsi sui gioielli di famiglia)."

La giornata scorre incollato sul divano e sullo speciale di Rai Tre, condotto dall'algida Bianca Berlinguer che mi sta sempre un po' antipatica, ma che sembra migliorata sensibilmente nella conduzione: sorride meno sarcasticamente, non dà più sulla voce ai suoi ospiti e lascia parlare, è più lineare, meno ansiogena. Forse ha ascoltato i consigli di qualcuno, non certo i nostri.

E i grillini con Rodotà - mi scusino davvero - ci hanno un po'sfinito, continuano a ripetere il suo nome come un mantra. E pensare che stimavo l'austero Stefano, e ora me lo stannorendendo indigesto. Ma che vogliono? E' chiaro che vogliono appuntarsi sul petto la medaglia dell'elezione del Presidente della Repubblica, 'sti furbetti! Avranno pensato, i Casagrillo "Ora suggeriamo un nome che il Pd non può rifiutare perchè è dei loro, così li freghiamo un'altra volta e facciamo l'en plein."
E questo dopo aver fatto fare al povero Bersani una figura di melma in streaming all'incontro con i due simpaticoni, Crimi & Lombardi. Impossibile accettarne un'altra così grande da smacchiare, anche per uno perbene come lui.

E di fatti la giornata si conclude con l'elezione di Napolitano bis, le dimissioni di mezzo Pd e l'annuncio di una agghiacciante marcia su Roma da parte di Grillo, poi fortunatamente e intelligentemente abortita. Rispondo stremato ad un post su facebook che mi domanda cosa succederà ora. "Se non sono imbecilli - rispondo - sfrutteranno questo forse "mini settennato" (alla fine del mandato ne avrebbe 93) per rifare la legge elettorale, compresa l'elezione del presidente e poi via, con le parti rinnovate. Siamo in uno stallo drammatico e pericoloso e Napolitano può essere - come è stato - una figura di riferimento per quel che potrà, vista l'età.

La giornata è stata dura, vado a letto. Continuano i pensieri in libertà: però Rodotà, dal punto di vista dell'Inno di Mameli sarebbe stato il Presidente più giusto, lo dico da musicista: avete presente, alla fine della prima strofa, come fa la parte orcherstrale prima di attaccare l'inciso? "RODOTÀ... RODOTÀ... RODOTÀ TÀ TÀ TÀ TÀ... Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta, dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa... etc".
Spengo la luce che è meglio. 

martedì 2 aprile 2013

Addio a Califano, cantautore timido.

di Piero Montanari
Apprendo solo ora della morte di Franco Califano, avvenuta poche ore dopo quella di Enzo Jannacci. Si potrebbe dire che due estremi della canzone italiana si sono incontrati nell'unica strada possibile, quella della morte.

Eppure Franco, classe 1938, cantautore e sciupafemmine, non ostante certe apparenze che lo condannavano ad una esistenza all'interno di un personaggio difficile, disincantato e superficiale che si era costruito, era un poeta, e di quelli veri.

Il Maestro (così veniva appellato da tempo) aveva scritto qualche centinaia di canzoni bellissime per i più grandi artisti italiani: da Mina a Ornella Vanoni, da Mia Martini a Peppino di Capri, dai Vianella a Bruno Martino, e tutte canzoni che sono rimaste dei classici nel cuore della gente che le amava: E la chiamano estate, Minuetto, La nevicata del '56, Una ragione di più, La musica è finita, Semo gente de borgata ed anche I sogni de Purcinella, scritta insieme a me per il duo nascente de I Vianella, (Wilma Goich ed Edoardo Vianello) che per un periodo ebbero un sucesso strepitoso.

Ma molte ne scrisse per sé Franco, quando superò la paura del pubblico e la sua - difficile da credere - timidezza e ritrosia. E anche là ero presente, perché suonai al suo debutto come cantautore alla Bussola di Bernardini, nell'estate del 1975, in una serata memorabile dove suonammo gran parte del repertorio che lui aveva scritto per tutti i suoi amici artisti.

Da quel momento ebbe la strada in discesa, non ostante i tempi non gli si confacessero. Erano gli anni del cantautorato di sinistra e lui, da sempre liberale e anticomunista, faceva fatica a trovare spazi lavorativi, anche perché si contornava di amicizie "difficili" come quelle di alcuni detenuti conosciuti in seguito al suo arresto, avvenuto nel 1983 per questioni di droga, e per la qual cosa chiese sostegno e aiuto proprio a quel Bettino Craxi che ammirava e che gli divenne in seguito amico.

Non più di un anno fa chiese al governo che gli fosse riconosciuta la legge Bacchelli, legge che sostiene, con un assegno mensile, gli artisti importanti del paese che versano in condizioni di disagio economico. Fu concessa, come molti di noi ricordano, a Umberto Bindi, che non potè goderne perché morì subito dopo, o a Elsa Morante, la grande scrittrice de La Storia.

Non saprei dire perché non gli venne riconosciuto il vitalizio, sta di fatto che Califano aveva davvero difficoltà economiche, avendo vissuto sempre "alla grande" e al di sopra delle sue reali possibilità economiche, vittima di sé stesso e del suo personaggio sopra le righe.

Ci sentivamo ogni tanto e sapevo che la sua salute era diventata molto fragile, anche se lui non ne parlava volentieri. Franco era malato da tempo, e si è spento nella villa di Acilia, alle porte di Roma, dove abitava da qualche tempo. Solo pochi giorni fa si era esibito per quella che sarebbe stata la sua ultima apparizione pubblica, al Teatro Sistina di Roma.