lunedì 17 aprile 2017

Come Boncompagni ha rivoluzionato il linguaggio di radio e tv


Piero Montanari
16 aprile 2017
E' morto a 84 anni, a Roma, Gianni Boncompagni, uno tra i grandi innovatori dello spettacolo italiano che, soprattutto insieme a Renzo Arbore, scrisse e condusse trasmissioni radiofoniche di grandissimo successo. Fu autore e regista a tutto tondo, dalle canzoni (Ragazzo triste di Patty Pravo, Tuca tuca della Carrà, solo per citarne due tra le più note) ai programmi televisivi di grande impatto popolare dei quali fece anche la regia, come Pronto Raffaella?, Domenica In, Non è la Rai, Carramba.
Quello che sorprende di tutto il lavoro autoriale di Boncompagni è stata la sua capacità di sovvertire il linguaggio del mezzo che utilizzava di volta in volta per adattarlo alla sua cifra artistica, al suo stile, rompendo qualsiasi schema convenzionale col suo linguaggio rivoluzionario e surreale.
E fu proprio questa rivoluzione della radio che, come uno tzunami che tutto spazza via, andò in onda il 7 luglio 1970 con la prima puntata di Alto gradimento, che Boncompagni inventò insieme a Renzo Arbore e un affiatato gruppo di amici strampalati tra cui Giorgio Bracardi, Mario Marenco, Franco Bracardi. La trasmissione non aveva nessuna struttura né filo logico, solo la musica (sempre molto attuale) che veniva interrotta dall'intervento casuale dei personaggi inventati dagli autori. Il professor Aristogitone, Max Vinella, Catenacci, il figlio di Manuel, il dottor Marsala, la Sgarrambona, lo Scarpantibus e molti altri, entravano e uscivano dalla trasmissione con i loro interventi assolutamente demenziali, talmente esilaranti che diventarono linguaggio comune, un lessico che si sparse – oggi diremmo come un virus – soprattutto tra i giovani dell'epoca. La trasmissione andò in onda per sei anni e cambio totalmente il concetto di come si faceva la radio.
Boncompagni fu soprattutto questo, uno che sparigliava, un caposcuola dell'altro modo di fare spettacolo, un grande “improvvisatore” dotato di eloquio veloce e di una forte ironia che era parte integrante di lui, capace di assoggettare qualsiasi persona ai suoi lazzi e alle sue prese in giro. Era “padrone” di sfottere chiunque senza farsi accorgere, un vero maestro della “supecazzola” e del “cazzeggio” goliardico che, proprio col suo degno compare Renzo Arbore, assurse alle vette più alte.
Un'altra invenzione straordinaria di Gianni Boncompagni fu il varietà Non è la Rai per le reti Fininvest (appunto, non è la Rai) che andò in onda dal '91 al '95 e divenne subito un fenomeno di costume di quell'epoca. Balletti, giochi telefonici e canzoni, erano tutti eseguiti da un gruppo di ragazze adolescenti, sexy, carine e ammiccanti, che divennero subito il sogno erotico di tutti gli italiani, lo stesso sogno erotico che Boncompagni, al quale piacevano non poco le ragazze giovanissime,  traspose in televisione. Fu il lancio nello spettacolo di moltissime starlet, tra le quali Ambra Angiolini, la conduttrice eterodiretta proprio da Gianni attraverso un auricolare.
Amato (ebbe un paio di matrimoni e tantissimi  flirt, tra cui una lunga storia con Raffaella Carrà) ma anche odiato (Mia Martini disse che fu lui a mettere in giro la voce che lei portasse sfortuna), Boncompagni rimarrà nella storia dello spettacolo per le sue straordinarie intuizioni che ne fanno un indiscusso caposcuola, soprattutto per suo il modo di fare radio, copiato dai vari epigoni che per la prima volta si mettevano davanti ad un microfono, in quella meravigliosa stagione degli anni '70 che sancì l'avvento delle radio libere.

venerdì 14 aprile 2017

I 50 anni di Sgt. Pepper, il più bel disco dei Beatles



di Piero Montanari

Dopo 50 anni dalla sua prima uscita, avvenuta il 1 giugno del 1967, rivede la luce quello che viene considerato il più bel disco dei Beatles, Sgt. Pepper's lonely hearts club band. Viene ripubblicato il 26 maggio, remixato a partire dai nastri originali a quattro piste ad 1 pollice, incisi su un registratore Studer 4 tracce (all'epoca il top della tecnologia dei multitraccia, ora ce ne sono infinite...) e tenendo come riferimento il primo mix mono, che era il preferito dai Beatles, sotto la geniale produzione di George Martin, scomparso lo scorso anno.

Il club dei cuori solitari del sergente Pepper, più che una raccolta di canzoni è un antesignano dei "concept album" del rock e del pop, quei dischi che avevano un unico plot sviluppato al suo interno. Eseguito da un immaginario gruppo di musicisti d'epoca vittoriana, venne considerato un'opera d'arte assoluta, il primo dei dischi pop per la rivista Rolling Stone tra i 500 più importanti della Storia. Con i suoi 32 milioni di album venduti (comunque un terzo di Thriller di Michael Jackson) rappresentò una svolta musicale del quartetto, anche per la qualità della scrittura delle canzoni e la complessità delle registrazioni, durate 129 giorni, per un totale di 700 ore e un costo di 25.000 sterline, una follia per il tempo. Un'orchestra d'archi diretta da George Martin, sovrapposizioni di ottoni, con corni francesi in primis, effetti sonori sorprendenti, la cura della registrazione e dei missaggi, giustificarono, tutto sommato, il lungo periodo in sala (lo studio Due della EMI di Londra) e i costi esosi.

I brani famosissimi, da With a Little Help from My Friends, Lucy in the Sky with Diamonds (si credeva che le iniziali del titolo mascherassero un inno all'acido lisergico, appunto con la sigla LSD, in realtà era un omaggio che papà John vide in un disegno del piccolo Julian Lennon dedicato ad una sua compagna di scuola), alla nostalgica e magnifica She's Leaving Home, o all'assoluto capolavoro di A Day in the Life, considerata da molti la più bella canzone dei Beatles, sono in realtà i ricordi struggenti messi in musica e poesia dell'adolescenza dei Fab Four a Liverpool. Da qui il "concept album" che la critica accolse con frasi come: "i Beatles sono riusciti a fare della musica pop qualcosa che si ascolta seriamente, e che si potrebbe trattare come qualsiasi altro tipo di espressione artistica" o " L'influenza di Sergeant Pepper sulla musica pop è stata enorme, in quanto questo disco avrebbe dato ispirazione a tutta una serie di album di altri musicisti, che ambiscono a proporsi come discorsi definitivi sulla condizione umana. Ci fu comunque qualcuno a cui il disco non piacque, e disse che i Beatles "erano come i vicini di casa, i ragazzi in cui tutti si sarebbero potuti identificare. Adesso, dopo quattro anni, si sono isolati personalmente e musicalmente. Sono diventati meditativi, introversi, esclusivi ed esclusi."

Va ricordato che due meravigliosi brani non trovarono posto nel disco: Strawberry fields forever e Penny Lane, che però uscirono come singoli nel febbraio del 1967. Questo venne definito testualmente da Georg Martin come "l'errore più grande della sua vita di produttore". Le due canzoni restaurate sono fortunatamente contenute nella nuova edizione del cinquantenario. Un'ultima annotazione va alla copertina del disco, che è un manifesto assoluto della nascente pop art, dalla grafica originalissima, e contenente tutta una serie di personaggi, importanti miti dell'adolescenza dei Beatles. Si riconoscono intorno ai Nostri Quattro (che sono rappresentati con divise vittoriane coloratissime): Albert Einstein, Marlon Brando, Karl Marx, Edgar Allan Poe, Sonny Liston, Lenny Bruce, Mae West e tantissimi altri, probabilmente il pubblico che i Beatles avrebbero voluto fosse il loro. Furono scartati dalla copertina Adolf Hitler, Gandhi e Gesù, immaginiamo per ragioni di opportunità. Ma tanto bastava perché, come disse una volta proprio Lennon, loro erano "i Beatles, più famosi di Gesù Cristo!"

martedì 11 aprile 2017

Facciamo Totò santo subito: ormai fa i miracoli

Totò Rap di Piero Montanari



Totò, vita, opere e miracoli è il nuovo e definitivo libro scritto da Giancarlo Governi sul nostro grande e amato Principe, uscito in concomitanza con i cinquant'anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 15 aprile del 1967. Nel volume di quasi trecento pagine edito da Fazi, si racconta la sua storia di uomo, quella del grande attore, ma anche dell'amore che Totò riesce ancora a raccogliere dopo un tempo così lungo dalla sua morte. In realtà la storia di Totò sembra quella di un santo laico, a cui la gente si rivolge con venerazione, chiedendo miracoli e offrendogli pensieri scritti e doni come ex voto.

Il libro, scritto con la consueta maestria da Governi, scorre veloce e attraversa un tempo straordinario, il tempo della storia di questo grande attore naturale, con una faccia asimmetrica e un corpo disarticolato, figlio di una donna del popolo e di un giovanotto di buona famiglia, spiantato e pieno di cognomi nobili. Attraverso questo tempo si ripercorre la malinconica magia di un mondo di artisti e di generi a cui Totò apparteneva e che egli stesso ha incarnato, quella di un modo di fare spettacolo che non esiste più, il varietè, il teatro di rivista con le ballerine e i comici, le macchiette, l'avanspettacolo che precedeva il film al cinema. E fu proprio quel cinema che poi lo catturò facendogli girare quasi cento film.

E' grazie a biografi come Giancarlo Governi che Totò non è morto definitivamente cinquant'anni fa. La riscoperta del grande attore è iniziata in sordina poco dopo la sua scomparsa, quando un paio di piccoli cinema romani iniziarono a programmare i suoi film con successo sempre crescente. E poi ancora Governi con i suoi programmi televisivi che vale la pena ricordare: nel 1980 realizza per la Rai “Il pianeta Totò”, trenta puntate dedicate al Principe, nel quale sono raccolte le testimonianze dei familiari e dei grandi artisti che lo hanno affiancato nel corso della sua carriera. Poi ancora negli anni novanta scrive la serie “Totò, un altro pianeta”, quindici episodi che vanno in onda nel 1993. Nel 1994 è la volta di “Tocco e ritocco”, dedicato alle “spalle” di Totò e in seguito “La vita del Principe Totò” e “Totò Cento”, mandato in onda per il centenario della nascita, e recentemente “Ritratti”, in due puntate. Ma nel libro c'è scritto questo ed altro, in un compendio che raccoglie la storia di vita e l'opera omnia di Totò.

Il 7 aprile alla libreria Feltrinelli della Galleria Sordi di Roma c'è stata la prima presentazione del libro, con Giancarlo Governi affiancato da un divertito e divertente Enrico Montesano (che a Totò deve tantissimo e che si è prodotto in esilaranti gag imitandolo perfettamente) e al giornalista Bruno Manfellotto che, da napoletano, ha raccontato la sua stima e il suo amore per Totò. Un trio che la gente ha apprezzato moltissimo, invadendo la sala principale e quelle adiacenti per assistere all'evento. Noi non potevamo certo mancare, sia come Globalist, per il quale Governi scrive editoriali di successo, sia perché siamo stati gli autori delle musiche di tutti i programmi che Giancarlo ha scritto per la Rai, la cui genesi viene raccontata proprio da me nel libro.
Un altro miracolo del Principe? Le decine di copie di Totò, Vita opere e miracoli a disposizione subito scomparse!












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