lunedì 16 marzo 2015

Il Guardiano del Faro presidente Siae e approdo degli Autori


di Piero Montanari

Come sappiamo da qualche settimana la Siae, Società Italiana degli Autori ed Editori, è senza presidente, dopo le dimissioni inderogabili di Gino Paoli, rassegnate a seguito delle spiacevoli e ben note vicende finanziarie che lo hanno colpito e dalle quali, ci auguriamo, possa dimostrare la sua estraneità.

Il 19 marzo in Siae si riunirà il Consiglio di Sorveglianza che avrà l'incarico, attraverso i suoi 34 consiglieri, di eleggere il prossimo presidente, scegliendolo tra i cinque componenti dell'altro consiglio, quello di Gestione, dopo l'uscita di Paoli e l'ingresso di Andrea Purgatori, proveniente a sua volta dal consiglio di sorveglianza.

La delicatezza del momento che sta attraversando la Siae, che presto dovrà recepire la direttiva europea 2014/26 che di fatto obbliga gli stati membri dell'UE a porre fine allo stato di monopolio che permette la concorrenza internazionale sulla gestione del diritto d'autore, imporrebbe la scelta di un presidente davvero super partes, che possa essere in grado di dare alla Società una veste più "moderna" e veloce, deburocratizzata ed informatizzata al massimo, per sostenere il confronto con una futura concorrenza che sappiamo agguerrita e pronta a tutto pur di associare proseliti.

Una nutrita e autorevole compagine di associazioni musicali, composta da autori, editori, scrittori dj, produttori musicali e quant'altro, ha indicato il M° Federico Monti Arduini come il candidato ideale per assumere questa presidenza Siae, in virtù delle sue qualità umane ed artistiche, e per l'esperienza straordinaria che lo contraddistingue, sia come autore che come editore, e che potrebbe portare come fondamentale contributo nella Società, per affrontare le prossime sfide di mercato.

La Siae ha bisogno di una presidenza che sia veramente sopra le parti, che sappia ricucire il rapporto con la base, sempre conflittuale e difficile per i tanti motivi che abbiamo spesso denunciato anche su queste pagine. Una presidenza, quindi, che sappia mettere insieme autori "ricchi" e meno importanti, piccoli e grandi editori, realtà diverse tra loro in una coesistenza semplificata da leggi corrette e sicuramente ecumeniche.

Si fa presto ad enunciare slogan come "la Siae è di tutti", ma sappiamo che la realtà è ben diversa e quindi, uniti come poche volte è accaduto nella storia delle associazioni degli Autori ed Editori, confidiamo nell'elezione di Federico Monti Arduini alla presidenza e - ci sia perdonata la facile battuta - come prossimo "faro guida" della Siae.

mercoledì 11 marzo 2015

Un'intervista attualissima di qualche anno fa...

Cultura e Spettacoli » Cinema» Cronaca Cinema

Colonne sonore: i premi alle musiche? "Sono un contentino" 

Il rapporto tra regista e musicista nella realizzazione di un brano e la poca attenzione della critica per le note dietro la celluloide. Piero Montanari, spesso "i compositori hanno un ruolo importante nel successo di un film". 

» Cronaca CinemaVito Tripi - 02/09/2009
Fonte: dal web 
Sergio Leone ed Ennio Morricone, Roberto Benigni e Nicola Piovani, George Lucas John Williams; da sempre il connubio artistico tra registi e compositori per la scelta e lo sviluppo di una buona colonna sonora decreta, spesso, il successo di un film.

Per cercare di capire cosa accade quandoregista e compositore si incontrano nel mondo di note dietro la celluloide, abbiamo parlato Piero Montanari, musicista è compositore che ha lavorato per il cinema, la televisione e il teatro al fianco di grandi artisti come Renato Rascel, Umebrto Lenzi, Claudio Baglioni, Antonello Venditti, Gigi Proietti e Wilma Goich. 

Piero, quali è la differenza nel pensare e comporre musica per il grande e piccolo schermo?"In realtà non ci dovrebbe essere differenza tra le due cose. Ho fatto musiche sia per sceneggiati per le prime serate di Rai1 e sia per i film per il cinema, come sai. L'unica cosa che ho sempre considerato è stata che il cinema per la televisione 'passa' una volta, magari viene replicato e finisce. Il film per le sale, anche se non di eccelsa qualità, ha una vita più lunga e poi, il più delle volte, finisce per essere pubblicato in Dvd ed essere riconsiderato a posteriori. Forse questo fatto un pò mi ha condizionato".

Il compositore Piero MontanariTu hai lavorato con due registi diversissimi tra di loro, Umberto Lenzi e Joe D'Amato, il tuo lavoro di compositore ha risentito delle loro personalità?"D'Amato e Lenzi sono due registi ognuno con la sua spiccata personalità, ma ambedue uniti da un modo fare cinema molto artigianale, con budget perlopiù bassi e l'intento di fare cassetta e non arte. La loro riscoperta postuma (Lenzi è ancora vivo e D'Amato è morto nel 1999) fa parte di una cultura in auge da qualche anno, che ha recuperato un cinema di serie B definendolo 'autorale', malgrado gli stessi intenti di chi lo realizzava, che tutto pensava meno di fare del cinema d'autore. 
Debbo dire che le mie collaborazioni con loro sono state simili da un punto di vista artistico. Con Aristide (Massaccesi-D'Amato) c'era un forte rapporto d'amicizia e di simpatia e la collaborazione è stata più intensa (oltre 40 film) e più articolata".

Attori, musicisti, registi non è mancato nulla nella tua carriera. Con quale tipologia artistica ti sei trovato meglio?"Con Aristide ho lavorato sempre piacevolmente. Per la televisione sicuramente Giancarlo Governi con il quale ho realizzato e realizzo ancora programmi di grande interesse culturale e spettacolare. Da un pò di tempo facciamo insieme 'Ritratti' per la Rai e la nostra collaborazione, diventata vera amicizia, dura da oltre trent'anni. Tra gli artisti con cui ho suonato, sicuramente Claudio Baglioni con il quale, pur senza più collaborare, sono ancora in amicizia. Ricordo con affetto anche Rino Gaetano a cui ho prodotto il primo disco insieme a Venditti. E poi Gigi Proietti e molti altri. C'è stato sicuramente qualcuno con cui sono stato male e con il quale il rapporto non ha funzionato, ma preferisco ricordare i...buoni".

Secondo te le musiche nei film vengono valutate abbastanza sia da critici e spettatori?"Ricordo sempre una frase che mi disse un collega 'Ti accorgi che la musica in un film funziona quando non ti accorgi della musica'. In realtà è un paradosso che però ha la sua forte verità. La critica ha sempre parlato poco della musica da film, forse in virtù del paradosso che ti ho citato. Spesso, nelle premiazioni cinematografiche, viene dato un premio alla musica di un film come contentino. 
Certo, vincere un Oscar come Piovani per 'La vita è bella' di Benigni deve esser stato un bel contentino, però, spesso, le giurie dei premi a la critica ragionano così. I grandi autori di colonne sonore come John Williams o Hans Zimmer, piuttosto che Morricone o Mancini hanno una parte importantissima nel successo di un film! E sono gli stessi spettatori, ormai cresciuti, a decretarlo".

Quale è stata la musica della quale sei più soddisfatto? "La musica più 'mia' in realtà è una sigla scherzosa che ho realizzato per i programmi televisivi su Totò. Si chiama 'Totò Rap' e l'ho creata nel 1993, quando si iniziava da poco a parlare di questa nuova tendenza musicale che proveniva dai ghetti neri delle grandi città americane, il 'rap' appunto. 

Come ti è venuta l'idea?"Semplicemente pensando a Totò come ballerino di 'break dance', con i suoi movimenti disarticolati, da marionetta. Misi insieme in una sorta di 'patchwork' gli epiteti famosi di Totò e ci costruii sopra una ritmica cercando, con i primi campionatori e computer, di mandarli a tempo. Fu un'impresa lunga e difficoltosa, data la scarsità di tecnologia, ma il risultato fu sorprendente. 

Quale musica, invece, avresti voluto comporre?
"Sicuramente la colonna sonora di 'C'era una volta in America' di Ennio Morricone, il cui 'leit motive' è straordinariamente struggente e mi commuove".

In ultimo, un tuo giudizio sul cinema italiano:"Grazie anche ad una schiera di nuovi autori, talenti veri che hanno avuto anche la forza delle loro idee, cercando contributi da ogni parte, il cinema italiano sta avendo una rinascita insperata. Si vedono sempre più piacevolmente sale piene di titoli italiani. Questo significa circolazione di idee e possibilità per più autori di affermarle. I produttori (sia le tv che i privati o le banche) hanno meno timore di perdere soldi e, confortati da una serie di successi, rischiano di più. E questa tendenza dovrà essere sempre al rialzo perchè la Cultura e quindi il Cinema rappresentano la vera civiltà di un paese".

lunedì 9 marzo 2015

Da Fazio appare Madonna


Madonna da Fabio Fazio
Madonna da Fabio Fazio


di Piero Montanari
 


Abbiamo finalmente assistito all'apparizione tanto attesa di Madonna a "Che tempo che fa", annunciata come lo scoop più importante della Rai degli ultimi anni e preceduta da un tam tam mediatico degno di un reale d'Inghilterra. 

In realtà, essendo l'intervento registrato, sappiamo che poi la pop star è volata subito in Francia per partecipare a Canal Plus, dove, ha mimato una masturbazione con un vignettista di Charlie Hebdo col quale dialogava, che a sua volta, provocato da Madonna, ha mostrato le putende, subito oscurate per nostra fortuna. 

Da Fazio l'atmosfera è stata di sicuro meno pornografica (conosciamo l'atteggiamento fintamente moralista del conduttore), riscaldata da due calici di Sassicaia da 150 euro e dalla bella interpretazione dal vivo (musicisti dietro che fingevano di suonare e lei a cantare sulle basi) di due brani, Devil Pray e Ghosttown, che fanno parte del suo nuovo disco, Rebel Heart, del quale sta facendo la promozione europea. 

L'intervista, ovviamente concordata con la cantante, è andata via via scorrendo tra banalita del tipo. "La prima cosa che volevo fare era sedermi e scrivere canzoni che avrei potuto suonare con la chitarra e cantare da sola", o sulla droga: "Non bisogna farsi prendere in giro: l'idea che le droghe possano farci sentire bene è un'illusione. Se diventiamo schiavi della droga, ci faremo solo del male", per concludere su sé stessa: "In me ci sono due lati, quello ribelle e quello romantico che crede nell'amore vero". Poi Fazio, ha pensato bene di interromperla al che lei lo ha zittito piccata dicendogli: "Sto ancora parlando". 

Insomma, se togliamo il fatto che, dopo Michael Jackson, lei è l'icona pop più forte del mondo, che è venuta con un seguito di 58 persone e volo privato, che ha alloggiato nella suite Palazzo Parigi a Brera, che il suo camerino è stato coperto completamente per rendere il colore della stanza omogeneo a favore del trucco, che c'erano bollitori di te dappertutto e deumidificatori, nonché casse di Red Bull e Coca Cola a iosa, della fugace apparizione della 57enne mitica star del pop in Rai rimane ben poco, se non, immaginiamo, i salatissimi conti da pagare da Rai, di certo, come sempre dice Fazio e noi ci auguriamo, coperti dagli sponso

Roma, nono pareggio, sarà meglio parlare di crisi




di Piero Montanari
 

Dopo l'ennesimo pareggio col Chievo Verona, per la Roma sarà bene parlare ufficialmente di crisi: è crisi di risultati, 8 pareggi su 9 partite giocate, è crisi di gioco, che era la cosa più spettacolare che la Roma dello scorso anno e della prima parte del campionato sapeva proporre, con i suoi giocatori veloci, tecnici e fisici.

Ma sembra essere anche crisi di rapporti all'interno dello stesso gruppo nella sua totalità: tra giocatori, che non si trovano più come un tempo, tra giocatori e tecnico, che dopo aver messo la 'chiesa al centro del villaggio', non ne azzecca più una; tra tecnico, dirigenza e proprietà, la cui assenza è sempre più avvertita come una grave lacuna per questo gruppo che avrebbe bisogno di certezze e invece si sta smarrendo.

A gennaio scorso la differenza tra la Juventus e la Roma era di un solo punto, oggi, dopo l' inquietante - così definito dallo stesso Garcia - pareggio numero 8, i punti di distacco dalla capolista potrebbero essere undici, col campionato non chiuso solo per rispettare la matematica.

Sarà bene, anzi meglio, a questo punto della storia, non cercare facili alibi o capri espiatori, né tantomento, raccontarsi che la crisi di questa squadra non esiste. Il chiacchiericcio sulle responsabilità tra tifosi, giornalisti e addetti ai lavori è pericolosamente iniziato, e sappiamo quanto tutto questo non porti a nulla di buono, se non ad alimentare il malessere che tutto il popolo giallorosso avverte e vive con forte emotività, per l'amore che nutre verso la sua Roma, dopo il fallimento degli importanti obiettivi prefissati all'inizio del campionato.

E' invece il momento di non abbandonarsi in sterili analisi e cacce ai responsabili, bensì individuare con il lavoro e l'umiltà che serve in questi casi, il significato che suggerisce la parola "crisi" nella lingua e nella cultura cinese: uno è "attenzione, pericolo", ma l'altro, ben più rilevante, è "opportunità".

martedì 3 marzo 2015

Totti, De Rossi e il crepuscolo degli dei




di Piero Montanari
 


Roma Juventus doveva essere il riscatto della gara di andata di Torino, dove un arbitro malevolo e incapace determinò la sconfitta di una Roma gagliarda e piena di speranze per il succeso del campionato, con decisioni che ancora bruciano l'anima di giocatori e tifosi.

Ma ieri il riscatto non c'è stato, non è stata un bella partita, soprattutto perché i significati estrinzeci che ci sarebbero dovuti essere non c'erano. La Roma a meno 9 punti dalla Juventus doveva arrivare allo scontro con un punteggio meno pesante, per cercare almeno di riaccendere la flebile fiammella del campionato, che la Juventus riesce, almeno nelle ultime quattro stagioni, a spegnere anzitempo.

I significati intrinseci, però, c'erano tutti: della Juventus, "odiata" rivale di sempre dei giallorossi, stavolta sul proprio terreno e soprattutto dopo la partita "rubata" dell'andata, la Roma avrebbe dovuto farne un sol boccone. E invece? Per un tempo e mezzo il nulla, con i bianconeri a controllare tranquillamente la partita e ad essere più pericolosi. E la Roma a perdersi in sterili infiniti passaggi e a rischiare le micidiali ripartenze degli avversari.

Poi l'espulsione di Torosidis per somma di gialli, il gol della Juve, l'uscita di Totti e De Rossi, l'entrata di giocatori più giovani e veloci, il moto d'orgoglio, hanno fatto il miracolo di risvegliare i giallorossi e a far loro raggiungere il pareggio.

Campionato praticamente finito, e un'immagine da consegnare ai posteri: Totti e De Rossi seduti in panchina dopo i cambi è una foto da crepuscolo degli dei di wagneriana memoria. Due amati Dei pagani romani e romanisti, con la maglia cucita addosso da sempre e per sempre, un Capitano "presente", Totti, e un altro, De Rossi, destinato ad essere per la vita "Capitan Futuro", in una foto che invece sembra un dagherrotipo un po' sbiadito e malinconico di due grandi, grandissimi e amatissimi campioni che ancora potranno dare tanto alla Roma ma che per le leggi della vita e del calcio, sono destinati a rappresentarne il passato.

lunedì 2 marzo 2015

Ultras del Feyenoord, la feccia siete voi





di Piero Montanari

Tre aspetti morali osservo in una persona se voglio immaginare di instaurare un'amicizia: l'intelligenza, la cultura e la gentilezza. Ci sarebbe una quarta dote, la lealtà, ma è inutile domandarla a chi ha già le altre tre, perché di sicuro ne è portatore.

Ebbene, stavolta mi sento di generalizzare dicendo che non troveresti il barlume di una di queste umane qualità in un tifoso di calcio del Feyenoord, i nuovi barbari del Sacco di Roma. E' notizia di oggi, dopo gli atti osceni che gran parte di questi hanno perpetrato nella Città Eterna, in tre giorni di follia e distruzioni che neanche i peggiori Lanzichenecchi, le minacce violente e le promesse di morte verso i tifosi romanisti, attesi per la partita di ritorno di Coppa Europa di giovedì 26 febbraio.

Per l'occasione, invece di fare ammenda per i danni prodotti a Roma, hanno preparato magliette con su scritto "Je suis Fountain", con l'immagine della Fontana della Barcaccia di Piazza di Spagna, oltraggiata e violata irreparabilmente dalla loro furia barbara, infischiandosene persino di sfottere chi si sentiva "Charlie Hebdo" dopo il massacro del 7 gennaio 2015 di Parigi. (La maglietta continua minacciosa dicendo: "Abbiamo solo scherzato, ci vediamo giovedì feccia romanista di accoltellatori").

L'inutile follia di questi finti tifosi di calcio del Feyenoord è arrivata addirittura a farsi beffe degli orrori dell'Isis, minacciando sui social di tagliare teste agli improvvidi romanisti che si recheranno a Rotterdam (a questo punto me ne fregherei delle libertà personali ed impedirei con tutti i mezzi la pericolosa trasferta).

Sappiamo da tempo che questi rari incivili farebbero impallidire lo stesso Adolf Hitler, che al loro confronto appare come un boy scout che aiuta le vecchiette ad attraversare la strada. Sono dei nazisti dichiarati e i loro atti contro gli ebrei, soprattutto quando la loro squadra gioca contro l'Ajax, li conoscono tutti. Il più gentile di questi è bruciare in piazza la bandiera dello stato d'Israele.

E' tempo che si smetta di sopportare questa barbarie che con il calcio poco c'entra, e le federazioni internazionali hanno l'obbligo di allontanare questa feccia da qualsiasi stadio, da qualsiasi città, da qualsiasi consesso civile, pena la distruzione, il saccheggio, l'omicidio. Spero davvero che nessun tifoso romanista vada domani a Rotterdam.

PSLa Roma poi spazzerà via il modesto Feyenoord con due gol, tra lanci di oggetti, brutti episodi di razzismo e la sospensione momentanea della partita per quindici minuti. Al magnifico primo gol di Ljajic, fa seguito la rete di Gervinho cui il pubblico razzista dello stadio di Rotterdam, non smentendosi, ha attribuito insulti continui, facendo addirittura piovere in campo una enorme banana di plastica. Proprio Gervinho regalerà la qualificazione agli ottavi di Europa League alla Roma, con un perfetto tap-in su lancio del migliore in campo, Torosidis. Arrivederci a mai più, Feyenoord.