mercoledì 22 ottobre 2014

La Roma, Garcia e la magia del numero sette


Totti e De Rossi
Totti e De Rossi


di Piero Montanari
 


Roma - Bayern Monaco: 1 a 7. Che sberla! Rimarrà purtroppo nella storia negativa della Roma, e ci vorrà del tempo per metabolizzarla, dall'ambiente, dalla Società e dagli stessi giocatori. Sette a uno, una debacle, un punteggio tennistico, un evento eccezionale, il passivo più forte subito in casa da una squadra in una coppa campioni.
 


Sembrerebbe perseguitare la Roma, quella che da molti viene definita la la "maledizione del sette", dopo quegli altri sette gol presi all'Old Trafford contro il Manchester, nel 2007 (il sette che ritorna), quando era sotto la guida di Spalletti. Ma questo sette che ritorna non può essere soltanto coincidenza, e non solo negatività. Cerchiamo di capire perchè.

Il sette è un numero magico, per chi crede che i numeri abbiano un'anima. Talvolta hanno sorpreso anche chi scrive, che si autodefinisce volteriano illuminista a tempo pieno, ma che si diverte ogni tanto a giocare con cabala e numerologia.

Ho scoperto che questo numero, che nelle fiabe è sempre ricorrente (Biancaneve e i sette nani, Le sette mogli di Barbablù), o nella cinematografia (I magnifici sette, Sette spose per sette fratelli) definisce la globalità, l'universalità, rappresenta un ciclo compiuto e dinamico delle cose, in una parola, la perfezione.

Sarà dura farlo capire ai romanisti che questo sette che ritorna tragicamente in alcuni strepitosi risultati negativi, rappresenta il perfetto assoluto, il centro invisibile, spirito ed anima di ogni cosa.

Lo disse proprio Rudi Garcia dopo la vittoria nel derby contro la Lazio, e parlò di un centro invisibile, quello del villaggio: "On a remis l'église au milieu du village, abbiamo rimesso la chiesa al centro del villaggio. Appena sono arrivato c'era un ambiente negativo, ma credo che le cose stiano un pochino migliorando".

E sono migliorate davvero: è un anno e mezzo che la Roma di Garcia miete successi, gioca bene, arriva a giocarsela con la Juventus per il campionato e ritorna in Champions dopo quattro anni.

1 a 7 però. Sono certo che se questa partita venisse rigiocata altre sette volte, una disfatta così netta non ci sarebbe. Il calcio racconta di storie così drammatiche che ridimensionano entusiasmi e obiettivi ed hanno, purtroppo, una digestione lenta e difficile per tifosi e Società.

Che scenda ora un salvifico e lenitivo velo di oblio su questa partita della Roma, che ci auguriamo sia solo un brutto incidente di percorso, mentre la fantasia dei numeri ci racconta che dalla magia del sette, centro assoluto della perfezione, si ripartirà. Non per nulla la Roma viene chiamata la Magica.

lunedì 20 ottobre 2014

Bestemmie in tv: non sparate su Timperi


Tiberio Timperi
Tiberio Timperi


di Piero Montanari
 


Mi sembra si stia montando un caso enorme sulla storia della bestemmia pronunciata dal conduttore di Uno Mattina in famiglia, il fascinoso "blue eyed" Tiberio Timperi che, nel corso di una puntata della trasmissione, ha sparato un bestemmione da competizione in un momento di difficoltà, pensando di non essere udito dai telespettatori. La sfortuna ha voluto, come raccontano le cronache, che non solo la bestemmia non è stata tagliata, ma è addirittura andata in onda ben due volte, se magari qualcuno se l'era persa.

Ovviamente la storia è diventata subito virale per la Rete e il video di pochi secondi dove viene udita la bestemmia, ha ricevuto subito migliaia di click, tanto da dover essere tolto, evidentemente su richiesta della Rai, che, da par suo, ha promesse serie ritorsioni a Timperi.

Le bestemmie in diretta è una vecchia storia della nostra televisione. Ricordo quella pronunciata forte e con ottima dizione da Leopoldo Mastelloni nel 1984, nel corso di una puntata del programma di Rai 2 Blitz , che costò all'attore l'allontanamento per anni dalla tv di Stato, non ostante un tribunale lo assolse per l'ingiuria che, se ben ricordo, era rivolta al Padre (e non alla Madre, come quella di Timperi).

Al campionato di bestemmie in diretta partecipò anche il "compagno di merende" di Carlo Conti, Massimo Ceccherini, che dall'Isola dei Famosi ci deliziò, da bravo toscanaccio, con una bestemmia ricca di fantasia e di creatività, come solo loro sanno fare. Ovviamente anche il comico subì la punizione dovuta, con anni di ostracismo televisivo.

A parte quella pronunciata al matrimonio di Valeria Marini, va ricordato invece il bestemmione possente di Roberto Da Crema, durante un fuori onda della prima edizione de La Fattoria, che fece cadere soffitti e teste di manager televisivi.

Insomma, un bestiario di parolacce che, nel corso degli anni, con grande senso dei tempi che cambiano, la televisione ha lentamente sdoganato, fino a derubricarle a poco più che esclamazioni condite, peccato veniale per chi le pronuncia (e le ascolta) e farle assurgere a lessico tollerabile, nell'uso quotidiano che la tv ne fa ormai da molto, in una logica evoluzione del momento storico mutato.

Ma io l'ho ascoltata e riascoltata la parolaccia di Timperi: ha solo detto esattamente "Camadonnn" che non è propriamente una bestemmia, non è nulla. E' un'esclamazione di disappunto in un momento di difficoltà, pronunciata verso qualcuno che non esiste, un nome che non appartiene a nessuno. Potrebbe essere il suo amichetto immaginario, quello cui tanti bambini piccoli si rivolgono nei giochi, quando stanno troppo da soli. Potrebbe essere semplicemente un modo di scaricare la tensione che è sempre piuttosto alta, quando fai un mestiere pubblico, davanti alle telecamere, giocandoti sempre la faccia, come questa storia insegna. 

Quindi, chiedo l'assoluzione piena del bravo e simpatico Tiberio che veramente non ha nessuna colpa, se non quella di non essersi accorto che era ancora in onda. E mi pare il caso di dire sinceramente: chi è senza peccato, scagli la prima pietra (e dica l'ultima bestemmia).

giovedì 16 ottobre 2014

Tramontato il monopolio della Siae? Per il Tribunale di Milano sembra di si


La sede Siae di Roma
La sede Siae di Roma

di Piero Montanari
 


Poche ore fa, una sentenza che farà discutere, pronunciata in provvedimento cautelare dal Tribunale di Milano a favore di Soundreef, una giovane società italiana concorrente di Siae ma con sede a Londra, sembra di fatto determinare la fine del monopolio della storica Siae.
 


Soundreef è una start up di diritti che si rivolge soprattutto ai 'live' e alle musiche di sottofondo dei centri commerciali. Viene scelta in massima parte da giovani autori che non vogliono passare per Siae, per la gestione di diritti di musiche di feste private, matrimoni, compleanni, nei quali, da qualche tempo, i brani eseguiti non venivano lavorati "analiticamente" dalla nostra Società Autori ed Editori.

"Non vi sono allo stato sufficienti elementi - cita la sentenza - per ritenere che la diffusione da parte di Soundreef nel territorio italiano sia illecita in forza della riserva concessa alla SIAE dall'articolo 180 L. aut. né sembra infatti potersi affermare che la musica [...] gestita da Soundreef e da questa diffusa in Italia in centri commerciali GDO e simili, debba obbligatoriamente essere affidata all'intermediazione di SIAE. Una simile pretesa entrerebbe in conflitto con i principi del mercato in ambito comunitario e con i fondamentali principi della libera concorrenza"

Non saprei dire se di fatto questa sentenza, che sembra solo dare pieno titolo a Soundreef di operare sul territorio, faccia cadere il monopolio giuridico della Siae, sta di certo che segna un passaggio di riconoscimento della possibilità, per altre società di collecting, di operare in Italia. In che modo? 

Questo ancora non è possibile determinarlo, perchè i grandi produttori (parlo di Rai, Mediaset, Sky, altri network radiofonici e televisivi importanti etc) continuano a rivolgersi a Siae da decenni perchè la maggior parte degli autori italiani importanti sono associati alla Siae e perchè Siae ha un controllo capillare sul tutto il territorio ed un "know how" centenario dal quale, credo, non si possa prescindere.

Farà comunque bene la concorrenza, soprattutto in un momento in cui la Siae sta avendo un serio problema di immagine, e sembra precipitare in una discesa agli inferi senza ritorno, con una politica che di certo non ha giovato al suo gradimento. 

Prova ne è l'aumento delle quote associative (davvero eccessivo ed incomprensibile, tanto da far scaturire in tutti noi retropensieri negativi, come fosse un disincentivo nei confronti di chi si affaccia al lavoro dell'autore in questo momento storico) ed il gesto sprezzante della cesura dell'assegno di professionalità e dell'assicurazione ospedaliera ai suoi "vecchi" autori, quelli che, in buona sostanza, hanno fatto la storia culturale ed economica di Siae.

Zelig e Made in sud: ma a chi gli va più di ridere?


Rocco Papaleo e Michelle Hunziker presentatori di Zelig
Rocco Papaleo e Michelle Hunziker presentatori di Zelig

di Piero Montanari

Si parla da un po' di tempo della fine di un genere televisivo che ha tenuto banco questi ultimi decenni, il Talk Show politico, che sembra avere il fiato corto, con ascolti in picchiata per Santoro e affini, tanto che, per ripendere un concetto espresso giorni fa dall'amico Giancarlo Governi, anche il "maestro" di genere Bruno Vespa, lo alterna con amene seratine su fatti di cronaca rosa e delitti efferati.
 


Ma se Sparta piange, Atene non ride (o non le va più di ridere, fate vobis), perchè anche il Comic Show non sembra stia tanto bene in salute. La prima puntata della nuova serie di Zelig 2014-2015, non ostante il 14,19 di share e 3,492 milioni di spettatori che oggi vale un buon risultato, sembrava la recita di fine anno del liceo dei Padri Passionisti.
 


Meno male che le conduzioni del programma saranno a rotazione, altrimenti avremmo dovuto sopportare per tutte le tante puntate, l'anticomicità per antonomasia, Rocco Papaleo, che più triste e fuori luogo non poteva essere in quel contesto, mentre la povera incontinente Michelle Hunziker la faceva letteralmente "fuori dal vaso", dovendosi sobbarcare tutta la 'verve' che il suo partner non aveva da mettere in campo.

E Made in Sud di Rai Due, la risposta dal sound napoletano al "milanese" Zelig, da par suo non sembra salire le vette della grande comicità, con una qualità di scrittura delle battute comiche davvero bassa e scadente. Arrivato alla quinta edizione, il programma condotto dai comici Gigi e Ross, Fatima Trotta ed Elisabetta Gregoraci Briatore ha realizzato, alla sua terza puntata di questa edizione, quasi il 9% di share con 2,115 milioni di spettatori.

Tanti, ancora troppi, pochi? Non saprei dirlo, visto il livello delle trasmissioni di cui sopra. Un tempo forse si rideva di più, perchè si era più spensierati, e questi programmi, meglio realizzati, avevano sicuramente ascolti maggiori, ma soprattutto maggiore gradimento. Si potrebbe obiettare che è proprio nei momenti di crisi che si cerca con più forza l'evasione dalle tristezze attraverso una comicità fatta di nulla, quella alla quale ci stiamo purtroppo assuefacendo.

Se Sparta piange, Atene a questo punto si dispera e non ride più. Speriamo in un futuro migliore, altrimenti addio senza rimpianti anche a quest'altro genere televisivo, che mostra davvero una grande stanchezza.

martedì 7 ottobre 2014

Juventus-Roma: le nefandezze di un arbitraggio infelice


Rissa in campo durante Juve-Roma
Rissa in campo durante Juve-Roma


di Piero Montanari
 


Arrivando buon ultimo a commentare la travagliata partita di ieri tra Juventus e Roma, finita come sappiamo con una rocambolesca e contestata vittoria della Juve per 3 a 2, ho avuto la possibilità di leggere il fiume di inchiostro (in gran parte digitale) che è stato versato per scrivere articoli e affermare posizioni conflittuali sulla partita e le sue conseguenze nel prosieguo del campionato, ma soprattutto ascoltare le tante radio della Capitale che parlano solo di calcio, fatto assolutamente fenomenale nel nostro Paese: ore ed ore di trasmissioni, anche notturne, perse nei chiacchiericci più inutili e ripetitivi sugli accadimenti delle due squadre capitoline. 

In questo mare magnum di chiacchiere e sproloqui, ho cercato una consolazione per ciò che ho visto ieri in campo durante Juve-Roma, qualcuno che ne condividesse con me le nefandezze degli accadimenti, generate da un arbitraggio talmente infelice, da sembrare l'effetto di qualche corruttela magheggiona tra Rocchi e lo staff della Juve, con Marotta a dirigere le operazioni di intortamento.

Sono certo, anzi certissimo, che così non è stato, perché la Juventus che rubava le partite, chiudeva gli arbitri che non la favorivano negli spogliatoi, che si diceva nelle accuse rifilasse ai suoi giocatori eritropoietina come se piovesse, che intratteneva rapporti con i designatori arbitrali per influenzare le designazioni e avere arbitraggi parziali, insomma, quella Juventus non c'è più, spazzata via insieme a Moggi, Giraudo, e l'arbitro De Santis insieme agli scudetti "vinti" nei campionati 2004-2005, 2005-2006, con conseguente retrocessione in serie B nel 2006-2007.

Però ieri, guardando Juventus - Roma e i due rigori concessi alla Juve dall'allucinato Rocchi per falli fuori area, e il gol di Bonucci a sancire il 3 a 2 juventino con Vidal a un metro dalla porta di Skorupski, in fuori gioco, a dar fastidio ed ostruire il cono di visione del portiere, beh, guardando tutto questo ed altro, sono ritornati paurosamente i fantasmi di ieri, di quei campionati falsati e corrotti, tristi ed inutili per chi ama lo sport, fatti per far vincere una sola squadra e per insultare il calcio che, ieri, nel catino frastornante dello Juventus Stadium, ha subito un'ulteriore, pericolosa spallata, proprio nel momento in cui il "malato" sembrava essere - non dico in via di guarigione - ma forse fuori pericolo dalla prognosi infausta nella quale era precipitato questi ultimi anni.

Non voglio credere che sia così, che sarà così nel futuro; voglio solo sperare che ieri, a Torino, si sia consumata una giornata nefanda per un povero arbitro in grande confusione, il signor Rocchi Gianluca, da Firenze, classe 1973 che nella classifica degli arbitri internazionali nel 2013 era addirittura al decimo posto del ranking e che probabilmente oggi ha bisogno di un lungo periodo di riposo.

Voglio credere e sperare che sia così, per la Roma, per tutte le squadre che soffrono e si impegnano, per il calcio che amo, per lo sport tutto.