giovedì 25 ottobre 2012

A che scuola vai? Alla Giorgio Gaber

di Piero Montanari
Noi, poveri musicisti, cantanti, attori, fantasisti, giocolieri e saltimbanchi, che anticamente non avevamo neanche diritto alla sepoltura in terre consacrate, che quando era tempo di Quaresima non potevamo nemmeno rappresentare opere, pena la scomunica (ed è perciò che il colore viola dei drappeggi quaresimali delle chiese per noi è indice di cattiva sorte, perché non si lavorava e non si mangiava).

Noi, che quindi da sempre odiamo il viola e i gatti neri, che gettiamo sale la sera della prima perché porta bene, noi strani esseri poco considerati, sempre in bilico sul ciglio del burrone di questa società che non ci considera o ci considera poco o male.

Ebbene, oggi abbiamo avuto la nostra piccola soddisfazione o grande rivincita, fate voi: a Catanzaro c'è la prima scuola in Italia - credo - ad essere stata dedicata ad uno di noi, a Giorgio Gaber. La prossima settimana l'Istituto comprensivo Mater Domini del capoluogo calabrese porterà il nome del cantante, autore e attore di teatro. E con tanto di targa scoperta dalle autorità locali, che sono - come citano le agenzie - il sottosegretario all'Istruzione Marco Rossi Doria, il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo, il presidente della Fondazione Gaber, Paolo Dal Bon, l'assessore comunale Patrizia Carrozza e la dirigente scolastica Loredana Cannistrà.

Giorgio Gaber, dopo una fortunata carriera di cantautore iniziata nei primi anni '60 (ricordo per tutti lo splendido e dolcissimo brano "Non arrossire" e "La ballata del Cerutti") ma anche una sequela infinita di successi, tra festival di Sanremo e Canzonissime negli anni successivi, approdò al suo Teatro con la "T" maiuscola, inventando quel Teatro Canzone che tanti epigoni ebbe in seguito, e che fa di Gaber uno straordinario, unico interprete della nostra epoca, uno che, come si diceva, "faceva pensare".

Siamo felici oggi, noi poveri musicisti, cantanti, attori, fantasisti, giocolieri e saltimbanchi, che finalmente abbiamo uno di noi, uno dei più bravi a rappresentarci, a cui anche gli altri hanno cominciato a dire grazie per quello che ha fatto per la Cultura e per l'Arte del nostro Paese, dedicandogli una scuola.

giovedì 18 ottobre 2012

Sylvia Kristel, il nudo che faceva sognare

di Piero Montanari
 
Siamo sinceramente affranti - soprattutto noi maschietti - nell'apprendere la precoce dipartita a soli 60 anni di Sylvia Kristel, la famosissima interprete della fortunata serie di film erotici intitolati "Emmanuelle", che per quasi un ventennio - tra il 1974 e il 1993 - hanno fatto sognare plotoni di uomini.
La Kristel, olandese di nascita ma francese di adozione, dovette il suo successo al fatale incontro col regista Just Jaeckin che la notò in altre pellicole precedenti, e le propose il primo Emmanuelle, nel 1974, facendo di lei una vera star del cinema erotico, ed inventando letteralmente un genere che ha spopolato ed avuto decine di epigoni nel mondo.

I film si basavano su storie minime legate perlopiù al fascino sensualissimo di Sylvia Kristel, ma anche sul fatto che non veniva mai rappresentato il nudo pornografico, l'atto sessuale completo.
Questo gioco sublime ed erotico degli Emmanuelle della Kristel, fatti di svelo e non svelo, vedo e non vedo, che tanto anima il desiderio maschile, unitamente alla bellezza moderna e lievemente casalinga dell'attrice olandese, fecero la fortuna della serie, ed iniziarono quindi il numero sterminato di sequel con lo stesso titolo: Emmanuelle, Emmanuelle l'Antivierge, Goodbye Emmanuelle, Emmanuelle IV, Emmanuelle à Venice, fino ad arrivare agli ultimi Eternelle Emanuelle o Emmanuelle al 7° Cielo, del 1993, che ritraevano l'attrice ultraquarantenne, ma ancora in splendida forma.

Si diceva come il genere cinematografico "erotico" inventato dalla Kristel fosse diventato alla stregua della Settimana Enigmistica, con centinaia di imitazioni più o meno riuscite in tutto il mondo. In Italia Salvatore Samperi ci provò con discreto successo, lanciando attrici come Lisa Gastoni o Laura Antonelli nelle nostre più famose superscosciate. Ma il vero Maestro del genere è stato sicuramente Tinto Brass, che ha ammantato il suo cinema erotico di sovrastrutture pseudo filosofico-culturali, tanto da riuscire talvolta a far sembrare una copula un'opera d'arte, o un culo un monumento (ma sempre di culo trattasi, verrebbe voglia di dirgli).

Mi corre l'obbligo di fare un piccolo outing e confessare di aver fatto delle colonne sonore per Joe D'Amato (il regista italiano più prolifico della storia del nostro cinema, con oltre duecento film di tutti i generi) per alcune sue pellicole erotiche ad imitazione.
Aristede Massaccesi (questo era il suo vero nome) maestro dello scopiazzamento dei film di successo, iniziò a girare un serie infinita di Emmanuelle casarecci, lanciando anche lui una nostrana Emmanuelle nera interpretata da Laura Gemser.

Silvya Kristel fu per sempre legata, nel bene o nel male, al suo fortunato personaggio, addirittura interpretando, a quasi 50 anni, un Emmanuelle Forever, che segna il suo patetico cupio dissolvi, dovendo tristemente usare una controfigura per le scene di nudo.

lunedì 15 ottobre 2012

Muore Lilli Greco, il produttore dei cantautori.

di Piero Montanari 

Il 14 ottobre è morto a 78 anni Italo "Lilli" Greco, per molti un nome sconosciuto ma per tanti di noi, musicisti e autori, un amico e un grande e unico produttore musicale, papà di tanti artisti con i quali aveva lavorato, soprattutto nella Rca italiana di via Tiburtina, la casa discografica che oggi non c'è più, ma che tanto ha rappresentato per la musica pop del nostro paese.

Lilli è stato un musicista produttore unico nel suo modo di considerare la musica leggera e di proporla attraverso gli artisti da lui prodotti, che puntualmente diventavano un'estensione dei suoi pensieri musicali e soprattutto filosofici.
Ricordiamone alcuni degli inizi, tra i quali molti scoperti dal talento di Lilli Greco: Jimmy Fontana, Gianni Morandi, Rita Pavone, Edoardo Vianello, Patty Pravo, Gabriella Ferri; ma anche Riccardo Cocciante, da lui lanciato insieme a Paolo Dossena con il quale aveva fondato una casa discografica, la Delta.

In seguito, nel periodo più intenso dei cantautori, il suo lavoro con Francesco De Gregori, Antonello Venditti e Paolo Conte, risultò assolutamente fondamentale per il successo di questi artisti. Addirittura - ed ero personalmente uno dei musicisti di quei dischi - Conte fu convinto a forza da Lilli a scrivere per sè e non solo per altri e anche a cantare, fatto determinante per lo straordinario successo del cantautore di Asti.

Ci sono persone che sono in grado di cambiarti il modo di vedere e di approcciare la vita in tutte le sue sfaccettature, e Lilli era uno di questi. Sempre pronto a contrastare i luoghi comuni, le banalità e a sorriderci su, i nostri lavori in sala di registrazione si trasformavano in kermesse dove si passava dalle barzellette alla filosofia, dalle jam session (era uno straordinario pianista) ai giochi mentali più assurdi. Poi si suonava e si registrava e le atmosfere che Lilli evocava venivano fuori prepotentemente, ad affermare la sua genialità.

Con lui ho lavorato molto ed ho partecipato a molti dischi: da Paolo Conte a Francesco De Gregori, da Gabriella Ferri, a Jimmy Fontana, e quando mi telefonava per invitarmi ad una registrazione alla Rca o in altri studi ero sempre felice, perché sapevo che c'era da divertirsi. E da imparare.
Per capire la filosofia di Lilli, un piccolo aneddoto: una volta, registrando con Paolo Conte, la base della canzone non veniva bene secondo Lilli, non c'era atmosfera, non gli piaceva, era - secondo lui - banale.
Si rivolse a me dritto negli occhi e mi disse: "Piero, a che stai a pensà mentre suoni, alla mensa della Rca o alla signora Bruna che ti porta la pasta? Qui siamo nel 1940, in un altro mondo, qui c'è Humphrey Bogart con i capelli pieni di brillantina tutti tirati indietro! Hai capito come devi sonà er basso? Co' la brillantina in testa!"

Abitava a Grottaferrata, vicino a me, dove si era ritirato da qualche tempo dopo aver lasciato con dispiacere - mi raccontava - la sua casa al mare, e per questa vicinanza ero andato a trovarlo recentemente ed avevamo ripreso i contatti. La sua morte è una perdita gravissima e mi addolora profondamente.
Addio Lilli, grazie di tutto, ti ho voluto bene.

giovedì 11 ottobre 2012

Il poker milionario del moralista Celentano

di Piero Montanari

Nei primi anni '70 facevo parte come bassista del quartetto jazz di Romano Mussolini. Si girava il mondo, ma soprattutto l'Italia in lungo e in largo per fare concerti: teatri, locali da ballo, night club, ma anche alberghi.
Romano, ultimo figlio del duce Benito, non disdegnava il lavoro, anche perché era sempre senza il becco di un quattrino a causa di imprese sbagliate nel cinema, dove si era infilato per far soldi come produttore*

Una volta capitammo al Grand Hotel Del Mare di Bordighera il cui proprietario dell'epoca - tale Alfredo Teruzzi, faccendiere e imprenditore - aveva organizzato due nostri concerti nell'albergo, per fortuna con alloggio compreso, in questo splendido posto affacciato sul mare.
Sapevamo che Adriano Celentano ogni anno (non so se ancora oggi) passava lì le vacanze, con la sua famiglia e alcune persone del Clan che lo seguivano sempre, essendo egli stesso anche molto amico di Teruzzi.

Fu così che me lo ritrovavo il giorno in piscina a chiacchierare di tutto un po', ma soprattutto a guardarlo giocare a Poker-Telesina (o Teresina, sorta di poker a carte scoperte) da solo a solo contro Teruzzi. Ogni mano si giocavano alcuni milioni, e faccio presente che ad ogni concerto guadagnavo 30 mila lire. Ero un ragazzo ed ero affascinato dal gioco, tant'è che mi fecero fare anche il "cartaro" per due o tre di queste lunghissime e micidiali partite, ma ero anche molto infastidito dalla facilità con la quale Celentano e Teruzzi si giocassero tutti quei soldi, alla faccia delle mie misere 30 mila lire a sera.

Ho spesso ripensato - vedendo Adriano predicare nel corso di questi ultimi decenni moderazione, austerità, moralizzazione nei costumi - a quelle micidiali partite di poker a Bordighera.
"In fondo - mi sono sempre detto - si giocava i soldi suoi, guadagnati col suo talento".

Sarà pure vero, però rivedendolo farci la morale in televisione, non posso fare a meno di ricordarmelo biscazziere milionario, e storcere ancora di più la bocca nella smorfia amara che segna la mia fisionomia davanti a chi mi fa i predicozzi.

*(Per chi ne vuole sapere di più, rimando a tre miei pezzi sulla storia fantastica di questo straordinario jazzista).

http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=388&typeb=0&24-05-2011--Romano-Mussolini-il-figlio-del-Duce-che-suonava-il-jazz-parte-1-

http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=387&typeb=0&24-05-2011--Romano-Mussolini-il-figlio-del-Duce-che-suonava-il-Jazz-parte2-

http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=386&typeb=0&24-05-2011--Romano-Mussolini-il-figlio-del-Duce-che-suonava-il-jazz-parte-3-

martedì 9 ottobre 2012

50 anni con i Beatles



di Piero Montanari
 
50 anni fa, il 5 ottobre 1962, usciva il primo 45 giri dei Beatles, dal titolo ''Love Me Do'' ("Love, love me do, You, know I love you, I'll always be true, So please, love me do") una semplice canzoncina con un ritmo binario marcato sul 'battere', e non sul 'levare' (come era uso nello "swing" e fino a quel momento), che inizierà un' epocale rivoluzione musicale e sociale.

Beatles in inglese vuol dire anche scarafaggi, ma il loro nome, in realtà, veniva da "beat" battere, il battere della musica, il tempo "forte" che cambierà la struttura musicale delle canzoni pop, fino a quel momento in voga.
"Amami, sai che ti amo, sarò sempre sincero con te, per favore, amami". Nel semplice testo una richiesta d'amore davvero poco rivoluzionaria, quasi banale, ma la forza dei Beatles è stata proprio quella di aver portato la semplicità e la normalità sulle vette più alte dell'Arte.

Rivoluzionario l'arrangiamento invece lo era, con l'armonica a bocca a punteggiare tutto il brano con un piccolo "riff" blueseggiante, la batteria di Ringo (in verità, non eccezionale per noi musicisti, ma con un sound personalissimo) a scandire fortemente il "beat" e i cori, che già si intrecciavano magicamente, a farci riconoscere le loro voci, nel tempo divenute familiari, e che ci accompagnano ancora oggi. Trasversali e buoni per tutte le generazioni di appassionati, che si contano a milioni in tutto il mondo, dopo la loro divisione, nel 1970, hanno continuato a vendere dischi come se nulla fosse accaduto.

Sui Beatles è stato detto tutto e scritto tutto: commercialmente, oltre ad essere gli artisti con il maggior numero di vendite nella storia della musica, con oltre un miliardo di dischi, sono diverse decine i record che i Beatles si sono aggiudicati negli anni, premi e riconoscimenti assegnati ai quattro, tra cui il conferimento della medaglia che li portò a diventare, poco più che vent'enni, Baronetti dell'Ordine dell'Impero Britannico nel 1965.
200 canzoni scritte fra il 1962 e il 1970, The Bealtles hanno avuto anche un ruolo fondamentale nello sperimentare nuove tecniche di registrazione all'avanguardia, sviluppate negli storici Abbey Road Studios di Londra.

Non dimenticherò mai il loro ultimo Lp "Abbey Road" (in realtà ''Let It Be'' è l'ultimo, ma fu pubblicato successivamente al loro scioglimento) perché questo è il loro vero testamento musicale e tecnolgico, e fu per me - bassista alle prime armi - una folgorazione di suoni ed atmosfere.
Provate a riascoltare "Come together" in un impianto acustico di oggi, 43 anni dopo, e ditemi che ne pensate del basso: attenzione al volume, però, che salta tutto!
Nessun suono così, fino a quel momento, si era mai sentito sulla terra!