giovedì 26 gennaio 2012

Siae: lettera ad un autore in disgrazia

di Piero Montanari

Fabio C. è uno scrittore di sessant'anni compiuti. Aveva pubblicato, lavorato e sperato in questo assegno di 600 euro della Siae per tutta la sua vita lavorativa. A giugno lo ha avuto, ma è durata fino a dicembre, una caramella e poi la bastonata sulla nuca. Ora il commissario della Siae Gian Luigi Rondi, i sub commissari e il dg Gaetano Blandini lo hanno tolto, con un colpo di mano, a lui e a tutti i 1.085 soci che avevano maturato questo diritto.

L'altro giorno, ad una riunione di noi autori e compositori l'ho visto quasi piangere: "Ora non ho più nulla di che vivere - mi ha detto - se non ripristinano il fondo!" Questa è per te e Fabio, e per tutti noi.

Caro Fabio,
raccolgo il tuo sfogo e capisco profondamente ciò che provi. Lo so che l'assegno questo mese (e forse anche i futuri, ma ci batteremo perchè non sia così) non appare sul nostro conto, quell'assegno che per molti di noi rappresenta un aiuto fattivo per campare, soprattutto in tempi così difficili (la "perversione" di questo atto della Siae è assoluta ed evidente: tolti i pochi soci ricchissimi, vanno a colpire un segmento che è composto da anziani, poveri, fuori dal mercato del lavoro, con nessuna prospettiva davanti, se non un lento ed inesorabile decalage, un fade-out verso le Grandi Praterie). Lasciano solo la miseria di 150 euro mensili solo ai poverissimi, e cioè chi non raggiunge il tetto di 8 mila euro annui: bella solidarietà a chi ha servito la Cultura del paese!
E so anche che ci sentiamo depredati di un diritto sul quale avevamo fatto conto per tutta la nostra esistenza lavorativa (per 10 anni, ogni anno, facevo domanda per diventare "socio Siae", e il giorno che l'hanno accolta, è stato uno dei miei giorni felici, non solo per la pensione ai 60 anni, ma soprattutto per un senso reale di appartenenza al popolo dei 'lavoratori della cultura'.)

Avevo raggiunto lo scopo che tutti noi abbiamo anelato, iniziando le nostre attività culturali: vivere con il frutto della nostra creatività, e questo, con la qualifica di Socio, ci veniva riconosciuto, anche con un piccolo ma, per i meno ricchi, grande emolumento, fatto di nostre dazioni, e una polizza che si prendeva cura della nostra salute (la salute di un autore è importante, sapete? Se sta bene crea, se sta male no, altro che luoghi comuni beceri, che raccontano di come sia importante la sofferenza come alimento per la creazione: una vera cazzata sesquipedale!)
Tieni duro, Fabio caro.

Esimio Commissario Gian Luigi Rondi, non si faccia influenzare, Lei è un uomo di cultura, l'ho ammirata per tutta la vita, Lei è uno di noi, un Autore, anche e meritevolmente più fortunato di tanti di noi. La preghiamo di tornare sui Suoi passi, ci restituisca il nostro piccolo, grande senso di appartenenza alla Siae ed al mondo di chi fa, vive e muore per la Cultura del Paese!

La Siae affama i vecchi autori: la vera storia


Rondi è il commissario straordinario della Siae
Rondi è il commissario straordinario della Siae

di Piero Montanari

Diamo conto su queste pagine di una pubblica assemblea voluta dall'Anart (associazione che raccoglie gli scrittori radiotelevisivi e di teatro) che si terrà martedì 24 gennaio alle 11:30 al Teatro Quirinetta di via Minghetti a Roma, dove verrà letto un appello al Presidente Napolitano, Monti e Ministro Ornaghi, per chiedere la sospensione dell'approvazione del nuovo regolamento del fondo fino a quando non verrà trovata una soluzione equa per gli autori, garantendo agli ex soci i diritti che hanno acquisiti per continuare a percepire l'assegno, e trovando ovviamente una soluzione anche per gli associati che hanno versato il 4 %.
Hanno aderito al nostro appello anche la Federazione Autori e l'Associazione (quella di Gino Paoli, Lucio Dalla ed altri).

Ricordiamo il precedente articolo sulla chiusura del Fondo di Solidarietà della Siae ai vecchi autori:
http://www.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=6311&typeb=0&La-Siae-cancella-la-pensione-ai-vecchi-autori

Ecco come stanno i fatti: la questione della chiusura del Fondo di Solidarietà è esclusivamente politica. Gli Editori Musicali tutti versano il 2% dei loro incassi al Fondo che erogava i circa 600 euro mensili ai soci Siae che avevano maturato, nel corso della loro vita lavorativa, questo diritto.
Per capire meglio, Grandi Editori Musicali (Universal, Emi, Rca, Sony etc.) che in sede direttiva comandano a bacchetta nella Siae, essendo loro i potenti incassatori. Di fatto, quindi, hanno tutto l'interesse che il Fondo di Solidarietà scompaia, perchè: proviamo ad immaginare il 2% di molti milioni di euro a fondo perduto (la "solidarietà" viene purtroppo considerata così dalla maggior parte di essi) e senza avere concretamente nulla in cambio.

Il Fondo di Solidarietà godeva anche del 4% dell'incasso Siae degli Autori, quindi anche quello di nomi importanti come: Baglioni, Morricone, Gino Paoli, Venditti, Pino Daniele, Zero e compagnia cantante (e suonante) che questo diritto percepivano come i più poveri, ma che certamente al fondo davano molto di più di ciò che il fondo erogava loro. Magari, con questa somma sicuramente esigua per questi famosi artisti, grandi incassatori di diritti, ci comprano le caramelle ai nipotini (o le mutandine di pizzo alle nipotine).

Il Presidente della Repubblica, dopo l'"uscita" del Presidente della Siae, l'avvocato Giorgio Assumma, ha commissariato l'Ente per cercare di farlo "funzionare meglio" e, per tutta risposta, il direttore generale Gaetano Blandini e i commissari straordinari Gian Luigi Rondi, e i sub-commissari Domenico Luca Scordino e Mario Stella Richter, si mettono a favorire il potentato dei Grandi Elettori e chiudono il Fondo agli Autori che, è bene ricordare ancora, hanno contribuito, con loro incassi, a far crescere la Siae.

La maggior parte di questi autori (i percettori del Fondo sono 1.085) non sono più nel mercato del lavoro ed aspettano i soldi del fondo anche per motivi legati alla sola sopravvivenza.
C'è ancora da dire che i beneficiati del Fondo di Solidarietà, godevano anche di una piccola assicurazione malattia, di queste che ti pagano al massimo 10 giorni di ricovero (l'11esimo paghi tu...).

Rivolgiamo un pensiero ai vecchi artisti finiti (il 'rutilante' mondo dello spettacolo è spietato, anche più di altri ambienti) che hanno alimentato, con i loro diritti, il Fondo per tutta la loro vita, che poi si vedono privati anche di questa piccola sicurezza, un ombrellino sulla testa.
C'è da chiedersi a 70, 80 anni quale assicurazione ti rimette in piedi una polizza malattie? Penso nessuna.

Ricordiamo le parole di un autore importante come Giancarlo Governi il quale scrive sull'argomento:

"Si tratta di un fondo di solidarietà messo da parte degli stessi autori e quindi la Siae non ha nessun diritto su di esso. Tantomeno i grandi editori che oramai sono dei veri parassiti. Una volta gli editori musicali avevano una reale funzione di diffusione del prodotto degli autori, vendendo gli spartiti e pubblicizzandone l'opera. Oggi gli editori non hanno più ragione di esistere, anzi esistono soltanto per prendersi i 12/24. E spadroneggiare sulla Siae. E' arrivato il momento di fare due Siae: quella degli autori e quella degli editori, così si potrà vedere chi produce e chi campa su chi produce".

Ciliegina sulla torta: la Siae chiude l'erogazione dei soldi e non avvisa nessuno, se non con un sibillino trafiletto sul suo sito. Immaginiamo chi fa conto sull'assegno per pagare le proprie spese, apre il rubinetto e l'acqua è finita. Una vera iniquità, ammantata di perversione!

giovedì 19 gennaio 2012

Giancarlo Bigazzi e la semplicità del genio


Giancarlo Bigazzi in una delle sue foto recenti

Giancarlo Bigazzi in una delle sue foto recenti

di Piero Montanari
Esiste un genia di parolieri e musicisti italiani il cui nome è sconosciuto alla maggior parte delle persone. Basta, però, un accenno ad un motivo di loro composizione, che vedi subito una luce ed un sorriso apparire negli occhi di chi ascolta, mentre le labbra si muovono veloci per continuare a cantare il brano conosciutissimo.

Giancarlo Bigazzi, fiorentino d.o.c., era uno di questi grandi autori di canzoni, inventore soprattutto di testi ma anche di musiche. La morte lo ha colto il 19 gennaio a 71 anni nell'ospedale Versilia di Viareggio, dove era da qualche giorno ricoverato per una malattia grave.

Questo grande autore per decenni ha contribuito alla nascita di artisti bravissimi, di canzoni straordinarie e di storie tra la gente, legate alle sue canzoni.

Si parla tanto dell'immaginario collettivo, dei topòs, degli incontri fatali che le musiche hanno da sempre sottolineato, come colonne sonore di tutti i giorni e per tutti quanti noi, che è impossibile non ricordare i brani di Bigazzi:
Luglio per Riccardo Del Turco, Lisa dagli occhi blu per Mario Tessuto, Rose Rosse per Massimo Ranieri, Eternità per i Camaleonti e Ornella Vanoni, ma anche Montagne Verdi per Marcella Bella, Erba di casa mia per Massimo Ranieri, Un sorriso e poi perdonami per Gianni Bella, con il quale Giancarlo Bigazzi aveva stretto uno straordinario sodalizio; ma ancora: Ti amo ti. e Gloria per Umberto Tozzi (brano in classifica anche negli Usa).
Nel 1992 scrive, con Marco Falagiani e Giuseppe Dati, Gli uomini non cambiano, portata al successo da Mia Martini che, secondo me, è il suo pezzo più bello, anche per l'interpretazione della grande cantante.

Nel 1971 aveva fondato - assieme al paroliere Daniele Pace, il musicista Totò Savio, i discografici Alfredo Cerruti ed Elio Gariboldi - il gruppo degli Squallor, nato come uno scherzo goliardico tra amici che ottiene, invece, uno strepitoso successo durato oltre vent'anni e mitizzato dalle nuove generazioni. Per il gruppo, Bigazzi scrive tutti i testi, e appare anche come attore nei due film, Arrapaho e Uccelli d'Italia.

A proposito di cinema, Giancarlo riesce pure a mettere le mani sulle musiche di un film che vinse l'Oscar, quel Mediterraneo di Gabriele Salvatorès. Ma sue sono anche le colonne sonore di Mery per sempre e Ragazzi fuori di Marco Risi.

Spesso, nel corso della mia vita professionale, come strumentista e compositore, ho avuto modo di ascoltare critiche trancianti su artisti considerati 'popolari' con un'accezione negativa, artisti alla cui specie apparteneva Giancarlo Bigazzi, e molte volte io stesso avevo, nei confronti di autori come lui, una sorta di aristocratica supponenza, forse perché non riconoscevo in loro la semplicità del genio, e la capacità di scrivere cose che restavano nella testa e nel cuore della gente.
Affascinato musicalmente da altro, pur apprezzandone le straordinarie qualità, evidentemente non ne capivo la grandezza.

Non capivo la tua, caro Giancarlo, che però oggi, nel giorno della tua morte, mi appare straordinariamente luminosa.

martedì 17 gennaio 2012

La Siae cancella la pensione ai vecchi autori



Il commissario straordinario della Siae, Gianluigi Rondi: ma lo sa cosa ha firmato?



















Il commissario straordinario della Siae, Gianluigi Rondi: ma lo sa cosa ha firmato?

di Piero Montanari

Drammatica notizia per gli autori con più di sessant'anni, iscritti ed associati alla Siae, Società Italiana Autori ed Editori e in diritto di percepire il cosiddetto "assegno di professionalità", erogato attraverso un fondo ai soci aventi diritto.

A partire dal 1 gennaio 2012 viene cancellato in maniera piuttosto inattesa, iniqua e violenta dal Commissario Straordinario Gian Luigi Rondi, i sub-commissari Domenico Luca Scordino e Mario Stella Richter e dal d.g. dell'Istituto, Gaetano Blandini, quello che per molti di noi è una, se non l'unica, fonte di sostentamento.

Il Fondo non rappresenta, ne ha mai rappresentato, una forma di previdenza (in senso stretto), come impropriamente da più fonti affermato, esso, invece, assume carattere di vera e propria solidarietà fra i membri di una stessa comunità, sino ad oggi i soci SIAE, che attraverso una contribuzione individuale, integrata da quella della Società, hanno realizzato una forma solidaristica per i soci anziani.

Gran parte dei percepienti di questo che, a tutti gli effetti, era un assegno pari ad una piccola pensione, non avranno probabilmente di che vivere: immagino anche, vista la categoria di anziani cui era destinato il Fondo, molte vedove/i di artisti dello spettacolo, scrittori, soggettisti, autori, compositori che hanno visto buoni periodi lavorativi ma, per una sordida legge che governa questo ambiente, finire in un decalage esistenziale o magari in miseria nera.
Personalmente ne conosco moltissimi e posso testimoniare che il Fondo aiutava molte di queste persone, anche se la sua cifra mensile non superava i 615 euro al lordo delle trattenute.

Il taglio da parte dei nostri "Capoccioni" della Siae di questo Fondo (nel quale tutti noi versavamo il 4% annuo dei nostri proventi dai diritti acquisiti), si deve probabilmente ad una vecchia vicenda, perché esso è inestendibile con analoghi criteri alla moltitudine di iscritti all' Istituto che vi dovranno accedere (ma ora non più, secondo i "Capoccioni"), considerando il fatto che il il problema del Fondo si riallaccia alla ben più annosa questione riguardante il riconoscimento professionale della categoria autori, con le conseguenti garanzie previdenziali ad oggi mancanti.

Quindi che cosa hanno pensato di fare i sunnominati "Capoccioni" della Siae (mentre noi in strada a lavorare e produrre Cultura per il Paese)? Togliere i soldi ai "poveracci"!

Tra i percepienti del fondo ci sono anche artisti e autori di straordinario successo (non faccio i nomi ma potete immaginare chi sono, gente che guadagna milioni l'anno di diritti Siae) che con quei soldini ci compravano le caramelle ai nipoti. Ma c'è anche tanta gente meno fortunata che con quell'assegno ci campava.

Questo colpo di mannaia della Siae è una delle più grandi iniquità che il popolo degli Autori di questo strano Paese potesse aspettarsi per il nuovo anno: è immaginabile che ci riuniremo in una class action e daremo battaglia dura, che poi è, a tutti gli effetti, una vera battaglia per la sopravvivenza.

Si continuano a colpire le classi più deboli, ma anche la Cultura di questo Paese. Vergognatevi!

mercoledì 11 gennaio 2012

Processo Sarah Scazzi e il ritorno dei tombaroli

Padre e figlia imputati
Padre e figlia imputati 
 
di Piero Montanari

Con grande clamore mediatico, ieri è iniziato il processo per la morte di Sarah Scazzi, la cui triste storia è stata per un anno una delle notizie di cronaca col più alto interesse popolare.
Avetrana, il paese del delitto, trasformato per lungo tempo in una base operativa giornalistica e televisiva h24, con le tende piantate davanti alla casa dove la ragazzina venne uccisa, per carpire una parola e rubare un'inquadratura ai protagonisti, ormai nel ruolo di mostri mediatici.

Il Comune di questo paese si è costituito parte civile per i danni d'immagine subiti e i media, dopo un periodo di pausa, sono tornati a frotte "sul luogo del delitto" e a Taranto, dove il processo si svolge, per raccontarci quello che sarà il piatto forte della televisione nei prossimi mesi.
Il tutto sara' ripreso integralmente dalle telecamere di Un giorno in pretura, ammesse in aula e volute fortemente dai giudici, che considerano l'importante aspetto sociale del processo. Ma qual'è?

Ieri la storia della povera Sarah ha ricominciato a rimbalzare in tv, dai tg alle trasmissioni di commento, col solito parterre di opinionisti varioqualificati e c'è da aspettarsi nelle prossime settimana la raffica di prime serate sull'argomento.

Ieri a Matrix di Banale 5, il conduttore e "scoperchiatore di tombe" Alessio Vinci cercava di far salire l'argomento Sarah nelle alte sfere della sociologia, mentre lo psicologo di turno tracciava un quadro del perché tanto interesse intorno al delitto a dir poco inquietante: vedremmo nella truculenza di questi accadimenti, la rappresentazione del Male Assoluto che c'è nell'Uomo. Ne abbiamo orrore ma ne siamo attratti. Il ritorno della psicologia d'accatto.

Non c'è da stare sereni per nulla, perché nei prossimi giorni gli altri "tombaroli" sferreranno l'attacco mediatico al delitto Scazzi:

Porta a Porta di sicuro si farà un plastico dell'aula del processo in scala 1:1 con Vespa che fluttuerà leggero tra la gabbia degli imputati e il banco dei giudici.
Quarto Grado con Salvo Sottile (ma chi è costui?) l'unico siciliano che abbia mai sentito parlare con accento sardo, che per me è il più bravo scoperchiatore di tombe della nostra televisione: riesce, sempre in sardo, a parlare per decine di trasmissioni delle stesse cose: Sarah Scazzi, Melania Rea, Salvatore Parolisi, delitto di Garlasco, delitto di Perugia etc anche quando poco o nulla c'è da dire.
Chi l'ha visto? con la brava Federica Sciarelli (ma sempre con la voce un ottava sopra i decibel sostenibili dall'orecchio umano) la quale ammanta le efferatezze di questi delitti con l'alibi del servizio pubblico, ma che poi, in una diretta storica, svela alla madre di Sarah che la figlia è stata ritrovata nel pozzo.

Orrori su orrori, è solo l'inizio e ce ne saranno per tutti.

lunedì 9 gennaio 2012

La lirica in Italia secondo Pupo

Pupo Enzo Ghinazzi nel Barbiere?


Pupo Enzo Ghinazzi nel Barbiere?

 da www.globalist.it

di Piero Montanari


L'icombenza della fine delle festività (le soffro, sia quando arrivano che quando se ne vanno: e monta l'albero e le lucette, e smonta l'albero e le lucette, come le gambe della nonna di Verdone) non mi ha distratto dal vedere la seconda ed ultima puntata del programma di prime time di Rai 1 "METTIAMOCI ALL'OPERA", un ulteriore talent, questa volta dedicato alla scoperta di voci nuove della lirica, con il plot trito e ritrito della tenzone: stesso brano famoso interpretato da otto giovani promesse del bel canto (due per volta) una giuria di esperti, il soprano Chiara Taigi, il "wedding planner" e lookologo Enzo Miccio ed il melomane, l'attore Enzo Decaro, e alcuni contorni scamuffi di vario varietà, formato da balletti insipidi a punteggiare le esibizioni dei concorrenti, più un quartetto di soprani, che interpretavano brani famosi ed insieme ululavano alla luna, qui rappresentata dal "cinquemila" puntato su loro (quattro soprani che fanno la stessa nota contemporaneamente producono una orribile cacofonia).

Ma il piatto forte delle serate sono stati i due conduttori, "Pupo" Enzo Ghinazzi, che qui ritroviamo, come nel Miracolo dell'Avvento, inspiegabilmente a condurre la prima serata di Rai Uno, e la bella ma inutile Nina Senicar, che con il suo italiano totalmente approssimativo non era di nessun aiuto al povero Pupo, che di aiuto aveva grande bisogno, in quanto notoriamente in lite con la lingua dei Padri, a lui semisconosciuta.

Non so chi abbia scelto l'accoppiata dei conduttori, ma deve essere persona di grande umorismo e indubbia cattiveria, sia verso i telespettatori che nei confronti dei due poveri presentatori, buttati nell'arena del programma a parlare di una cosa che non conoscono assolutamente, oltre la succitata consecutio temporum.

Avevamo bisogno di questo programma ed ennesimo talent show per rilanciare o far conoscere la lirica in Italia? La risposta è: assolutamente no, soprattutto se la conduzione è affidata a due che di bel canto non ne sanno un' acca, e che è poi per altro una pedissequa ed infelice imitazione di un brutto X Factor.