L'AUTORE

giovedì 30 settembre 2010

Nonno Renato ha 60 anni

Ieri, 29 settembre, è stato il mio compleanno. Anzi, oggi lo è, nel senso che sono nato ieri alle 23:30 ma mio padre mi depositò all'anagrafe il giorno dopo. Un mistero il motivo, che però mi costringe a bagordare per due giorni e che mi destabilizza un tantino.
Ho pensato di festeggiarlo con un altro personaggio (no, non è Berlusconi...) nato anch'egli il 30 settembre del 1950: Renato Zero. Sono andato al primo dei suoi otto concerti a Villa Borghese per i suoi 60 anni, con l'amico Giancarlo Governi, omaggiato proprio da Renatino di due splendide poltronissime. Giancarlo gli aveva fornito alcuni video che sono andati nel maxischermo proprio nell'incipit del concerto, quando Renato canta il suo nuovo brano su Roma, e così i due biglietti, con promessa di cena dopo-concerto tutti insieme.

Non ero mai stato ad una esibizione di Renato, almeno non negli ultimi 35 anni, dopo che la nostra collaborazione si era interrotta. Avevo suonato nel suo LP d'esordio con la Rca, "No mamma, no" e avevamo anche iniziato a scrivere canzoni insieme, tipo "La favola mia" che pure ieri ha cantato. Eravamo amici molto tempo fa, in comitiva insieme con le sorelle Bertè e Roberto Conrado, in giro per locali di Roma, sigarette e passaggi in auto alla montagnola scroccati di notte. Bella storia. Poi Renato ebbe successo, meritatamente, ostinatamente, con la sua grande voglia di rivalsa dalla povertà, unita a quel talento straordinario che ha di comunicare sè stesso e la sua anima popolare alla sua gente. A proposito, ieri ero circondato da vecchi "sorcini" con pancere e capelli bianchi che cantavano a squarciagola le sue canzoni. Segno che il "suo popolo" è cresciuto ed invecchiato insieme a lui.

Una bella orchestra di archi diretta dal fido Renato Serio, unitamente alla ritmica ed alle tastiere, hanno creato un suono di buona qualità, non fracassone e mai prevaricante su Renato che, da par suo, ha sfoggiato una voce matura e migliorata nel tempo, come il buon vino. Le sue "mise" sempre cosparse di paillettes e lustrini sempre un pò trash coprivano a malapena la pancia ormai debordante. Ma se si mettesse un pò a dieta? Farebbe bene al suo aspetto e soprattutto alla sua salute. Si muove sempre a suo agio sul palco anche se, come Totti, gioca da fermo.

PS: Quando ha cantato "la favola mia" non mi sono emozionato, segno che la mia depressione ormai la fa da padrona.
La cena dopo-concerto non si è fatta perchè Renato era stanco (i 60 si sentono). Giancarlo ed io, morti di fame, siamo finiti all'Harry's Bar di Via Veneto dove, dopo aver mangiato qualcosa siamo stati rapinati dal cameriere.

mercoledì 29 settembre 2010

Ricordo di Vincenzo Crocitti

(notizia ansa)
Si è spento nella notte tra il 28 e il 29 settembre all’età di 61 anni dopo una lunga malattia l’attore Vincenzo Crocitti. Popolare per il ruolo di Mariano in "Un medico in famiglia" su Raiuno, il caratterista di origini calabresi aveva esordito con Alberto Sordi all’età di 28 anni in "Un borghese piccolo piccolo" di Mario Monicelli, dove interpretava l’amato figlio di Sordi. Partito dalla commedia italiana, Crocitti è poi diventato noto al grande pubblico anche per la serie "Carabinieri" su Canale 5, dove interpretava il vicebrigadiere Bordi. L’attore esordì nel mondo del cinema con il musicarello "Nel sole" nel 1967 con Al Bano e Romina Power e successivamente fece parte del cast del televisivo "Orzowei". Tra gli altri film ha avuto una parte in "Rag. Arturo De Fanti, bancario precario", "Melodrammore", "Romanzo popolare", "Il colonnello Buttiglione diventa generale", "I sette magnifici cornuti".
 Di Piero Montanari

Ho un ricordo personale di Vincenzo: nel 1983 insieme all'amico e collega Kiko Fusco, decidemmo di far cantare ad Alberto Sordi un brano che avevamo scritto proprio pensando a lui, stile "compagnucci della parrocchietta", una canzone divertente ed autoironica che si chiamava "Voglio mamma". 
Non ricordo il motivo per il quale Sordi non volle fare il pezzo e fu lì che ci venne l'idea di farlo interpretare dal suo ormai cinematograficamente riconosciuto  "figlio", Vincenzo Crocitti, che peraltro gli somigliava terribilmente. Causa ne fu che Vincenzo venne scelto in questo ruolo ne "Il borghese piccolo piccolo", lo straordinario e discusso film di Monicelli, divenendo improvvisamente famossissimo e, ormai per sempre, "il figlio di Alberto Sordi".
Ricordo ancora che andammo a cercare Vincenzo mentre faceva una partita a Polo, sport per il quale aveva una vera passione, nei campi romani dell'acqua acetosa e gli proponemmo il brano. 
Lui fu felicissimo ed entusiasta e dopo pochi giorni venne in sala a cantarlo. Ne venne fuori un 45 giri pubblicato dall'etichetta Hollywood di Carlo Mezzano (marito della Minoprio), poco o mai distribuito. Oggi questo 45 è  sicuramente raro ed introvabile.

martedì 28 settembre 2010

Giancarlo Governi su Bossi S.P.Q.R.

Lascio volentieri all'amico Giancarlo una battuta ed il conseguente articolo perchè rappresenta perfettamente il mio pensiero e quello di alcuni milioni di persone, e non soltanto di Roma. 
PS: Piccola indiscrezione. Un amico ieri sera 27 settembre era ad un cocktail sulla terrazza del Campidoglio dove c'era anche il sindaco Alemanno che, conversando su questa storia, ha dichiarato che Bossi si ferma troppo spesso nelle osterie della padania...

Caro Bossi, sai cosa accadeva a Roma mentre voi eravate ancora sugli alberi? (di G.Carlo Governi)

Ciò che mi meraviglia in Umberto Bossi è la pretesa di essere originale. Me lo immagino, quando fa le sue sparate, davanti al suo popolo padano, vestito di verde, che si arrovella un po’ nel pensiero e alla fine tira fuori la massima che sorprende e fa sbellicare dalle risate il suo popolo adorante. Questa volta ha tradotto l’acronimo SPQR (che, come ci hanno insegnato a scuola, fin dalle elementari, vuole dire Senatus PopulusQue Romanus, il senato e il popolo romano: faccio la traduzione a favore del “popolo padano”) in “Sono porci questi romani”. Come se avesse inventato lui questa spiritosaggine….  Deve sapere il “senatur” che noi da bambini forse abbiamo imparato prima la versione parodistica di quella autentica. E se a un ragazzino romano chiedevi il significato di quelle quattro lettere impresse in tutte le lapidi antiche quasi certamente diceva: sono porci questi romani. Che poi già 50 anni fa, Asterix andava ripetendo la versione edulcorata che suonava così: sono pazzi questi romani. Umberto Bossi o dell’invenzione dell’acqua calda, quindi.
Cosa significa questo? Che i romani hanno fatto la storia e i loro epigoni hanno saputo parodiarla, grazie al senso dell’umorismo che le varie vicende storiche a cui sono stati sottoposti hanno loro trasmesso.
Su una cosa Bossi ha ragione, sul circuito di Formula 1 a Roma, che farebbero bene a mantenere a Monza. Però quell’invito a correre con le bighe mi fa ricordare quello che qualche bello spirito romano ricordò ai leghisti che alcuni anni fa marciarono su Roma con l’intento, soltanto simbolico, di dare fuoco al Colosseo e che furono accolti da una striscione che diceva: “quando voi ancora stavate sugli alberi, noi eravamo già froci”. Come si dice a Roma: quando ce vo’ ce vo’. A cui aggiungerei: e abbasta!!!!!

PS. Ci sono state molte reazioni alla sparata anti Roma del senatur, alcune serie, come quella del Sindaco della Capitale, altre spiritose come quella di Verdone o questa nostra. Fra tutte mi ha colpito quella di Francesco Totti (er capitano...) il quale ha invitato Bossi a ripetere le sue parole davanti al Colosseo o addirittura davanti alla Curva Sud (una sorta di Colosseo dei nostri tempi...). sarebbe come dire: esci fori se ci hai coraggio! Speriamo che Bossi questo coraggio non lo abbia.

venerdì 24 settembre 2010

Un'altra perfidia del Cavalier Serpente

Pubblico volentieri un nuovo stiletto dello strisciante Cavaliere, stavolta diretto al cuore dei figli dei personaggi famosi. Come non dargli ragione? Leggete gente, leggete.

“CHE PAURA, C’E’ PAPA’ IN SALA!”

Roma, 16 settembre, Auditorium dei Congressi, piccola orchestra d’archi, bel pubblico, ottimo prosecco offerto nella hall (e voi sapete quanto ci teniamo). Sale sul podio Andrea. Noi siamo in prima fila, a tre metri dietro di lui, che attacca a dirigere. La punta della bacchetta trema, vediamo le spalle contratte, i movimenti rigidi. Suda. Il primo pezzo, breve e spigoloso, passa, Il secondo è più lirico e dolente e Andrea sembra rilassarsi, ma la schiena è ancora piena di nodi. Il concerto va avanti così fino all’applauso finale. Andrea ringrazia, cerca con gli occhi papà in sala, lo trova, lo invita a salire, e papà Ennio sale, dirige una sua composizione già nel cuore del pubblico, più riconoscibile delle precedenti; scroscio di applausi, papà saluta e scende.
I due, si sarà capito, sono i Morricone. Padre e figlio. Essere figlio del musicista più famoso del mondo, e fare lo stesso mestiere! Non importa nemmeno sapere chi è il più bravo, anche se si può immaginare. E’ una situazione pesante e senza uscita. O meglio, un’uscita (e intendiamo questa parola in senso definitivo) a nostro parere esiste, ed è al centro di una teoria che vi esporremo più tardi.

Rischiosissima la combinazione di artisti nella stessa famiglia, separati da una generazione, e spesso da un abisso di qualità. Anche troppi sono gli esempi, quasi sempre sfavorevoli, indovinate per chi? Dal giovane De Andrè, al giovane Guidi (Dorelli) a Jannacci junior, agli innumerevoli figli drogati, alcolizzati, squilibrati di cui sono pieni gli stati di famiglia di ben più famosi genitori di Hollywood. Un esempio: la cucciolata degenere di Marlon Brando, il figlio in galera di Michael Douglas.

Abbiamo avuto fra le nostre amicizie più care quella cinquantennale con Bruno Lauzi, che ci ha lasciati da poco. Abbiamo visto nascere, studiare, stupirci suo figlio Maurizio, pieno di talento, buon autore, ottimo pianista, bravo cantante, e per di più bello e simpatico. Incoraggiato e sostenuto all’inizio, poi è rimasto intrappolato nell’ombra di suo padre che, anche se piccola, era molto scura. E quando papà è (per usare il termine di prima) uscito, non era più il momento giusto, e a Maurizio il sorpasso è sfuggito. Non potete immaginare quanto ci dispiace.
 Ma lo sapete che nel cimitero protestante di Roma (un giardino incantato vicino alla piramide, che vi suggeriamo per un incontro romantico-decadente) c’è la tomba di August Goethe, figlio di quel famosissimo padre. Beh, sulla lapide non c’è neanche il suo nome. C’è scritto solo Goethe Filius. Cosa dev’essere stato avere per padre un simile macigno. Neanche da morto, libero!
Poi, certo, ci sono le dinastie famose, gli Strauss, i Marcello, ma sono troppo lontane da noi per sapere davvero quale prezzo hanno dovuto pagare i più giovani per rimanere in carreggiata.

Eccola la teoria che potrà sembrare spietata, ma a nostro parere è assolutamente realistica. A un certo punto della vita, per non ingobbirsi come un germoglio spuntato sotto una pietra bisogna rimanere orfani. Al momento giusto. E se il decesso del genitore ingombrante non avviene, bisogna procurarlo. Attenzione! Non vogliamo dire che il vecchio deve morire davvero (anche se non guasterebbe, perché, così, nessun senso di colpa nel cercare di cancellarlo). No, naturalmente. Basta che muoia simbolicamente, professionalmente, che si lasci superare, che si fermi all’area di servizio, al pit stop, mentre la nuova generazione passa avanti, cambia marcia e se ne va veloce il più lontano  possibile
Per diventare adulti davvero, e perciò protagonisti della propria vita, personale e professionale, bisogna perdere tutti i sostegni, tutte le possibilità di essere consolati da mammà e raccomandati da papà, insomma, rinunciare alle protezioni contro il mondo cattivo (che naturalmente non è cattivo; è, e basta). Bisogna essere orfani.

P.S. Se qualcuno avesse deciso di offendersi, gli facciamo presente che anagraficamente noi apparteniamo al gruppo da sorpassare. Siamo la generazione dell’area di servizio e crediamo di non essere ancora rimbambiti. Quindi, nessun sospetto di faziosità sulla nostra teoria. Anzi.

 PP.SS. Vostro onore, la difesa vorrebbe aggiungere qualcosa a favore del vecchio testardo, reo di non farsi da parte. Se gli piace continuare a gustarsi la gloria e persevera con sano egoismo a vivere, che lo faccia. Peggio per chi rimane in coda.


mercoledì 22 settembre 2010

La morte di Sandra Mondaini

Sono sinceramente addolorato per la scomparsa, a 79 anni, di Sandra Mondaini. Era una di quelle persone che ti entravano in casa con la tv e diventavano, nel tempo e nella "frequentazione", parenti catodici. Come Baudo, o Raimondo Vianello, Mike Bongiorno o Corrado. 

La povera Sandra, dopo un glorioso passato in Rai, aveva sposato la tv commerciale ed era diventata un icona di Canale5, con le sue divertenti sit-com insieme a suo marito Raimondo. Adorava Silvio Berlusconi (soprattutto politicamente) e ne portava il vessillo in ogni occasione assieme a Vianello, da sempre uomo di destra ed ex repubblichino di Salò. 

Giancarlo Governi mi raccontò tempo fa di aver invitato la Mondaini in un ristorante a Milano per realizzare con lei una lunga intervista, da mettere poi in uno dei Ritratti a lei dedicato, uno di quelli che solitamente facciamo per Rai3.
Lei accettò di buon grado e, durante la conversazione per accordarsi sul programma, a Giancarlo venne l'idea, quanto mai infelice a questo punto, di parlare in termini negativi del Presidente del Consiglio.  "Sandra si alzò dalla sedia nel mezzo della colazione - racconta Governi - dicendo, fortemente offesa, che mai avrebbe lavorato con un simile detrattore di Berlusconi e chiese subito al cameriere di chiamarle un taxi. Rimasi ovviamente di stucco ed il programma non si fece più".

Povera tenera Sandrocchia. La cosa che più mi dispiace, dopo la sua scomparsa è che è morta convinta che Berlusconi sia un grande statista, ancorchè grande uomo.
 

venerdì 17 settembre 2010

Dal Cavalier Serpente: Un'altra cattiveria


Mi fa piacere dare ancora spazio all'amico Cavalier Serpente, alias Stefano Torossi, per un'altra sua toccatina di cattiveria all'indirizzo della...scarza ristorazione intorno agli eventi jazzistico-mondani ed anche nei confronti di un collega bassista, Marco Siniscalchi, reo di suonare con... poco swing (e te pare poco?)

SWING E TRISTI WURSTEL
Roma, 20 agosto, concerto di Marcello Rosa and friends. Una formazione nutrita e molto buona. Il concerto era in onore di Rosa, famoso trombonista e santo protettore della manifestazione più sontuosa dell’estate di Roma, il Villa Celimontana Jazz Festival, tanto è vero che il becco a forma di trombetta della papera, logo del festival, è rosa, per via del suo cognome (lo ha dichiarato in pubblico Giampiero Rubei, il patron).
La Villa è uno degli incantevoli parchi di Roma, da molti anni sede di questo festival, accompagnato da discontinui servizi di gastronomia, all’inizio così così, poi migliorati, e adesso al bar si beve un ottimo Negroni.
Quello della ristorazione collegata alla musica o allo spettacolo in generale, è un altro argomento (indigesto!) che si presta alle nostre perfidie. Lo avrete certamente notato: di solito dove si fa buona musica, si fa cattiva cucina. Ci tornano sù le raccapriccianti cene al New Orleans Cafe di Roma, locale ormai passato a miglior vita; ci è capitato in un recente festival di jazz (“Odio l’estate”) di sentirci dire al bar, non alle due di notte, ma alle 21,30 che era finito il ghiaccio, e quindi niente cocktails. Alla Casa del Jazz, solo un banco di birra e un kebabbaro.
Ma il colmo lo abbiamo vissuto ultimamente al Festival del Cinema di Venezia. Occasione unica di spettacolo e mondanità. Per il cibo c’era il Movie Village, ampio spazio sotto gli alberi, contiguo al Palazzo del Cinema. E qui, sul bancone, sotto un neon da obitorio, fra sandwich pallidi, patate cianotiche e praticamente niente altro, giacevano, orrore! i Tristi Wurstel. Salsicce (ovviamente, sappiamo che i wurstel sono salsicce) ma queste...tagliuzzate, anzi scolpite in modo da rappresentare dei bassotti con coda e quattro zampette. Li abbiamo ordinati, pagandoli naturalmente a prezzi da Lido di Venezia, e mangiati con vero dispiacere: la pelle un po’ secca, la temperatura appena sufficiente, il sapore ospedaliero. Perché non affidare la cucina a qualcuno che sa farla? Guadagnerebbero molto di più con della roba buona.
Ci ronza nell’orecchio il borbottio dell’amico: cosa te ne importa del mangiare? Ai concerti si va per la musica. Noi dichiariamo davanti a tutti che non è vero. Una serata più è ricca, più ci piace. Buona compagnia, la luna in cielo (all’aperto), una climatizzazione efficiente (al chiuso), ottima cucina, bar con molto ghiaccio. E naturalmente buona musica, che diamine!
Anche senza arrivare a questi estremi, di solito è roba surgelata e scaldata al microonde, i vini spesso discutibili. E allora la salvezza è la birra. E infatti tutti col bicchiere di plastica in mano. Ma...
Ma ci sono a nostra conoscenza, qui a Roma, due egregie eccezioni: la prima è il Cotton Club, locale arredato con metri di tendaggi anni sessanta, e dove si fa musica anni sessanta, però si serve buon cibo contemporaneo. L’altra è l’Alexanderplatz, una cantina che di arredamento non ha bisogno, tanto è piena di storia del jazz. Qui la cucina è eccellente, come i vini. Stop.
Torniamo alla musica.
Abbiamo tendenze suicide? Forse, visto che ora è nostra intenzione affrontare pericolosissime sabbie mobili: vogliamo parlare (brevemente e con leggerezza, niente paura) di swing, e per farlo è forse necessario partire dalla mancanza del medesimo, perché lo swing è una di quelle salse che arricchiscono il piatto, ma quando mancano, tutto diventa insipido (chissà come mai anche qui è spuntato l’esempio gastronomico).
Da una qualsiasi enciclopedia della musica: “Swing, termine americano = altalena, altalenante. Lo swing è il gioco delle accentuazioni degli anticipi e dei ritardi, che non può in nessun modo essere messo su carta, ma solo suonato” (e forse neanche descritto, aggiungiamo noi).
Proprio durante il concerto di cui parliamo, la salsa c’era, e squisita, poi è successo qualcosa. L’ottimo Siniscalco che aveva sostenuto molto bene il gruppo fino a quel momento con il suo contrabbasso acustico, a un certo punto ha imbracciato il basso elettrico e qui il condimento è cambiato.
Noi crediamo che il problema sia in partenza fisico: le corde dell’acustico, molto lunghe e grosse hanno bisogno di più tempo per entrare in vibrazione. Questo permette di giocare meglio sulle deviazioni dal tempo matematico che fanno lo swing, mentre quelle dell’elettrico sono più corte e più sottili e reagiscono più rapidamente al tocco del musico, con il rischio che gli anticipi siano troppo anticipati, e i ritardi annullati. E’ chiaro che non dipende solo dalle leggi della fisica. In contemporanea, bisogna che succeda qualcosa nel cervello, forse nel cuore, o magari solo nelle mani dello strumentista che deve toccare la corda in modo diverso a seconda dello strumento. Tutto questo è ovviamente innato. L’altalena ha da esserci fin da subito perché inventarsela è proprio impossibile. Se manca, viene fuori un suonare seduto, non elastico. Che può andar bene per il rock, ma non per il jazz.
Ecco perché a quel punto ci siamo ritrovati immobili come un sasso sulla sedia su cui prima saltavamo.
Cioè senza swing.
Adesso che abbiamo scritto la frasetta finale a effetto, dobbiamo precisare: l’ottimo Siniscalco è uno che suona benissimo, ma in quel momento forse era distratto o stanco, o forse distratti e stanchi eravamo noi, oppure gli è scappata così; insomma, l’abbiamo proprio sentita la mancanza. L’assenza di quell’essenziale qualcosa che tutti gli esperti di jazz si affannano a cercare di definire, senza mai riuscirci. Magari non bisogna neanche dare troppa importanza alle leggi della fisica. In realtà conta il cervello, forse il cuore, certo le mani del musicista.
Vogliamo essere ovvii fino in fondo? E allora citiamolo, il famosissimo titolo: “It don’t mean a thing if it ain’t got that swing” (“Non vuol dire proprio niente se lo swing risulta assente”)!

martedì 14 settembre 2010

La morte di Claude Chabrol


Ieri, 12 settembre, è morto uno dei grandi registi della storia del Cinema francese che, insieme a Truffaut e Goddard, diede impulso a quello splendido periodo che venne poi chiamato nouvelle vague, la nuova onda, che fu coevo del nostro neorealismo.

Sinceramente pensavo che Chabrol fosse già morto, e non per un improvviso mio attacco di cinismo, ma solo perchè certi personaggi come lui, e come Fellini, Rossellini, De Sica, Truffaut, Totò, Chaplin, Stanlio e Ollio e tantissimi altri, sopravvivono assolutamente al loro corpo terreno, per entrare in una dimensione eterna, appunto incorporea, dove le loro Opere sono più importanti della vita stessa.

Andatevi a vedere la sua filmografia, ricca di storie di provincia, anche minime, ma con personaggi piccolo borghesi straordinariamente descritti dalla sua mente ironica e sarcastica .

Ricordo ancora Il buio della mente (La cérémonie 1995), un film che mi colpì molto per come le due protagoniste della storia, una domestica e una postina (Isabelle Huppert, Musa indiscussa del regista e Sandrine Bonnaire) sterminano freddamente e cinicamente una famiglia benestante in una sorta di strage di classe. La loro assoluta mancanza di emozione nell'uccidere quelle persone, ricorda lo spaventoso eccidio di Erba, inutile e per futili motivi, il buio della mente, appunto.

Il presidente della repubblica Sarkozy ha paragonato Chabrol ai giganti della cultura francese, come Rabelais e Balzac, e non c'è da dargli torto.

lunedì 6 settembre 2010

Yo Koiono


Oppure, se preferite il romanesco vulgaris: Io cojono. Nomen omen (almeno in dialetto).
Guardate l' 'installazione' al Moma di N.Y di questa... grande artista performer e poi capirete perchè i Beatles si sono sciolti!
La relazione di Lennon con Yoko getta davvero un'ombra sulla sua genialità: ma come ha mai potuto innamorarsi e farsi guidare da lei?



giovedì 2 settembre 2010

Il Cavalier Serpente e Gino Paoli


Mi trova d'accordo l'articolo su Gino Paoli che l'amico Stefano Torossi scrive sulla sua rubrichetta di perfidie musicali "Il Cavalier Sepente", che ben traduce il mio pensiero che da sempre ho su questo artista. Ricordo una sua partecipazione a Sanremo di qualche anno fa, per ricevere un premio alla carriera. Non salutò nessuno entrando, cantò le canzoni concordate, ricevette il premio, non ringraziò e se ne andò senza salutare, con la sua alterigia di sempre e la sua faccia certamente non "da spettacolo." E non credo sia timidezza...

JAZZ, ABBIGLIAMENTO E BUONA EDUCAZIONE
(di Stefano Torossi)

Che dire? Non c’è dubbio che Gino Paoli sia l’autore di tre o quattro canzoni fra le più belle della nostra generazione.

Lo abbiamo verificato ancora una volta al suo “Un incontro in Jazz” del 25 agosto nel Festival “Odio l’Estate” a Roma. E certamente di livello altrettanto alto era l’accompagnamento: un formidabile quartetto composto da Danilo Rea, piano, Flavio Boltro, tromba, Rosario Bonaccorso, contrabbasso e Roberto Gatto, batteria, il meglio del jazz in Italia.

Bene, sulla qualità della musica niente da obiettare. Applausi.

E’ sul modo in cui questa ottima pietanza ci è stata servita che abbiamo qualcosa da dire.

Il concerto di cui vi parliamo, lo usiamo naturalmente solo come esempio. Vogliamo generalizzare a quasi tutti gli eventi jazz.

Non ci sembra giusto che la star della serata (come qualunque comprimario) entri in scena con l’espressione di chi sale al patibolo, non accenni neanche un minimo saluto verso il pubblico che ha pagato salato, confabuli con i colleghi musicisti voltando la schiena a noi, attacchi la sfilza delle canzoni senza una parola, una presentazione, sempre con un atteggiamento di annoiato disgusto. Forse è timidezza, forse è la sua faccia di tutti i giorni, ma dal momento che uno sale sul palco, un minimo di obblighi ci sarebbero, tra cui mettere su una faccia di scena. Che poi, abbiamo trovato anche ridicolo che, dopo tutte queste dimostrazioni di superiorità, l’artista di cui sopra si rintanasse ogni tre pezzi dietro il pianoforte per fumarsi mezza sigaretta. Paura di essere sgridato?

Certo, ci sono i rockettari violenti che sputano sul pubblico, o gli tirano le chitarre, ma è un comportamento prevedibile, anzi previsto, anzi addirittura pregustato, e soprattutto è viva azione scenica. Quello che invece stronca le esibizioni di molti jazzisti è proprio questa aria di distacco, di noia (snob?), di chissenefrega. Ma perché? Come mai non hanno l’aria di divertirsi, visto che fanno una cosa che il resto della gente gli invidia? Che ci vuole a prepararsi una battuta, quattro movimenti coordinati, evitare le stupide pause in cui il bassista chiede al pianista la tonalità del pezzo che stanno per suonare, perché alla gente non basta ascoltare; al concerto si è portata anche gli occhi e vuole usarli.

I salti di Lionel Hampton, ve li ricordate? E le camicie di Miles Davis?

A proposito: ma come si vestono i jazzisti! Ma ci si può presentare con jeans sformati e sporchi, camiciazze di brutti colori, magliette di quel tono indefinibile, ma con suggestioni di sporco, fra il marroncino, il viola scuro e il nero, soprattutto quando si hanno superato i sessant’anni, o gli ottanta chili, e madre natura, generosa con il talento musicale, non lo è stata altrettanto con la bella presenza?

Non diciamo che i componenti di un gruppo dovrebbero essere tutti in smoking (anche se ci piacerebbe – vi ricordate l’eleganza suprema del Modern Jazz Quartet?), però un minimo di decenza, un pantalone con la piega, una giacca che copra i rotoli, le panze, i seni penduli degli anziani, forse, estrema audacia, perfino una cravatta. Oppure, anche una follia di lustrini, ma con dietro un progetto. Sempre per il rispetto a nostro parere dovuto al pubblico, che, lui si, può essere malvestito, ma almeno ha pagato.

Insomma, secondo noi stare su un palcoscenico a fare una cosa ben precisa, la musica, e di solito farla anche bene non basta. Perché non dedicare un minimo pensiero a quello che ci si mette addosso? Proprio così: che il vestito dica al pubblico che l’artista lo ha scelto dopo averci pensato, e anche parecchio, e non come se fosse sceso di casa a portare fuori l’immondizia.

Premio alla Cultura

PREMI SPECIALI

A BENEMERITI DELLA CULTURA

(Trofeo di Cristallo e Medaglia d’oro del Presidente dell’Ass. Cult. “P. Raffaele Melis O.M.V.”)

Musicista Regista Maestro PIERO MONTANARI
Roma

Premio “Francesco Di Lella”

“Per avere contribuito con la musica e la regia all’evoluzione ed all’affermazione di attori e cantanti di chiara fama nazionale ed internazionale, lasciando un segno vivo nel panorama cinematografico e musicale italiano, senza mai desistere anche in un periodo così difficile ed arduo come l’attuale.”

Firmato Augusto Giordano, Getulio Baldazzi, P.Ezio Bergamo, Rita Tolomeo, Maurizio Pallottí, Domenico Di Lella, Maria Fichera, Gianni Farina, Rita Pietrantoni, Paola Pietrantoni, Domenico Gilio.

Il premio sarà conferito il 13 giugno 2010 alle ore 16 al teatro S. Luca, in via Lorenzo da' Ceri 136 - Roma.

Esce il cofanetto della mitica trasmissione!

Esce il cofanetto della mitica trasmissione!
Finalmente nelle librerie "L&H:2 Teste senza cervello", libro e Dvd con la summa delle puntate migliori e, udite udite, dialoghi ANCHE IN ORIGINALE . Lo abbiamo presentato da MelBookStore il 30 giugno 09. C'era Italo Moscati, persona di straordinaria cultura e spessore umano. Con quella di Giancarlo le due 'memorie' si intersecavano a meraviglia! Due teste con parecchio cervello...SE TI INTERESSA COMPRARLO, CLICCA SULL'IMMAGINE!

Al Parco di S. Sebastiano

Al Parco di S. Sebastiano
Con Guido De Maria e Giancarlo Governi, i padri di SUPERGULP!

Celebriamo SUPERGULP!

Celebriamo SUPERGULP!
Talk Show con Giancalo e Guido al "Roma Vintage Festival", 16 giugno 2009 dedicato allo storico programma Rai

Celebriamo Gabriella Ferri

Celebriamo Gabriella Ferri
Con Giancarlo

...e Rino Gaetano

...e Rino Gaetano
Con Giancarlo

...ancora Rino

...ancora Rino

Con sua sorella Anna Gaetano e Giancarlo

Con sua sorella Anna Gaetano e Giancarlo
In omaggio a Rino, quella sera ho cantato "I love you Maryanna", primo disco di Rino, prodotto da me e da Antonello Venditti nel 1973. Con Rino feci un tour nel 1979. Alla batteria c'era Massimo Buzzi, alle chitarre Nanni Civitenga e Rino e io al basso. Il 'road manager' era Franco Pontecorvi che oggi vive come me sui Castelli Romani e vende occhiali.

Serata Supergulp

Serata Supergulp
Venerdì 17 luglio '09 al Parco S. Sebastiano (Caracalla) all'interno di Roma Vintage, verrà ripetuta la serata dedicata alla genesi del mitico programma televivivo. Parteciperanno Giancarlo Governi, Guido De Maria e Piero Montanari (me stesso...). Appassionati intervenite!

Un giovane promettente...

Un giovane promettente...
Luca, il giorno che si è vestito bene per il suo saggio di pianoforte. Sarà pur vero che "ogni scarrafone è bello a mamma soia", ma ci saranno pure degli scarrafoni universalmente belli, o no?

Maggio 2008: un piacevole incontro

Maggio 2008: un piacevole  incontro
Dopo più di vent'anni ho rivisto l'amico Giorgio Ariani, grande attore e voce ufficiale Italiana di Oliver Hardy (Ollio). Nel 1985 realizzammo la sigla di "2 Teste senza cervello" e Giorgio, con Enzo Garinei (Stanlio) doppiò una marea di film della coppia per i quali realizzai le musiche.

Una gita al "Giardino dei Tarocchi"

Una gita al "Giardino dei Tarocchi"
A Capalbio (Gr.) c'è un posto magico da visitare, con opere d'arte tra ulivi e macchia mediterranea, opera dell'architetta Niky De St. Phalle che ha realizzato in 20 anni un percorso di magnifiche statue ispirate ai Tarocchi, le magiche carte che predicono il futuro...Dato il suo nome, è meta di "sole" e personaggi cosiddetti " taroccati". Wanna Marchi e sua figlia sono state spesso viste aggirarsi tra le magnifiche statue!

Diana Nemi 2007/2008

Diana Nemi 2007/2008
Da sx alto: Samuele, Emanuele, Federico R., Lorenzo, Matteo, Edoardo, il Mister Eugenio Elisei. Sotto:Simone, Luca, Daniele, Valerio, Riccardo, Federico C.

Luca e Pedro 'Piedone' Manfredini

Luca e Pedro 'Piedone' Manfredini
Col mio "idolo" calcistico di ieri

Luca e Francesco Totti

Luca e Francesco Totti
Col suo "idolo" calcistico di oggi

Luca Montanari

Luca Montanari
Il calciatore. Questa stagione, la prima di campionato con i pulcini della "Diana Nemi", è capocannoniere. Ha messo a segno ben 43 reti e tutte senza rigori, ma ventidue su calci piazzati!

Luca Montanari

Luca Montanari
Nel momento della premiazione

Daniele Serafini

Daniele Serafini
La premiazione

A S D Diana Nemi Pulcini '98. Anno 2006 -'07

A S D Diana Nemi Pulcini '98. Anno 2006 -'07
Da sx della foto: Samuele, Matteo, Riccardo,Federico, Wulnet, Carlo, Luca, Daniele. Seduto con il pallone, una vera pestilenza, Federico Rosselli. Dobbiamo dire grazie alla pazienza infinita del Mister Eugenio Elisei, che più volte ha pensato di mollare la squadra e dedicarsi alle missioni in Angola - E' meno faticoso - mi ha detto, disperato, alla fine di un allenamento.

Allenamenti anno 2007-2008

Allenamenti anno 2007-2008
Il mio secondo figlio unico...

Matteo Montanari

Matteo Montanari
Il mio primo figlio unico...

Ado e Sania Montanari

Ado e Sania Montanari
The Peter's Sisters

La Roma tra la "B" e la "A" 1951-1952

La Roma tra la "B" e la "A" 1951-1952
Memmo Montanari (primo a dx nella foto) con i suoi tifosi in una trasferta della Roma. La foto è stata scattata al ritorno da Verona il 22 giugno 1951. Solo dopo quella partita la Roma ebbe la certezza di tornare in serie A

Memmo Montanari, capo dei tifosi, in azione nel suo poderoso incitamento alla squadra.

Memmo Montanari, capo dei tifosi, in azione nel suo poderoso incitamento alla squadra.
Mio padre, che si diceva fosse danaroso, quando morì era povero. Qualcuno nel nostro quartiere Celio racconta ancora che comprava i giocatori alla Roma...

Mio padre al centro dei vip della Roma

Mio padre al centro dei vip della Roma
Ricordo questa foto da sempre. Quella che avevamo in casa aveva un ritocco fatto a mano da non so chi (forse mio padre stesso). Il "pittore" aveva dipinto a tutti pantaloncini da calcio e gambe nude! In quel periodo glorioso nasce il giornale "Il Giallorosso" che contribuì attivamente alla ricostruzione della Roma. Fu fondato da mio padre, Angelo Meschini (capi storici di allora del tifo romanista) e dai fratelli Mario e Peppino Catena (soci della Roma) con la collaborazione dell'avvocato Alberto Saccà, con cui mio padre, nei miei ricordi da piccolo, aveva rapporti conflittuali.

Il Giallorosso

Il Giallorosso
Testata del giornale dei tifosi della Roma fondato da mio padre nel 1952. Ero piccolino e ricordo quel giorno che mi fece vedere le bozze...ricordo la finestra della mia camera sulla Piazza, al civico 4, ed il Colosseo davanti.

Pop & Jazz History

Pop & Jazz History
Sonorizzazione

1970 Pop Maniacs

1970 Pop Maniacs
Qui ci sono anche le musiche di Spyderman e i Fantastici Quattro che feci nel 1977 per Supergulp!

Il Pianeta Totò

Il Pianeta Totò
Fotogramma della sigla di Mario Sasso per la prima trasmissione di Rai 2 sul grande attore. Gli occhi di Totò si muovevano a tempo con una mia tarantella che si trasformava via via in rock sulle note di Malafemmena.

Laurel & Hardy

Laurel & Hardy
Logo originale della trasmissione

Laurel & Hardy

Laurel & Hardy
Un fotogramma della sigla di "Due teste senza cervello". Ci lavorò a lungo il videoartista Mario Sasso, alla SBP di Roma, con Virginia Arati che dipingeva elettronicamente 'frame by frame', con un computer costosissimo della Quantel che si chiamava appunto Paintbox. Credo che questa sigla sia stata la prima in Tv ad essere realizzata con questa straordinaria tecnica.

Il mio recording studio

Il mio recording studio
La regia

studio

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La sala di ripresa

studio

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la regia

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La regia

Il ritorno di Ribot 1991

Il ritorno di Ribot 1991
Uno sceneggiato interpretato dal grande cantante e attore franco-armeno Charles Aznavour e Delia Boccardo, diretto da Pino Passalacqua per Rai1 e Antenne2 con la colonna sonora composta da me.

Processo di famiglia di Nanni Fabbri, 1992 per Rai1

Processo di famiglia di Nanni Fabbri, 1992 per Rai1
Alessandra Martinez, protagonista del film in due puntate con la mia colonna sonora.

Le Gorille

Le Gorille
Serie TV franco anglo italiana che riprende dei film del 1957-58 con Lino Ventura. Il personaggio è Geo Paquet, agente segreto francese, Di questa serie ho musicato 2 episodi, per la regia di Maurizio Lucidi e Duccio Tessari

Top model

Top model
Film con D'Amato

Top model

Top model
Stesso film uscito in Grecia

Top girl

Top girl
Film sequel di D'Amato. Beh, dopo tutte ste top, non poteva mancare la girl!

High finance woman

High finance woman
Altro film di D'Amato con le mie musiche